50 anni dall’assassinio di Martin Luther King. La battaglia pacifica di un battista che fece breccia anche in Vaticano

(a cura redazione “Il sismografo”)

(Francesco Gagliano – ©copyright) Il 4 aprile 1968 Martin Luther King veniva ucciso sul balcone del Lorraine Motel, a Memphis, Tennessee. King, pastore battista, è passato alla storia per aver guidato il movimento dei diritti civili della comunità afroamericana dalla metà degli anni ’50 fino alla sua morte. Il suo carisma e l’impostazione non violenta delle campagne e manifestazioni (come la marcia su Washington o quella, chiamata poi del “Bloody Sunday”, da Selma a Montgomery, in Alabama) sensibilizzarono enormemente l’opinione pubblica sulla questione dei diritti dei neri. Quattro anni prima della sua morte il reverendo King ebbe modo di incontrare Papa Paolo VI in un’udienza privata a Roma, a conclusione di un viaggio che il pastore battista aveva compiuto in Terra Santa ed Europa, era il 18 settembre 1964. Di questo evento rimangono qualche immagine e poche parole che descrivono quel memorabile incontro.
Lo stesso reverendo King volle spiegare, tra le pagine di alcuni giornali dell’epoca, il messaggio che Papa Paolo VI gli rivolse in quell’occasione. Si trattò di un evento storico, il vescovo di Roma riceveva in Vaticano il leader di un movimento che stava dividendo l’opinione pubblica statunitense mostrando, al paese e al mondo intero, le sue più profonde lacerazioni e contraddizioni.
Dell’udienza privata durata circa venticinque minuti – in presenza dell’Arcivescovo Paul C. Marcinkus, che rivestì il ruolo di interprete durante il colloquio – rimane la testimonianza del reverendo King. Egli spiegò che Papa Paolo VI promise di attuare una denuncia pubblica della segregazione razziale. Pochi giorni dopo l’udienza del Santo Padre, Martin Luther King riportò alla stampa le seguenti parole: «Pope Paul was very open and forthright in his statements on the situation. He said he was a friend of the Negro people and that he was following our struggle in the United States». Il Santo Padre aveva rassicurato il reverendo King spiegandogli che il mondo cattolico avrebbe appoggiato la lotta non-violenta contro il razzismo. Poco meno di tre mesi dopo King ricevette il premio Nobel per la Pace dando così in maniera definitiva una dimensione universale alla lotta contro la segregazione razziale.
L’interesse e la vicinanza di Paolo VI per la causa combattuta pacificamente dal pastore protestante afroamericano non si esaurì in quell’incontro in Vaticano: il 7 aprile 1968, Domenica delle Palme e tre giorni dopo l’assassinio di Martin Luther King, il Santo Padre lo ricordò all’Angelus con le seguenti parole: «Noi abbiamo ricevuto in Udienza, anni fa, questo predicatore cristiano della promozione umana e civile della sua gente negra in terra americana. Sapevamo dell’ardore della sua propaganda; ed anche Noi osammo allora raccomandargli che essa fosse senza violenza ed intesa a stabilire fratellanza e cooperazione fra le due stirpi, la bianca e la negra. Ed egli Ci assicurò che appunto il suo metodo di propaganda non faceva uso di mezzi violenti, e che il suo intento era quello di favorire relazioni pacifiche ed amichevoli tra i figli delle due razze.
Tanto più forte è perciò il Nostro rammarico per la sua tragica morte, e tanto più viva è la Nostra deplorazione per questo delitto. Siamo sicuri che voi, con tutta la comunità cattolica di Roma e del mondo, condividete questi sentimenti. Come pure certamente saranno da tutti condivisi i voti che questo sangue spiritualmente prezioso Ci ispira: possa l’esecrando delitto assumere valore di sacrificio; non odio, non vendetta, non nuovo abisso fra cittadini d’una stessa grande e nobile terra si faccia più profondo, ma un nuovo comune proposito di perdono, di pace, di riconciliazione nell’eguaglianza di liberi e giusti diritti s’imponga alle ingiuste discriminazioni e alle lotte presenti.
Il Nostro dolore si fa più grande e pauroso per le reazioni violente e disordinate, che il triste fatto ha provocate; ma la Nostra speranza cresce altresì vedendo che da ogni parte responsabile e dal cuore del popolo sano cresce il desiderio e l’impegno di trarre dall’iniqua morte di Martin Luther King un effettivo superamento delle lotte razziali e di stabilire leggi e metodi di convivenza più conformi alla civiltà moderna e alla fratellanza cristiana. Piangendo, sperando. Noi pregheremo affinché così sia».
Un doppio anniversario e le parole di un altro Pontefice che ha ricordato King
Il cinquantesimo dell’assassinio di Martin Luther King coincide con un altro anniversario importante e che, in qualche modo, si può considerare collegato in quanto fu il primo atto volto a restituire alla popolazione nera americana la dignità negata: l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti decretata dalpresidente Abraham Lincoln 155 anni fa con il suo Proclama di emancipazione. Proprio questi due personaggi divisi da un secolo di Storia, Martin Luther King e Abraham Lincoln, sono due dei quattro grandi americani citati da Papa Francesco nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti d’America, il 24 settembre 2015. In quell’occasione il Papa infatti disse: «la mia visita capita in un momento in cui uomini e donne di buona volontà stanno celebrando gli anniversari di alcuni grandi Americani. Nonostante la complessità della storia e la realtà della debolezza umana, questi uomini e donne, con tutte le loro differenze e i loro limiti, sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio personale – alcuni a costo della propria vita – di costruire un futuro migliore. Hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano. (…) Vorrei menzionare quattro di questi Americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton».
Del reverendo King Papa Francesco ricordò particolarmente la sua dedizione a inseguire un sogno di una società inclusiva, che non lasciasse ai margini nessuno: «penso anche alla marcia che Martin Luther King ha guidato da Selma a Montgomery cinquant’anni fa come parte della campagna per conseguire il suo “sogno” di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani. Quel sogno continua ad ispirarci. Mi rallegro che l’America continui ad essere, per molti, una terra di “sogni”. Sogni che conducono all’azione, alla partecipazione, all’impegno. Sogni che risvegliano ciò che di più profondo e di più vero si trova nella vita delle persone».
Oggi, come nel 2015 e prima ancora, molti delle discriminazioni civili affrontate da Martin Luther King, e da tutti coloro che si sono uniti alla sua battaglia, sono ancora aperte o si stanno presentando sotto nuove forme, spesso altrettanto pericolose. Per contrastarle con nuove energie e sdradicarle dalle nostre società ci vengono in aiuto le parole di Francesco: «costruire una nazione ci chiede di riconoscere che dobbiamo costantemente relazionarci agli altri, rifiutando una mentalità di ostilità per poterne adottare una di reciproca sussidiarietà, in uno sforzo costante di fare del nostro meglio. Ho fiducia che possiamo farlo».