A margine di una scoperta sul cervello umano… Il valore della meraviglia

di Augusto Pessina

Uno studio pubblicato sulla rivista statunitense “Cell” del 6 giugno scorso ha riconosciuto il tenace lavoro di un gruppo internazionale di studiosi che – grazie a una geniale metodologia basata sulla misurazione di un isotopo del carbonio liberato nell’atmosfera dagli esperimenti nucleari – avrebbero dimostrato che cellule dell’ippocampo nel cervello umano sono in grado di rinnovarsi. L’osservazione, sebbene già ipotizzata da molti, suscita stupore e meraviglia perché attesterebbe l’esistenza della cosiddetta neuroplasticità (almeno di parti subcorticali del cervello umano).
Se questa ipotesi verrà confermata, aprirà interessanti prospettive alla comprensione di alcune patologie e della relazione tra le funzioni biologiche e l’esperienza vissuta. In questa prospettiva anche un certo determinismo biologico dovrebbe fare i conti con quell’elemento ignoto che rende ancora più misterioso il rapporto tra la vita biologica e l’autocoscienza che trova la sua sintesi in quell’unicum irrepetibile che è la persona umana. E proprio alla riaffermazione dell’inviolabilità della persona umana è dedicata l’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, il cui messaggio è più che mai attuale e decisivo oggi in un contesto in cui il mistero della vita rischia di essere ridotto a meccanismi biologici.
Nel 2005 celebrando il decennale di questa enciclica il teologo Juan José Pérez-Soba Diez del Corral ricordava che “la scomparsa dello stupore davanti al mistero e al valore della vita umana è all’origine della impossibilità odierna di percepirla e capirla come un dono”. Nell’Anno della fede e a quindici anni da un’altra enciclica di Papa Wojtyla, è il caso di ricordare quanto il Pontefice, spingendosi ancora più a fondo, vi scriveva: “Le conoscenze fondamentali scaturiscono dalla meraviglia suscitata nell’uomo dalla contemplazione del creato” e “senza meraviglia l’uomo cadrebbe nella ripetitività e, poco alla volta, diventerebbe incapace di un’esistenza veramente personale” (Fides et ratio, n. 4).
Con questa affermazione il Papa indica chiaramente che la radice di questa meraviglia sta nel mistero stesso dell’essere persona. La realtà infatti non cessa mai di produrre meraviglia perché la capacità di meravigliarsi è caratteristica unica, e in qualche modo rivelatrice, dello stesso essere umano. La meraviglia nasce infatti da un rimando che si sperimenta sia quando la realtà è indagata per avere risposte sia quando essa è semplicemente “osservata”. La stessa radice latina della parola “meraviglia” (mirabilia) ha un chiaro riferimento al fatto che essa è insita nella stessa azione dell'”osservare”.
Nell’esperienza della scoperta scientifica – sia essa di natura fisica, biologica o altro – lo stupore e l’entusiasmo rivelano sempre una corrispondenza e una sintonia tra la realtà indagata e qualcosa di se stessi. Nel 2006 Benedetto XVI ha sottolineato questo aspetto a Ratisbona affermando che esiste una “corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura”. Come quando un diapason che vibra ci fa sentire quella nota e non un’altra.
La tradizione ha chiamato “anima” questa cassa di risonanza. Questo è vero anche nell’esperienza che ognuno vive ogni giorno. Vale quindi per un ricercatore di fronte alla realtà scientificamente indagata, ma vale anche nei rapporti quotidiani dove i desideri e i sentimenti fanno i conti con la realtà.
Una condizione essenziale per fare esperienza di questo stupore e di questa meraviglia – perché non sfumino in un’eterea forma di tipo sentimentale o in un sogno – è il realismo. Solo un realista è infatti capace di forti emozioni di fronte alla scoperta e solo un realista prova grande meraviglia. Senza realismo resta, al contrario, solo un’esperienza di noia e di vuoto, di cose che si ripetono e basta. Perfino un certo grado di fastidio per quello che non si capisce o che non è come vogliamo noi.
I quotidiani, puntuali e concreti interventi di Papa Francesco in questo Anno della fede sono un forte richiamo a ciascuno di noi a questo realismo, a guardare in faccia la realtà. Egli continua, sin dall’inizio del pontificato, a indicare le cose reali di cui dobbiamo occuparci. E nulla è più realistico di ciò verso il quale Francesco sta richiamando tutta la Chiesa. E cioè che la vita è un dono, come quando ha affermato: “Pensiamo questo, è bello: la misericordia di Dio dà vita all’uomo, lo risuscita dalla morte”.

(©L’Osservatore Romano 15 giugno 2013)