Al via le stagioni da camera e sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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Osservatore

«Ci sono momenti nella vita nei quali la solidarietà di chi ci circonda può fare la differenza». Non è l’incipit di un’omelia né di un documento economico: è un progetto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che, preso atto delle incertezze lavorative di molti musicisti, in particolare dei più giovani, ha deciso di  offrire delle opportunità. La formula è già stata  sperimentata da Antonio Pappano al Covent Garden e adesso il direttore musicale dell’Orchestra di Santa Cecilia la porta anche a Roma.  «Non risolve totalmente la situazione, ma almeno aiuta e offre un piccolo orizzonte», ammette lui stesso, ma di questi tempi i piccoli orizzonti sono comunque meglio dei grandi tramonti.

L’importante è ricominciare e l’11 ottobre di riparte con il pianista israeliano Saleem Abboud Ashkar, che torna a Santa Cecilia dopo quasi un decennio con una maratona beethoveniana, sulla scia dei numerosi omaggi che negli ultimi mesi hanno scandito il cartellone di tutte le più importanti istituzioni musicali per il 250° anniversario della nascita del genio renano. Una full immersion che parte alle 12, continua alle 17 e culmina alle 20.30 con il vero e proprio concerto inaugurale della nuova stagione. Ashkar ripercorrerà l’evoluzione dello stile beethoveniano attraverso le Sonate più significative, da quelle scritte negli anni giovanili e dedicate ad Haydn, fino alla celebre  numero 31 opera 110, paradigma dell’estrema libertà formale raggiunta dal compositore nella sua maturità.
Il piatto forte, o almeno il più sostanzioso, arriverà poi con la sinfonica, che prende il via il  16 ottobre con due brani monumentali. In linea con la tradizione che prevede opere vocali in  apertura di stagione, coro e orchestra eseguiranno il Te Deum  di Bruckner e Das Lied von der Erde  di Mahler, ciclo di Lieder sinfonici che esprime con intensità la crisi dell’individuo rispetto al mistero che circonda la sua esistenza. Sarà la prima delle otto produzioni con l’orchestra che coinvolgono direttamente Pappano, pronto a un esercizio di eclettismo, spaziando in un  repertorio ampio che copre cinque secoli di musica in un itinerario capace di abbracciare epoche e stili diversi.
Uno spazio, invero limitato, è riservato alla musica contemporanea, a partire da un omaggio a Luciano Berio, che viene ricordato con due concerti. Nel primo, a  novembre,  Vasily Petrenko dirigerà il tenore inglese Brian Jagde nelle Otto romanze  per tenore e orchestra, arrangiate nel 1990 da lavori  per voce e pianoforte di Giuseppe Verdi. Berio stesso scrisse un commento definendo questi brani «dei veri e propri studi per scene, arie e cabalette di melodrammi verdiani in fieri nei quali si ritrovano echi del Nabucco , de La forza del destino , del Don Carlos ». Ed è lo stesso compositore a descrivere il procedimento adottato per l’orchestrazione: «La condotta da me perseguita non è omogenea, perché questi otto brani – pur nella loro “verdianità” –  sono assai diversi tra loro nel carattere espressivo, nello spessore musicale e nella qualità, spesso sconsolante dei testi». Un secondo appuntamento con brani di Berio è previsto nel mese di febbraio, in un concerto diretto da Jukka-Pekka Saraste.
Spazio anche al compositore uiguro Yikeshan Abudushalamu vincitore con il brano Repression  della prima edizione del «Concorso Internazionale di composizione Luciano Berio», istituto dall’Accademia di Santa Cecilia assieme a una cordata di istituzioni musicali. Toccherà poi a Thomas Adès, con il suo Inferno , tratto dal balletto dedicato a Dante Alighieri per «The Dante Project» (dirige Gianandrea Noseda), e a John Adams, che tornerà  sul podio di Santa Cecilia con il suo terzo concerto per pianoforte e orchestra dal singolare titoloMust the Devil Have All the Good Tunes? 

di Marcello Filotei