Ho letto la domanda “Basta la Parola di Dio?” e immediatamente è sorta in me quest’altra domanda: “Noi bastiamo alla Parola?”.

di Carmela Pizzonia | 16 febbraio 2020 – vinonuovo.it
Ho letto la domanda “Basta la Parola?” e immediatamente è sorta in me quest’altra domanda: “Noi bastiamo alla Parola?”.

La domanda l’ho praticamente ribaltata rivolgendola espressamente alla mia responsabilità. Ciò senza per nulla trascurare il fatto che la Parola è rivolta alla singola persona perché possa viverla più personalmente nella dimensione comunitaria, di popolo, di Chiesa e in ogni relazione con la realtà e le persone. Mi pare che la Parola in sè non solo basti ma che addirittura ci preceda, ci fondi, ci costituisca, ci trascenda.

Non che in questa riformulazione l’infinitezza della Parola si ridimensioni ma – come dice sant’Efrem – ne ricavo l’impressione che essa tra i suoi molti aspetti diversi ci presenterà di volta in volta un aspetto del suo mistero che più facilmente si possa contemplare e tradurre in vita. Della Parola noi siamo tutti ‘impastati’, come chi “in lui vive, si muove ed esiste” (At 17,28). Ma quasi senza saperlo o senza accorgercene. In questo senso sicuramente consolante  ma pure lancinante è l’espressione del Papa (n.12 di Aperuit Illis): “La Sacra Scrittura… provoca dolcezza e amarezza”.

Ancora nell’eco dei giorni in cui abbiamo celebrato con fede e affetti l’ineffabile realtà del “Verbo fattosi carne, venuto ad abitare tra noi” (Gv 1,14), una prima attenzione cui vorrei attenermi è l’acquisizione di maggiore consapevolezza, raccoglimento, studio e silenzio su ciò cui dovremmo costantemente e intensamente essere rivolti: la Parola. Mi risuona felice al riguardo la battuta di una giovane universitaria cui ho lanciato la domanda “Basta la Parola?”. Prontamente ha enucleato “La Parola di Dio: centro o periferia della nostra vita?”. E in un fluire di convinzioni sorprendenti l’ha connessa in particolare all’Eucaristia, alla Chiesa, alle relazioni, alle guide testimoniali e spirituali.

Su questa scia, mi piace soffermarmi su Parola ed Eucaristia per un’altra attenzione. Quanto di questo insieme di Grazia tra Parola e gesto di amore di Dio, e pure della Chiesa madre e pedagoga, mi tiene afferrata? In quanti e quali momenti lungo la giornata e per quali e quante situazioni rivedo e risento Gesù che donando il suo corpo e il suo sangue mi dice “Sii memoria di me”? E quanto concretamente ai suoi sentimenti e stile mi assimilo?

Perchè è qui che penso si radichi la massima profezia. Come anche dentro la circolarità ascolto-fede-Parola (n. 7 Aperuit Illi) come  praticata dai santi: loro non si limitano ad ascoltare, ma mettono in pratica quanto ascoltato: a san Giovanni Bosco è stato detto “a suo tempo tutto comprenderai” ed egli ha percorso tutta la sua attività per i giovani fidandosi della Parola e da essa lasciandosi guidare passo-passo. Come fece Maria: lei ha cercato di capire la Parola, ma pure si è arresa e affidata: “Si compia in me secondo la tua parola”. Se solo pregassimo l’Angelus pensando alla Parola fattasi carne grazie a questa modalità di accettazione di Maria, quella di vedere e comprendere man mano, anche da noi si sprigionerebbe profezia potente.

E se la Parola insieme a dolcezza ci darà ancora anche amarezza, a causa di nostre inevitabili incoerenze, ora saremo però in salita. Perché avremo permesso al Signore di entrare e di agire liberamente nella nostra vita. In questo senso, sublime l’icona dei discepoli di Emmaus scelta per la domenica della Parola di Dio. In Gesù, esegeta e pane, quanto è evidente che la Parola entra nella nostra storia, nelle nostre ansie e attese, rilanciandole alla speranza e alla ‘fretta’ gioiosa di annunciare Lui risorto e presente.

Da qui a mio parere ancora un’altra attenzione per la Parola: imparare da Gesù a farsi nella semplicità e pur nella drammaticità della storia, esegeti e pane, come lui. Come mirabilmente evidente in Arcabas (immagine qui in alto): presentando Gesù allo spezzare del pane, l’artista fa apparire quel pane un libro aperto. Lo stesso varrà per me: se man mano farò dono di me, farò esegesi di quella Parola che in quella circostanza servirà.

Infine non trascurerei l’attenzione ad attualizzare la Parola. In un dipinto a tre scene della brasiliana Elda Broilo, i discepoli sono una famiglia (già nel logo della domenica della Parola sono un uomo e una donna), con il bambino ancora in braccio. Evidentemente la Parola è per tutti, chiunque la può far conoscere, ed il bambino, particolare di grande significatività, col suo tenere il capo e lo sguardo costantemente rivolto verso il luogo della luce e della vita, quello della Risurrezione di Gesù,  è il simbolo di quel fu