Zef ha appreso il mestiere e il tedesco sul lago di Garda, ora a Krajen lungo una trafficata strada ha aperto il suo «autogrill»
È proprio come ognuno si immagina un tedesco: alto, biondo e gli occhi azzurri. Zef Brunga parla anche bene il tedesco. L’ha imparato a Tremosine del Garda, nell’albergo dove ha lavorato per anni, frequentato da teutonica clientela. Quando fu pronta la struttura di legno che ospita il ‘Bar Tratori Zefi’, sul rettilineo di Blinisht su cui le auto corrono veloci, dispose che sul tetto fosse innalzata la bandiera tedesca accanto a quella albanese. «Perché?» gli chiese la giovane moglie Marte. E lui: «Aspetta e vedrai!». Si accomodò a un tavolino e di lì a poco, in una nuvola di polvere, arriva e parcheggia una Bmv targata Dusseldorf. Un willkommen e sorrisi negli occhi dei primi clienti. Dice Zef: «L’Albania comincia a essere meta turistica. Il tedesco lo conoscono pochi. Io sono tra questi…». Insomma, punta su una clientela tedesca? Si destreggia: «Ma no. Ho anche altre bandiere!». Zef ha 23 anni. Gli occhiali gli danno un’aria intellettuale, ma in realtà ha sempre lavorato sodo, da quando ne aveva nove. Aiutava suo padre in campagna. Un anno dopo si dà da fare in un negozio di alimentari a conduzione familiare: «Sono cresciuto – spiega – con l’idea di gestire una impresa personale senza dipendere da un datore di lavoro. Per questo, quando ho potuto, ho aperto questa trattoria». Zef era minorenne quando arrivò in Italia. Clandestino. Maggiorenne è diventato nel nostro Paese, sempre lavorando: «Nei cinque anni che sono stato in Italia avrò fatto forse una sola settimana di vacanza». Imbianchino, venditore di mobili, tuttofare nell’albergo sul Garda: «Ho solo lavorato – dice – e in Italia sono stato non bene, ma benissimo ». Zef è uno di quei giovani che ha aderito al progetto delle Acli. L’inventiva però (bandiera tedesca compresa) è sua. «Tutto quello che sfrigola là sopra – dice indicando la brace cui è intento il padre – è stato allevato nella nostra fattoria: polli e maiali. Punto sulla qualità, sulla quantità e sul prezzo». In Italia non bene ma benissimo, tuttavia Zef è ritornato. «È presto detto – spiega – il cuore lo avevo lasciato qui. L’Italia non mi ha dato ricchezza. Sono ritornato con pochi euro. Però mi ha dato la cultura del lavoro che qui in Albania, tutto sommato, manca ancora». (G.Rug. – avvenire 22 agosto 2010)