Abbattere le barriere (non solo architettoniche) in parrocchia

Mancano due mesi scarsi all’inizio del Giubileo della misericordia. E resta ancora molto da fare perché le comunità ecclesiali siano davvero inclusive, accoglienti, con le braccia aperte. Capaci di offrire pari opportunità di accesso a tutti i credenti, compresi quelli con disabilità. Occorre rimboccarsi le maniche, oltre che le menti e i cuori, e darci dentro anche con mattoni, calce e cazzuola. Sì, perché ancora molte parrocchie e chiese d’Italia non sono provviste di scivoli per le sedie a ruote, o ascensori o pedane, che possano consentire l’ingresso “universale” alla Messa della domenica, per esempio. Anche ai passeggini e alle carrozzine dei neonati, così a chi porta le stampelle o un tutore per un incidente.

Che dire, poi, delle Messe segnate per i sordi? Ancora poche, pochissime. La Lis è parlata da pochi sacerdoti, suore e operatori pastorali in grado di tradurre il “parlato” in “segnato”. Ancora: alzi la mano chi fa il volontario per accompagnare un non vedente alla celebrazione eucaristica o a un incontro parrocchiale.

Ci sono, poi, comunità dove la presenza di migranti è notevole: si sente pronunciare una lettura dall’ambone nella lingua da loro conosciuta (anche inglese, francese o spagnolo, per dire, non per forza tagalog o cantonese o tigrino o albanese), per farli sentire “a casa”? Oppure imparare un canto liturgico delle loro tradizioni locali?

L’elenco potrebbe continuare. Il miracolo di Lourdes, città accessibile a malati in barella, disabili in sedia a ruote, persone con le più diverse disabilità, si può ripetere ovunque: basta volerlo.

vinonuovo.it