Giornata mondiale missionaria: così l’Amazzonia incontra il Vangelo

la Messa del Papa nella Basilica di San Pietro. «Ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento»

Un missionario del Cmv in Amazzonia

Un missionario del Cmv in Amazzonia

da Avvenire

La Giornata mondiale missionaria che ha per titolo il tema dell’Ottobre missionario straordinario voluto da papa Francesco: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. Per l’occasione il Pontefice celebrerà la Messa nella Basilica di San Pietro questa mattina alle 10. Nel Messaggio per la Giornata, Francesco ricorda il centenario della Lettera apostolica di Benedetto XV Maximun illud dedicata alle missioni. E sottolinea che «ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita». Poi pone l’accento sulla «provvidenziale coincidenza» di celebrare il Mese missionario straordinario in concomitanza con il Sinodo sull’Amazzonia. E sprona: «Nessuno rimanga chiuso nel proprio io». In un dossier dell’agenzia Fides reso noto ieri si fa sapere che i missionari laici nel mondo sono 355mila e, nell’arco di un anno, sono aumentati di oltre mille unità. E stanno crescendo perfino nella vecchia Europa.

Non era mai accaduto: donne e uomini di vari popoli indigeni hanno condiviso con i padri sinodali l’Aula del Sinodo. Anche a uno sguardo distratto, appare evidente la specificità dell’Assemblea in corso: il suo cuore profondamente missionario. Il Sinodo sull’Amazzonia vuole mostrare l’adesione totale a Cristo accettando la centralità dei poveri e degli ultimi così come la presenta il Vangelo.

Riconoscerli come veri costruttori del Regno e ascoltare il loro grido insieme al pianto della terra è il centro della tanto auspicata “conversione missionaria”. Tutto il popolo di Dio, con questo evento, è dunque invitato a riflettere sulla sua missione alla luce del magistero dell’Evangelii gaudiume della Laudato si’, affinché una conversione missionaria e pastorale sia realizzata dalla Chiesa nel mondo intero e affinché ovunque venga favorita un’evangelizzazione incarnata nella cultura dei popoli. Quanto di positivo c’è in queste ultime arricchisce la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto, dato che una cultura sola non è capace di mostrare tutta la ricchezza di Cristo e del suo messaggio. Al contrario, «la Chiesa, assumendo i valori delle differenti culture, diventa sponsa ornata monilibus suis, “la sposa che si adorna con i suoi gioielli” (Is 61,10)» perché il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale dominante. Rimanendo ciò che è, nella fedeltà totale all’annuncio evangelico e alla tradizione della Chiesa, esso, al contrario, deve prendere i “volti” dei popoli che l’accolgono e fra i quali metterà radici. «La diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa (…) Non farebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare a un cristianesimo monoculturale e monocorde» (Eg, 117).

Un pensiero sintetizzato proprio da papa Francesco nella prima Congregazione generale del Sinodo con l’invito ad avvicinarsi ai popoli amazzonici «in punta di piedi», «rispettando la storia, le culture, il loro stile di buon vivere, nel senso etimologico della parola non in quello sociale che spesso gli diamo». E ribadito dal Pontefice durante l’incontro “fuori programma” con una quarantina di rappresentanti indigeni giovedì: «I popoli ricevono l’annuncio di Gesù in base alla propria cultura». Questo Sinodo potrà, così, aiutare la Chiesa intera a calarsi in ogni realtà con uno spirito scevro da ogni ansia colonialista. Non solo nel contesto dell’Amazzonia. Nel rispetto – inteso nel senso etimologico di rendersi conto dell’altro –, nel valorizzazione della diversità e peculiarità di ciascun popolo, essa è chiamata ad assumersi la responsabilità, in una prospettiva di ecologia integrale, di prendersi cura dei poveri e della casa comune, perché tutto è insieme e interdipendente. Solo in questo modo, la Chiesa compie la sua missione universale.

