Overtourism, italiani lo soffrono ma solo 42% vuole limiti

(di Cinzia Conti) (ANSA) – ROMA, 22 SET – Secondo i calcoli dell’Unwto i turisti internazionali potrebbero toccare gli 1,8 miliardi di persone nel mondo nel 2030. E moltissimi di loro, come è giusto e anche comprensibile visti i tesori del patrimonio italiano, avranno il sogno di visitare il Colosseo, Venezia, Pompei, gli Uffizi o una delle meravigliose spiagge sarde o siciliane. Ma per luoghi così unici e speciali la malattia dell’overtourism – ovvero i danni provocati dal turismo di massa che si concentra in determinati luoghi e ne ignora altri, in Italia aggravato anche dalla piaga dell’abusivismo – è sempre in agguato. E i sintomi dell’overtourism – traffico congestionato, file per accessi ai servizi, innalzamento del costo degli affitti, spiagge invivibili, sentieri sporchi, scarsità di risorse idriche, confusione, rumore – sono davvero insopportabili sia per i turisti che per i residenti. Varie le cure messe in atto – dalla tassa di soggiorno riscossa in più di mille Comuni per un tesoretto di oltre 600 milioni a quella di sbarco che dall’anno prossimo sarà applicata anche in un luogo simbolo come la Laguna, dai ticket d’ingresso agli ingressi limitati – ma la soluzione è ancora lontana. 

Ma per gli italiani quanto è importante trovare una località senza traffico, confusione, rumore? E poi sono d’accordo oppure no sulla possibile scelta delle località di adottare misure di limitazione dei turisti per evitare sovraffollamento? “Quasi 8 italiani su 10 – sostiene Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile di una serie di ricerche sia sul valore della tassa di soggiorno sia sull’overtourism – ritengono essenziale trovare una località vivibile, e sono in particolare le donne di età superiore ai 50 anni a dare valore a questa condizione, che per fruire di tale opportunità sono disponibili a spendere in media 85,20 euro al giorno per il solo soggiorno. Invece, per quanto riguarda l’introduzione di misure di limitazione dei flussi nelle località turistiche, emerge che gli italiani sono decisamente divisi su due contrapposte visioni: vi è, infatti, un 36% di nostri connazionali che non è per nulla d’accordo sull’introduzione di tali misure, mentre il 42,6% è decisamente favorevole. Italiani che – continua Massimo Feruzzi 

– se trovano una località sovraffollata provano in prevalenza un
sentimento di ‘fastidio e disturbo’ (28,9%) ma anche un ‘sentimento negativo verso la località” (27,8%), ed il 43,9% di loro sono portati a ‘ridurre visite, tempo si sosta e spesa’”. 

Per gli italiani è quindi decisamente importante trovare una località “vivibile”, senza traffico né troppa confusione e rumore. Emerge che la maggiore quota dei nostri connazionali, praticamente 3 su 10 (29,2%) assegna il valore massimo a questa condizione. Se si sommano gli italiani che considerano essenziale trovare località senza traffico, rumore, confusione, file, etc. – che quindi assegnano un valore variabile a tale condizione tra l’8 ed il 10 – si raggiunge quota 76,5%. In sostanza, per quasi 8 su 10 è importante trovare una località vivibile.

Stop a nitrati e nitriti, a Cheese spopolano salumi naturali

(ANSA) – BRA (CUNEO), 22 SET – Fare salumi senza nitrati e nitriti o altri accorgimenti chimici si può, e anche in questo comparto la richiesta di prodotti naturali sta crescendo. A Cheese, la 4 giorni della rassegna Slow Food dedicata (soprattutto) ai prodotti lattiero-caseari, i salumi ‘al naturale’ spopolano, minacciano di rubare la scena ai formaggi. La quindicina di produttori presenti, quasi tutti italiani, ma ci sono anche un basco e un polacco, sono stati accuratamente selezionati. Tutti hanno messo al bando nitrati e nitriti, o hanno scartato a priori l’idea di utilizzarli, privilegiando la “biodiversità microbica” della natura. 

