A causa della sospensione dell’assistenza sanitaria dovuta alla pandemia centinaia di migliaia di bambini morti per la mancanza di cure.

La vaccinazione di un bambino a Medan, in Indonesia (Epa)

La pandemia di coronavirus continua la sua corsa a livello globale. Il bilancio dei decessi ha superato quota 573.000, secondo quanto emerge dal conteggio della Johns Hopkins University. Allo stesso tempo, il numero dei casi ha oltrepassato, ieri, la soglia dei 13 milioni. Ma alle vittime dirette del virus vanno purtroppo aggiunti i 400.000 bambini sotto i 5 anni, 168.000 neonati e le 24.400 madri morti per l’interruzione o la riduzione dei servizi di assistenza sanitaria causate della pandemia. Lo rivelano i dati raccolti dal gruppo di esperti del General’s Independent Accountability Panel (Iap) for Every Woman, Every Child, Every Adolescent scelti dalle Nazioni Unite.

«I sistemi sanitari delle nazioni sia ricche che povere sono in difficoltà e i servizi per madri, neonati, bambini e adolescenti si stanno sgretolando», rileva Elizabeth Mason, co-presidente del gruppo di esperti. A preoccupare è specialmente il calo nell’accesso ai vaccini salva-vita per i bambini e i servizi di salute materna, causati dalle misure restrittive. «Le campagne vaccinali sono state fermate e gli operatori sanitari sono stati spostati dalle unità di maternità a quelle per il covid-19», aggiunge. A tutto questo si somma il rischio della povertà che per numerose persone diventa di giorno in giorno più concreto. Tra i 42 e 66 milioni di bambini rischiano di diventare estremamente poveri e circa 370 milioni di loro non ricevono, attualmente, i pasti scolastici. La pandemia sta, difatti, intensificando le vulnerabilità e le inadeguatezze dei sistemi alimentari mondiali, intesi come tutte le attività e i processi che influenzano la produzione, la distribuzione e il consumo di generi alimentari.

E proprio sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, l’Onu ha pubblicato, ieri, un nuovo rapporto. Quasi 690 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2019, vale a dire 10 milioni in più rispetto al 2018 e poco meno di 60 milioni in più nell’arco di cinque anni. Il rapporto è il frutto della collaborazione tra Fao, Ifad, Unicef, Pam e Oms. In particolare, l’allarme lanciato è che, entro la fine del 2020, in tutto il pianeta la recessione economica innescata dal covid-19 possa gettare altri 130 milioni di persone e più nella morsa della fame cronica.

Una cifra destinata a crescere ulteriormente in seguito alle recrudescenze di fame acuta registrate nel contesto della pandemia.

Negli ultimi cinque anni decine di milioni di individui in tutto il mondo sono passati nelle fila dei sottoalimentati cronici e diversi Paesi sono alle prese con molteplici forme di malnutrizione. Per i costi elevati e la scarsa accessibilità, miliardi di persone non hanno una dieta sana o nutriente. L’Asia rimane la regione con il più elevato numero di sottoalimentati (381 milioni). Al secondo posto si trova l’Africa (250 milioni), seguita da America Latina e Caraibi (48 milioni).

In particolare, dal rapporto si evince che nel 2019 un numero compreso tra un quarto e un terzo di bambini di età inferiore ai cinque anni (191 milioni) era sottosviluppato o denutrito, ossia presentava ritardi nella crescita o eccessiva magrezza, mentre altri 38 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni erano in sovrappeso.

I capi delle cinque agenzie avvertono che «a distanza di cinque anni dall’impegno assunto dalla comunità internazionale per porre fine alla fame, all’insicurezza alimentare e a tutte le forme di malnutrizione siamo ancora lontani dal raggiungere questo obiettivo entro il 2030».