In queste settimane di ascolto e riflessione, nel Sinodo, si è parlato di evitare lo spirito colonialista e ogni forma di proselitismo, di promuovere l’inculturazione, di garantire una formazione adeguata dei missionari e adeguati ministeri perché, negli immensi territori amazzonici dove ci sono pochi sacerdoti, è necessario sviluppare altre forme di ministerialità, secondo le necessità del momento. Favorendo la crescita di qualcosa già presente nella Chiesa di questi territori. E promuovendo nuovi percorsi. Come la collaborazione tra diverse congregazioni e le équipe itineranti. Il Sinodo vuole diventare, così, un faro e aprire nuovi cammini per tutta la Chiesa della regione, sia nelle città, sia nella foresta, sia per la popolazione urbana e dei migranti, sia per i popoli indigeni. Come realizzare in Amazzonia questa inculturazione non spetta a chi non vive in Amazzonia. La Chiesa della regione è chiamata a trovarla nel cammino, con e fra i popoli amazzonici. Come ha detto papa Francesco all’apertura, il 7 ottobre, «non siamo venuti qui a inventare programmi di sviluppo sociale o per la salvaguardia delle culture, tipo museo, o di azioni pastorali portate avanti con lo stesso stile non contemplativo con cui si realizzano azioni di segno contrario: deforestazione, omologogazione, sfruttamento» poiché anche chi li fa non rispetta «la poesia – mi permetto la parola – la realtà dei popoli che è sovrana». Siamo, invece – ha concluso – «venuti a contemplare, a comprendere, a servire i popoli e lo facciamo percorrendo un cammino sinodale».

Il Papa: “Superiamo il pessimismo pastorale, apriamoci alla novità gioiosa del Vangelo”

papa francesco angelus

Città del Vaticano – “Superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”. E’ l’invito che Papa Francesco rivolge ai tanti fedeli che affollano piazza San Pietro in occasione del tradizionale Angelus domenicale.

Una preghiera che il Pontefice pronuncia al termine della Messa celebrata poco prima nella basilica vaticana in occasione della Giornata Missionaria Mondiale; un’occasione propizia, fa notare Bergoglio, “affinché ogni battezzato prenda più viva coscienza della necessità di cooperare all’annuncio del Regno di Dio mediante un impegno rinnovato”.

Il Santo Padre ricorda la Maximum illud, la lettera apostolica di Benedetto XV, pubblicata cento anni fa. Un messaggio che il Pontefice dell’epoca rivolse ai religiosi  “per dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di tutta la Chiesa”.

Egli avvertì la necessità di riqualificare evangelicamente la missione nel mondo, perché fosse purificata da qualsiasi incrostazione coloniale e libera dai condizionamenti delle politiche espansionistiche delle Nazioni europee.

Ad oggi, fa notare Papa Francesco, “il messaggio di Benedetto XV è ancora attuale e stimola a superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”.

Nella nostra epoca, infatti, segnata “da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta, i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità”.

Ma per vivere in pienezza la missione c’è una condizione indispensabile: “la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante”.

Per Bergoglio, infatti, “la preghiera è la prima forza dell’annuncio! I missionari sono anzitutto uomini e donne di preghiera, che alimentano la fede nel legame costante con il Signore, per affrontare le difficoltà che l’evangelizzazione comporta”.

Ma, allo stesso tempo, “la preghiera è il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non l’hanno ricevuta”. E conclude: “Maria, Madre di tutte le genti, accompagni e protegga ogni giorno i missionari del Vangelo”.

Infine, l’immancabile salute: “A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci”.

(Il Faro online)

Patto delle Catacombe per la Casa Comune. Per una Chiesa dal volto amazzonico, povera e serva, profetica e samaritana (traduzione italiana)

(a cura Redazione “Il sismografo”)

(Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli)