I salumi fatti con le carni del Suino nero dei Nebrodi, Presidio Slow Food, sono rappresentati a Cheese dall’azienda La Paisanella di Mirto (Messina), che alleva 700 capi allo stato brado in un centinaio di ettari di boschi; c’è il caso di un presidio che si era autosospeso per sposare la linea senza nitrati e nitriti: il Capocollo di Martina Franca, 7 produttori coordinati dal presidente Angelo Costantini, a cavallo tra le province di Bari, Brindisi e Taranto, con una produzione di 2.000-2.500 quintali ogni anno, in attesa di una dop che tuteli contro le tante imitazioni. 

Da Amatrice arriva la storia dell’azienda agricola di Fabio Fantusi: prima del terremoto gestiva un maneggio, ora cura un allevamento di suini e ha creato la ‘Mortadellina di Santa Giusta’, dal nome della frazione, una delle curiosità – nulla a che vedere con la mortadella tradizionale”, più apprezzate dal pubblico di Cheese Il ‘Brigante Lucano’ a Vaglio Basilicata (Potenza) ha portato a Cheese i salumi, “arricchiti solo di sale e finocchietto selvatico”, che stagionano per 16-18 mesi in cantine in pietra costruite nel 1640. 

Dai Paesi baschi, in Spagna, a Cheese anche i salumi fatti con il Maial Euskal Txerri_ “abbiamo fatto tesoro della storia di famiglia – spiega Pello Urdapilleta – negli archivi la nostra attività agricola comincia nel 1450; l’abbiamo ripresa 24 anni fa con 8 animali, oggi abbiamo 320-350 maiali che vivono allo stato libero”. Dopo la trasformazione, i salami restano 24 ore sotto sale, poi stagionano 24 mesi nella paprica dolce. (ANSA).

La prossima prima domenica di Avvento, la Chiesa tedesca inizierà il suo «cammino sinodale» (Synodaler Weg)

settimananews

L’iniziativa – com’è noto – era stata approvata dall’assemblea plenaria dei vescovi, tenuta a Lingen dall’11 al 14 marzo 2019, e aveva ricevuto l’incoraggiamento anche da papa Francesco con una lunga Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Germania, datata il 29 giugno, festa dei santi apostoli Pietro e Paolo. In questo scritto, papa Francesco invitava a «camminare insieme e con tutta la Chiesa», sotto «la luce, la guida e l’irruzione» dello Spirito Santo per «imparare ad ascoltare e discernere l’orizzonte sempre nuovo che ci vuole donare».

La lettera di papa Francesco

In questa scelta pastorale, papa Francesco, accogliendo la proposta di un cammino sinodale suggerita dai vescovi, parlava di una sinodalità dal basso, ossia «il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici poiché «non si può fare un grande sinodo senza andare alla base», e di una sinodalità dall’alto al basso, che «permette di vivere in modo specifico e singolare la dimensione collegiale del ministero episcopale e dell’essere ecclesiale».

È un processo – sottolineava il papa – che va ben al di là di un semplice ritocco, ma che richiede «una conversione pastorale» e implica un recupero del «primato dell’evangelizzazione», la cui «preoccupazione principale deve incentrarsi su come condividere la gioia andando incontro ai nostri fratelli, soprattutto a quelli che sono abbandonati sulla soglia delle nostre chiese, in strada, in carceri e ospedali, piazza e città». Si tratta di una sinodalità «con lo sfondo e la centralità dell’evangelizzazione e del sensus Ecclesiae come elementi determinanti del nostro dnaecclesiale».

Sensibilità diverse

Il card. Marx, presidente della Conferenza episcopale, commentando la scelta effettuata a Lingen, ha spiegato che «la Chiesa ha bisogno di un percorso sinodale vincolante che consenta un dibattito strutturato e si svolga in un arco di tempo determinato, insieme al Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK)». Per favorire i dibattiti, aveva sottolineato, «vogliamo essere una Chiesa che ascolta».

Per favorire il nuovo orientamento e i cambiamenti che questo processo sinodale implica, sono stati creati inizialmente tre Forum: il primo dedicato al tema Potere, partecipazione, divisione dei poteri, sotto la guida del vescovo Karl-Heinz Wieseman (Speyr), il Forum Morale sessuale, guidato dal vescovo Georg Bätzing (Limburg), e il Forum Stile di vita sacerdotale, affidato al vescovo Felix Glenn (Münster). A questi tre Forum è stato poi aggiunto un quarto dedicato al tema Le donne nei servizi e ministeri della Chiesa.

Nel frattempo, in questi mesi in cui fervono i preparativi, si è sviluppato all’interno della Chiesa tedesca una vivace discussione tra pareri diversi circa la scelta del modo con cui sta procedendo. Non tutti infatti sono d’accordo. Il cardinale di Colonia, Rainer Maria Woelki, e il vescovo di Regensburg, Rudolf Voderholzer, per esempio, lo scorso mese di agosto, hanno presentato un loro contro-progetto in cui, al primo posto, figurava la nuova evangelizzazione e una più forte trasmissione dei contenuti della fede. Voderholzer, tuttavia, ha spiegato che non si intendeva criticare il «cammino sinodale» ma «la sua organizzazione concreta». La proposta tuttavia fu bocciata con 21 voti a 3 e un astenuto.

Interviene anche Roma

Ma la bozza, su cui si sta ancora lavorando, ha suscitato anche a Roma, numerose osservazioni critiche. La risposta è venuta con una lettera, in data 9 settembre scorso, firmata dal card. Marc Armand Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, in cui si afferma che il suo Dicastero, «nel trattare iniziative sinodali di ambito nazionale» aveva «ritenuto opportuno invitare l’organismo competente in materia, cioè il Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ad esprimere una valutazione sulla bozza in discussione da parte della Conferenza episcopale tedesca». In allegato, era riportato il testo del suddetto Consiglio, datato il 1° agosto scorso. Ouellet raccomandava di far conoscere la sua lettera ai membri della Conferenza episcopale durante la prossima Plenaria, in agenda il 23 – 26 settembre a Fulda.

La risposta del Pontificio Consiglio contiene numerosi rilievi critici sullo statuto in elaborazione che riguardano non solo la Chiesa in Germania, ma la Chiesa universale. Tra l’altro si dice: «Nel testo dello statuto, in modo particolare negli artt. 3 e 5 riguardo all’assemblea sinodale e alla presidenza del “cammino sinodale”, si ha l’impressione che la Conferenza episcopale e il ZDK (Comitato centrale dei cattolici tedeschi, ndr) siano pari tra loro: inviano un numero uguale di partecipanti, godono di pari diritti, hanno voto deliberativo ecc. Questa parità tra vescovi e laici non può sussistere ecclesiologicamente. C’è una comune responsabilità nella Chiesa e tutti i fedeli “sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo” (can. 204, par. 1; cf. can 208). Ciò non significa, però, che la Chiesa sia strutturata democraticamente, e che le decisioni siano prese a maggioranza dai fedeli. La frase “secondo la condizione propria di ciascuno” descrive bene la diversità della responsabilità dei fedeli riguardo alla Chiesa. La responsabilità dei vescovi è diversa da quella dei sacerdoti o dei laici. Di conseguenza, anche la sinodalità nella Chiesa, alla quale papa Francesco si richiama sovente, non è sinonimo di democrazia o di decisioni a maggioranza, ma una diversa partecipazione ai processi decisionali…». Seguono poi varie altre osservazioni su diversi punti dello statuto in elaborazione.

Reazioni all’intervento del card. Ouellet

Le osservazioni hanno suscitato una certa irritazione di cui si è fatto interprete lo stesso card. Marx con un intervento sul quotidiano Frankfurter Allgemeine. La valutazione del Pontificio Consiglio per testi legislativi – scrive Matthias Kopp, portavoce dei vescovi tedeschi, in merito alla polemica scoppiata in Germania relativamente a una lettera che il card. Reinhard Marx ha ricevuto il 4 settembre dal Vaticano – si basa «su una bozza del regolamento del cammino sinodale del giugno 2019 e non prende in considerazione la versione modificata a luglio e dopo l’incontro del Consiglio permanente di agosto, che non contiene più alcuni passaggi…». Il card. Marx ha dichiarato che sarebbe stato più consono se, da parte di Roma, prima dell’invio delle lettere, si fosse cercato il dialogo.

Gli scorsi giorni sui media si è parlato di «turbolenze» tra la Chiesa tedesca e il Vaticano e altri (Il Messaggero) di «cartellino giallo del Vaticano ai vescovi tedeschi». Intanto il card. Marx si è precipitato Roma per un dialogo chiarificatore.

Nel frattempo, il 14 settembre scorso, da Fulda, è stata resa nota la risposta congiunta che i membri della Conferenza episcopale tedesca e del Comitato dei laici hanno inviato a papa Francesco in merito alla sua “lettera” del giugno alla Chiesa “che è in Germania”, in cui, tra l’altro, affermano: «Abbiamo seguito le indicazioni che lei ha fornito e abbiamo considerato le conseguenze che dobbiamo trarre». È incoraggiante «che lei condivida la nostra preoccupazione per il futuro della Chiesa in Germania» e che ci incoraggi a «cercare un’aperta risposta alla situazione attuale».

La lettera prosegue: «Vediamo, come lei, di dover intraprendere il nostro cammino partendo dal “primato dell’evangelizzazione”. Siamo decisi a tradurre il cammino sinodale in un “processo spirituale”. Ci sentiamo uniti a lei “in senso ecclesiale” perché abbiamo in vista sia l’unità di tutta la Chiesa, come pure la situazione locale e, per noi, la partecipazione di tutto il popolo di Dio costituisce una grande desiderio che ci sta a cuore».

Nel frattempo, 240 teologi di lingua tedesca aderenti alla Arbeitsgemeinschaft katholische Dogmatik und Fundamentaltheologie in una dichiarazione da Salisburgo,  in data 19 settembre, hanno espresso il loro vivo sostegno al cammino sinodale, affermando che, nonostante  la critica vaticana e i dissapori all’interno della Chiesa tedesca,  è necessario procedere con coraggio e affrontare i temi «caldi».

Un unico soggetto comunionale deliberante

Non esiste quindi alcun pericolo, come alcuni hanno ipotizzato, che nella scelta sinodale ci sia una specie di scisma strisciante. Non solo. Il card. Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha suggerito un possibile cambiamento del diritto canonico. Uscendo dallo schema civilistico, pastore e fedeli sarebbero da considerarsi non come due soggetti separati, ma come un unico «soggetto comunionale deliberante» chiamato a uno «specifico deliberativo ecclesiale». «I fedeli hanno il dovere e il diritto non soltanto di dare consigli ai pastori, bensì anche di esprimere una volontà con loro, nel senso non solo di consigliare, bensì anche di deliberare» (Cf. F. Coccopalmerio, Sinodalità: dal consultivo al deliberativo?).

Come aveva scritto papa Francesco nella lettera del 29 giugno scorso, la «prospettiva sinodale non cancella gli antagonismi o le perplessità e tutte le dinamiche di ascolto, di riflessione e discernimento, hanno come obiettivo di rendere la Chiesa ogni giorno più fedele, disponibile, agile e trasparente per annunciare la gioia del Vangelo». È questo, ci pare, l’obiettivo a cui tende il cammino sinodale che la Chiesa tedesca sta ora intraprendendo. Ma la fatica di ben definirlo è grande.

Vicino a Durazzo Albania: nuove scossa di terremoto sulla costa settentrionale, circa 100 feriti

Un centinaio di persone sono rimaste ferite in Albania per un terremoto di magnitudo 5,8 avvenuto nel pomeriggio di ieri. Centinaia gli edifici danneggiati. L’epicentro nel mar Adriatico, a un chilometro da Durazzo, a 10 chilometri di profondità. Circa 200 le repliche finora, la più forte di magnitudo 4.9, poco dopo la mezzanotte.

Nel pomeriggio di ieri una forte scossa di terremoto di magnitudo 5.8 ha fatto tremare l’Albania. L’epicentro a Durazzo, a circa 40 chilometri a ovest della capitale Tirana. Il sisma è stato avvertito anche in Montenegro e a Corfù. Fino a tarda serata si sono susseguite almeno 100 lievi scosse di assestamento.  Poi poco dopo mezzanotte un’altra forte scossa di magniduto 4.9 ha nuovamente provocato il panico nella popolazione. Secondo un primo bilancio provvisorio, sono un centinaio i feriti e oltre 400 le case danneggiate. A Tirana e Durazzo, le due città più vicine all’epicentro del sisma, sono stati allestiti alcuni centri di accoglienza.  Il premier albanese Edi Rama, in visita in Germania, ha interrotto la missione ed è rientrato in Patria. Rama, che ha cancellato anche il viaggio a New York, dove avrebbe dovuto partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, ha fatto sapere di aver ricevuto molte telefonate di solidarietà dai leader europei. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha offerto il sostegno dell’Italia.  La scossa di terremoto è stata avvertita su tutta la costa adriatica pugliese, ma non risultano danni. Ai Vigili del fuoco di Lecce sono comunque arrivate un centinaio le telefonate da cittadini allarmati. Le scosse sono state avvertite ai piani alti anche a Bari. – See more at: http://www.rainews.it

Terremoto in Albania, 60 feriti, crolli Magnitudo 5.8 a 34 km da Tirana. Scossa più violenta in 30 anni

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(ANSA) – TIRANA, 21 SET – Panico e paura in Albania, dove la terra ha tremato ripetutamente per un fortissimo terremoto, il più violento degli ultimi 30 anni, non lontano dalla capitale Tirana e a 1 km da Durazzo. Una scossa di magnitudo 5.8, con un epicentro a 34 chilometri dalla capitale e 10 chilometri di profondità, avvertita anche in Puglia che ha seminato il terrore. La gente si è immediatamente riversata sulle strade mentre i primi bilanci parlano di decine di feriti e diverse abitazioni crollate.
    Secondo i primi dati 60 persone sono state ricoverate negli ospedali di Tirana e Durazzo, le due località dove il terremoto si è sentito in maniera maggiore. Tra questi ci sarebbe una persona in condizioni gravi mentre per gli altri si tratterebbe solo di lesioni leggere in varie parti del corpo. “Molti sono rimasti feriti, mentre fuggivano dalle proprie case”, ha spiegato il ministro della Sanità Ogerta Manastirliu, annunciando che “tutte le strutture ospedaliere sono impegnate per fare fronte a qualsiasi situazione”.

FORTE TERREMOTO IN ALBANIA, OLTRE 100 FERITI E CASE DILANIATE

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DANNI E CREPE SUI PALAZZI. CONTE A RAMA, ITALIA DISPONIBILE Oltre 100 feriti, circa 400 case e palazzi danneggiati. E’ il bilancio della forte scossa di terremoto, di magnitudo 5.8, che ieri pomeriggio ha scosso l’Albania e che la notte scorsa è tornata a farsi sentire con una replica di 4.9. Il premier italiano Giuseppe Conte ha chiamato il suo omologo Edi Rama per offrire il sostegno del Paese per far fronte all’emergenza.