Noi, partecipanti al Sinodo panamazzonico, condividiamo la gioia di vivere tra numerosi popoli indigeni, quilombos, costieri, migranti, comunità alla periferia delle città di questo immenso territorio del Pianeta. Con loro abbiamo sperimentato la forza del Vangelo che agisce nei piccoli. L’incontro con queste persone ci sfida e ci invita a una vita più semplice di condivisione e di gratuità. Influenzati dall’ascolto delle loro grida e lacrime, accogliamo di cuore le parole di papa Francesco: “Molti fratelli e sorelle in Amazzonia portano pesanti croci e attendono il conforto liberatore del Vangelo, la carezza amorevole della Chiesa. Per loro, con loro camminiamo insieme”.Ricordiamo con gratitudine i vescovi che alla fine del Concilio Vaticano II nelle Catacombe di Santa Domitilla firmarono Il Patto per una Chiesa serva e povera. Ricordiamo con riverenza tutti i martiri membri delle comunità ecclesiali di base, delle comunità pastorali e dei movimenti popolari; leader indigeni, missionarie e missionari, laici, preti e vescovi, che hanno versato il loro sangue a causa di quest’opzione per i poveri, per difendere la vita e lottare per la salvaguardia della nostra Casa Comune. Al ringraziamento per il loro eroismo uniamo la nostra decisione di continuare la loro lotta con fermezza e coraggio. È un sentimento di urgenza che si impone di fronte alle aggressioni che oggi devastano il territorio amazzonico, minacciato dalla violenza di un sistema economico predatore e consumistico. Di fronte alla Santissima Trinità, le nostre Chiese particolari, le Chiese dell’America Latina e dei Caraibi e di quelle che sono solidali in Africa, Asia, Oceania, Europa e nel nord del continente americano, ai piedi degli apostoli Pietro e Paolo e della moltitudine di martiri di Roma, dell’America Latina e in particolare della nostra Amazzonia, in profonda comunione con il successore di Pietro invochiamo lo Spirito Santo e ci impegniamo personalmente e comunitariamente a quanto segue:1. Assumere, di fronte all’estrema minaccia del riscaldamento globale e dell’esaurimento delle risorse naturali, un impegno a difendere la giungla amazzonica nei nostri territori e con i nostri atteggiamenti. Da essa provengono il dono dell’acqua per gran parte del territorio sudamericano, il contributo al ciclo del carbonio e la regolazione del clima globale, una biodiversità incalcolabile e una ricca socio-diversità per l’umanità e l’intera Terra.2. Riconoscere che non siamo padroni della madre terra, ma suoi figli e figlie, formati dalla polvere della terra (Gen 2, 7-8), ospiti e pellegrini (1 Pt 1, 17b e 1 Pt 2, 11), chiamati ad essere suoi gelosi custodi (Gen 1,26). Pertanto ci impegniamo per un’ecologia integrale, in cui tutto è interconnesso, il genere umano e tutta la creazione perché tutti gli esseri sono figlie e figli della terra e su di loro aleggia lo Spirito di Dio (Gen 1,2).3. Accogliere e rinnovare ogni giorno l’alleanza di Dio con tutto il creato: “Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra”. (Gen 9, 9-10; Gen 9, 12-17).4. Rinnovare nelle nostre chiese l’opzione preferenziale per i poveri, in particolare per i popoli originari, e insieme a loro garantire il diritto ad essere protagonisti nella società e nella Chiesa. Aiutarli a preservare le loro terre, culture, lingue, storie, identità e spiritualità. Crescere nella consapevolezza che devono essere rispettati a livello locale e globale e, di conseguenza, con tutti i mezzi alla nostra portata promuovere la loro accoglienza su un piano di parità nel concerto mondiale di altri popoli e culture.5. Abbandonare, di conseguenza, nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni tipo di mentalità e posizione colonialista, accogliendo e valorizzando la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali.6. Denunciare tutte le forme di violenza e di aggressione contro l’autonomia e i diritti delle popolazioni indigene, la loro identità, i loro territori e i loro modi di vita.7. Annunciare la novità liberante del Vangelo di Gesù Cristo, nell’accogliere l’altro e il diverso, come accadde a Pietro nella casa di Cornelio: “Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo”. (At 10,28).8. Camminare ecumenicamente con altre comunità cristiane nell’annuncio inculturato e liberante del Vangelo, e con altre religioni e persone di buona volontà, in solidarietà con i popoli originari, i poveri e i piccoli, in difesa dei loro diritti e nella preservazione della Casa Comune.9. Stabilire nelle nostre chiese particolari uno stile di vita sinodale, in cui i rappresentanti dei popoli originari, i missionari, i laici, a causa del loro battesimo e in comunione con i loro pastori, abbiano voce e voto nelle assemblee diocesane, nei consigli pastorali e parrocchiali, in breve, in tutto ciò che compete loro nel governo delle comunità.10. Impegnarsi nell’urgente riconoscimento dei ministeri ecclesiali già esistenti nelle comunità, portati avanti da agenti pastorali, catechisti indigeni, ministre e ministri della Parola, valorizzando soprattutto la loro attenzione per i più vulnerabili ed esclusi.11. Rendere effettivo nelle comunità che ci hanno affidato il passaggio da una pastorale di visita a una pastorale di presenza, assicurando che il diritto alla mensa della Parola e alla mensa dell’Eucaristia diventi effettivo in tutte le comunità.12. Riconoscere i servizi e la reale diaconia della grande quantità di donne che oggi gestiscono comunità in Amazzonia e cercano di consolidarle con un adeguato ministero di donne leader di comunità.13. Cercare nuovi percorsi di azione pastorale nelle città in cui agiamo, con il protagonismo di laici e giovani, con attenzione alle loro periferie e ai migranti, ai lavoratori e disoccupati, agli studenti, agli educatori, ai ricercatori e al mondo della cultura e della comunicazione.14. Assumere contro la valanga del consumismo uno stile di vita gioiosamente sobrio, semplice e solidale con coloro che hanno poco o niente; ridurre la produzione di rifiuti e l’uso di materie plastiche, favorire la produzione e la commercializzazione di prodotti agro-ecologici e utilizzare i trasporti pubblici, se possibile.15. Porsi accanto a coloro che sono perseguitati per il servizio profetico di denuncia e di riparazione di ingiustizie, di difesa della terra e dei diritti dei piccoli, di accoglienza e sostegno dei migranti e dei rifugiati. Coltivare vere amicizie con i poveri, visitare i più semplici e i malati, esercitando il ministero dell’ascolto, della consolazione, del sostegno e dell’appoggio, cose che portano incoraggiamento e rinnovano la speranza.Consapevoli delle nostre debolezze, della nostra povertà e piccolezza di fronte a sfide così grandi e serie, ci affidiamo alla preghiera della Chiesa. Possano le nostre comunità ecclesiali, soprattutto, aiutarci con la loro intercessione, con il loro affetto nel Signore e, quando necessario, con la carità della correzione fraterna.Accogliamo con favore l’invito del cardinale Hummes a essere guidati dallo Spirito Santo in questi giorni del Sinodo e al nostro ritorno alle nostre chiese: “Lasciatevi avvolgere dal manto della Madre di Dio e della Regina dell’Amazzonia. Non lasciamo che ci vinca l’autoreferenzialità, ma la misericordia davanti al grido dei poveri e della terra. Saranno necessarie molta preghiera, meditazione e discernimento, nonché una pratica concreta di comunione ecclesiale e spirito sinodale. Questo sinodo è come una mensa che Dio ha preparato per i suoi poveri e ci chiede di essere quelli che servono alla mensa”.Celebriamo quest’Eucaristia del Patto come “un atto di amore cosmico”. “Sì, cosmico! Perché anche quando si svolge sul piccolo altare di una chiesa di un villaggio, l’Eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso, sull’altare del mondo.” L’Eucaristia unisce cielo e terra, abbraccia e penetra tutta la creazione. Il mondo uscito dalle mani di Dio ritorna a Lui in felice e piena adorazione: nel Pane Eucaristico “la creazione tende alla divinizzazione, alle sante nozze, all’unificazione con il Creatore stesso”. Per questa ragione, l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per il medio ambiente e ci porta a essere custodi di tutta la creazione”.Roma, 20 ottobre 2019Catacombe di Santa Domitilla________________________________________Testo pubblicato il 20.10.2019 nel sito Religión Digital(www.religiondigital.com)Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI