Inail. Assicurazione casalinghe, saldo da pagare entro il 15 ottobre

Avvenire

La scadenza riguarda la cosiddetta polizza, che tutela gli infortuni avvenuti nell’ambito domestico

Assicurazione casalinghe, saldo da pagare entro il 15 ottobre

C’è tempo fino al prossimo 15 ottobre per versare il saldo all’Inail del premio assicurativo per gli infortuni domestici del corrente anno 2019. Entro tale termine, in particolare, va pagata l’integrazione di 11,09 euro che, sommati ai 12,91 euro già versati a gennaio, saldano il conto di 24 euro fissati dalla legge Bilancio 2019, quale importo della polizza obbligatoria del 2019 per le persone (tra 18 e 67 anni) che svolgono attività di cura della famiglia e dell’abitazione. Attenzione; chi non ha versato l’acconto, ha l’occasione per mettersi in regola pagando l’intero premio entro lo stesso termine (15 ottobre).

La scadenza riguarda la tutela assicurativa Inail, la cosiddetta polizza casalinghe. Un’assicurazione che tutela gli infortuni avvenuti nell’ambito domestico a causa di attività prestate senza vincolo di subordinazione, a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone (familiari) e dell’ambiente domestico di dimora del nucleo familiare dell’assicurato/a (soggetti tra 18 e 67 anni e non più 65 anni, come è stato fino all’anno scorso). In via ordinaria, il premio va versato entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento; la mini riforma della legge bilancio 2019 ha determinato il raddoppio delle scadenze: acconto e saldo.

La mini riforma, infatti, in relazione a un ampliamento delle prestazioni, ha elevato il premio a 24 euro. Per l’anno in corso, al fine di garantire la copertura assicurativa, l’Inail ha fissato un primo versamento in misura invariata, cioè 12,91 euro entro il 31 gennaio, riservandosi di fissare successivamente termini e modalità per il saldo (cioè la differenza fino all’importo di 24 euro), cosa che l’Inail ha stabilito adesso. Al fine di rendere più agevole il pagamento, l’Inail sta inviando agli interessati una lettera con il bollettino PA pre-compilato di 11,09 euro da utilizzare per il versamento in via telematica o presso uffici postali, sportelli bancari, istituti di pagamento e tabaccai che aderiscono a pagoPA.

Chi non ha versato l’acconto, osservando gli stessi termini e modalità può mettersi in regola. A tal riguardo, l’Inail sta inviando bollettini pre-compilati anche agli assicurati presenti nelle proprie banche dati che risultano non in regola, che possono utilizzarlo per pagare i 24 euro in unica soluzione. In tal caso il versamento deve essere effettuato nel più breve tempo possibile, perché la copertura assicurativa parte dal giorno successivo al pagamento. L’Inail fa sapere, inoltre, che sugli avvisi di pagamento, sezione “Banche ed altri canali”, è riportato il codice CBILL “BE7KK”, anziché il codice CBILL “BE77K”. Ciò non ostacola il pagamento attraverso Poste italiane, mentre per i canali in cui è richiesta l’imputazione manuale del codice CBILL va barrato il codice errato e scritto o comunicato all’operatore quello corretto. I codici a barre per i lettori ottici (datamatrix, QR code) sono corretti. Nei casi in cui, pur avendo già versato la quota di 12,91 euro, sia stata ricevuta la richiesta di pagamento del premio annuale di 24 euro, è necessario consegnare o inviare quanto prima la copia della ricevuta di pagamento alla sede Inail territoriale competente in relazione al proprio domicilio. L’istituto provvederà poi a recapitare la richiesta di integrazione del premio pari a 11,09 euro, che andrà versata entro il 15 ottobre.

Si ricorda che sono esonerati dal versamento del premio (che resta a carico dello Stato) chi è in possesso di entrambi i seguenti requisiti:
• reddito complessivo lordo ai fini Irpef non superiori a 4.648,11 euro; 
• appartenenza a un nucleo familiare con reddito fino a 9.296,22 euro.

L’uomo e l’eterna sfida del rapporto con l’altro

Lo straniero è la figura paradigmatica dell’altro e l’amore chiede all’ego di farsi indietro per fare spazio al tu. Moni Ovadia ai Dialoghi di Trani sulla “Responsabilità”

Moni Ovadia (Ansa/Angelo Carconi)

Moni Ovadia (Ansa/Angelo Carconi)

da Avvenire

Nel testo che proponiamo in queste colonne Moni Ovadia, scrittore e uomo di teatro celebre per il suo lavoro sulla tradizione ebraica, sintetizza i temi che saranno al centro del suo intervento al prossimo Festival dei Dialoghi di Trani, giunto quest’anno alla XVIII edizione e che affronterà il tema della “Responsabilità”. Dal 17 al 22 settembre scrittori, filosofi, religiosi, magistrati, scienziati e giornalisti si incontreranno a Trani per riflettere sul significato dell’“essere responsabili”. Verso l’attesa conferenza di Assisi “The economy of Francesco”, anche la Pro Civitate Christiana propone ai Dialoghi un incontro sul valore della responsabilità in economia ed ecologia. Ai Dialoghi, a confrontarsi sul tema “Responsabilità”, ci saranno, tra gli altri, anche Salvatore Veca, Vito Mancuso, Stefano Zamagni, Sabino Cassese, Gustavo Zagrebelsky, Massimo Bray, Marta Cartabia, Giovanni Grasso, Aldo Schiavone, Valeriu Nicolae, Ramin Bahrami, Serena Dandini, e molti altri; tra i media partner anche Tv2000 e Radio inBlu.

Il salvataggio di un piccolissimo migrante nel Mar Mediterraneo, sulla nave “Ocean Viking” (Ansa'Ap'Renata Brito)

Il salvataggio di un piccolissimo migrante nel Mar Mediterraneo, sulla nave “Ocean Viking” (Ansa/Ap/Renata Brito)

Il mancato riconoscimento dell’alterità nel suo valore fondativo della relazione umana è la madre delle questioni che si frappongono all’edificazione di una società di giustizia. Il dramma del mancato accoglimento dell’altro ci viene presentato nel Genesi all’inizio dell’avventura dell’uomo sulla terra. Caino, primogenito di Eva e Adamo, è il primo essere umano nato da grembo materno come tutti noi. Abele suo fratello, il secondogenito, è l’altro, pone il problema della relazione a Caino il quale non capisce il senso dell’evento, si ritiene usurpato, percepisce la presenza di Abele come insidia intollerabile, come minaccia e reagisce con violenza finendo con uccidere il fratello. Il Santo benedetto non accusa Caino, non punta il dito contro di lui ma lo insegue con una domanda: «Dove è tuo fratello Abele?». Sollecita il suo senso di responsabilità nei confronti dell’altro, suo fratello. Caino, dopo avere tentato invano di sottrarsi alla chiamata celandosi, risponde ponendo a sua volta una domanda: «Sono forse il custode di mio fratello?». Mirabile faccia di bronzo! Ma in questa provocazione è espressa, per il tramite di una narrazione anticipatrice, la grande tragedia umana con la quale ancora oggi ci confrontiamo senza riuscire ad uscirne.

Non è necessario essere credenti, né assumere la Torah come libro sacro per capire che il biblista con il suo racconto ci segnala che peggio di così l’avventura dell’uomo nel creato non poteva cominciare. Disconoscimento del simile, mancato accoglimento del suo valore, rifiuto della relazione, ebbrezza narcisistica di unicità tipica di colui che è arrivato prima. Possiamo assumere la parabola anche come metafora socio-politica dello scontro fra il contadino che vuole sua la terra e il pastore che la vuole aperta. La vulgata di questa parte della Scrittura ha cercato di risolvere l’angoscia suscitata dal fratricidio con la criminalizzazione di Caino fondando in lui la pseudo-categoria del cattivo per chiudere la questione. Quante volte da piccini abbiamo sentito questa banalità. Ma il prosieguo della storia ci racconta tutt’altro. Il Santo Benedetto non tratta certo Caino come un “cattivo” a cui comminare una punizione esemplare, forse nella sua provocazione ha riconosciuto che non è attrezzato per edificare relazioni e quindi società, forse non voleva neppure uccidere Abele, gli è scappata la mano, dunque lo manda libero, ammonisce chi lo incontrerà a non alzare la mano su di lui, perché possa entrare nella Storia sperando che impari, perché le cose, di generazione in generazione vadano se non meglio, almeno un po’ meno peggio.

Sono passati millenni dal tempo di questa “leggenda”, a quanto pare l’auspicio non si è compiuto. Non che non esistano uomini giusti che hanno interiorizzato e fatto proprio il senso dell’alterità e della responsabilità capendo che i due concetti non possono essere disgiunti, ma la leadership di fatto dell’umanità, la sua brama di potere ha imposto un modello basato su un economia che uccide, per dirla con le parole di papa Francesco, un economia che ha reificato l’alterità per farne profitto a vantaggio del delirio di onnipotenza di un pugno di uomini. E questi potenti non hanno capito che l’altro è il senso primo della relazione, che l’etica è la filosofia prima come mirabilmente propone il filosofo Emmanuel Lévinas nella sua lettura esplosiva del comandamento dell’amore (Levitico 18,19). Ve ahavtà leereakha kamokha, amerai per il prossimo tuo come te stesso. Il filosofo di Kaunas osserva che nelleshon hakodesh, la lingua santa della Torah, il verbo essere al presente indicativo non compare, è sottinteso. Lévinas legge dunque il comandamento dell’amore con questa esposizione: «Amerai per il prossimo tuo è come te stesso».

In questa breve ma rivoluzionaria espressione possiamo trovare indicazioni decisive per una sua lettura dirompente. La prima parte della proposizione è: «Amerai per il prossimo tuo». La Torah non lascia nulla al caso, se dichiara una priorità essa riveste un preciso significato, ovvero la scelta di amare il prossimo è la condizione per accedere alla seconda parte: «È come te stesso» ovvero la tua identità di persona, in una società di giustizia, la conquisti amando il prossimo. Il prossimo peraltro è presentato senza alcuna connotazione, non è il prossimo buono o cattivo, ebreo o goy, uomo o donna, eterosessuale o omosessuale, bianco o nero o giallo o rosso. Non è collocato in una nazione o in un territorio, non è autoctono o migrante, non è vicino né lontano. È solo denotato. È semplicemente l’altro. Del resto dopo questo versetto pochi versi oltre il Levitico dichiara: «Lo straniero che abita presso di te è come il tuo compaesano. Amerai lo straniero è come te stesso, ricordati che fosti straniero in terra d’Egitto, Io sono il Signore». Anche l’Eterno si dichiara straniero, è lo Straniero assoluto. Lo straniero è la figura paradigmatica del-l’altro, e l’amore non è quella insopportabile melassa dei romanzi d’appendice o dei Baci Perugina, non è neppure il travolgente sentimento romantico e passionale di Giulietta e Romeo.

L’amore è sentimento/ comportamento impegnativo che chiede all’ego di farsi indietro per fare spazio al tu e il tu è il simile, l’animale, la pianta, la zolla, l’acqua l’aria, la terra, il sottosuolo e persino le viscere della terra. Il Tu incarna l’intimità della condizione esistenziale tanto più se umile e spossessato perché porta in se la fragilità che è specificità ontologica dell’animale umano ma anche degli ecosistemi. Ecco perché la Laudato si’ è un punto di partenza per affrontare il cammino verso l’altro, cammino breve per un aspetto ma anche impervio perché tracciato come ponte precario sopra uno iato abissale e vertiginoso. Per compiere la traversata è irrinunciabile essere preparati. Bisogna assumere la piena responsabilità del volto altrui, bisogna farsi stranieri a se stessi, bisogna considerare anche il più piccolo dei privilegi illegittimo.

Esercizi spirituali per sacerdoti a Marola

La proposta degli esercizi spirituali per i presbiteri arriva quest’anno congiuntamente dalle Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e di Modena-Nonantola. Gli esercizi spirituali si terranno dal pranzo di lunedì 4 novembre al pranzo (compreso) di venerdì 8 novembre al Centro diocesano di spiritualità e Cultura di Marola.
Saranno predicati da don Claudio Doglio, presbitero della Chiesa di Savona-Noli, noto biblista (attivo anche in internet: https://dondoglio.wordpress.com/), docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e parroco di Sant’Ambrogio a Varazze (Savona), dove è anche moderatore dell’unità pastorale Sant’Ambrogio e Santi Nazario e Celso.

I presibiteri reggiano-guastallesi interessati sono pregati di iscriversi quanto prima contattando il Centro di Marola (tel. 0522.813127, e-mail cdmarola@libero.it).

Don Claudio Doglio

laliberta.info

L’iniziativa. La Giornata della cultura ebraica guarda ai sogni

A livello nazionale parteciperanno 88 città, con visite guidate a sinagoghe e musei, concerti, spettacoli teatrali, degustazioni e proposte per i bambini Per il 2019, il centro capofila sarà Parma

La sinagoga di Casale Monferrato

La sinagoga di Casale Monferrato
Una lunga scala, altissima, che arriva fino al cielo, sulla quale gli angeli salgono e scendono. Il sogno di Giaccobbe, una delle immagini più enigmatiche e suggestive del libro della Genesi, rappresenta il tema della ventesima Giornata della cultura ebraica, intitolata “I sogni, una scala verso il cielo”. Sogni, intesi come sostanza onirica ma anche come speranza e costruzione del domani: «I sogni – spiega Noemi Di Segni, presidente Unione comunità ebraiche italiane – sono una presenza costante nella storia e nei testi sacri ebraici, a partire dalla Torah, per continuare con il Talmud, con la tradizione mistica e fino ad arrivare a Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, che sull’interpretazione dei sogni fondò le sue innovative terapie per le nevrosi. Ma i sogni sono anche intesi come speranze per il futuro».
La manifestazione italiana si inserisce nella più ampia Giornata europea della cultura ebraica, coordinata dall’Aepj ( European association for the preservation and promotion of Jewish culture and heritage), cui partecipano 34 Paesi per approfondire storia, cultura e tradizioni dell’ebraismo, tra visite guidate a sinagoghe, musei e quartieri ebraici, concerti, incontri d’autore, spettacoli teatrali, degustazioni kasher e anche iniziative per i più piccoli. All’edizione italiana, promossa a livello nazionale dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, parteciperanno ottantotto località, distribuite in quindici regioni, da nord, a sud, alle isole. Per il 2019, la città capofila, nella quale si inaugurerà ufficialmente la manifestazione, sarà Parma, dove risiede una comunità ebraica le cui origini risalgono al XIV secolo.
L’apertura ufficiale sarà domenica alle ore 10.00 alla Biblioteca Palatina, dove verranno esposti al pubblico i pezzi più importanti di una delle più importanti collezioni a livello mondiale di antichi manoscritti e libri a stampa ebraici, il fondo De Rossi, tra Bibbie miniate, testi e commentari rabbinici, trattati di filosofia e di medicina. Nelle iniziative parmensi sarà coinvolta anche la vicina Soragna, dove è presente il Museo ebraico “Fausto Levi”, un piccolo, suggestivo gioiello tra gli itinerari ebraici di questa parte d’Italia, fino ad arrivare alla conclusione, alla sera, al Teatro Farnese, con il recital L’albero dei sogni, con musiche originali composte da Riccardo Joshua Moretti.
Ma sono centinaia le iniziative in tutta Italia. Un ampio programma, ad esempio, è previsto nella Capitale, nell’antico quartiere ebraico (Portico d’Ottavia), con visite guidate alle sinagoghe e al museo ebraico, degustazioni di vini kasher e l’esplorazione degli scavi di Ostia Antica, alla scoperta della sinagoga di epoca romana, mentre a Milano, oltre alle conferenze e alle visite guidate, ci sarà una conferenza-spettacolo di Gioele Dix dal titolo Sogno di una notte di mezza estate.
Anche a Bologna, visite guidate alle sinagoghe, al museo ebraico e alla mostra ‘La casa della vita’, sul recente ritrovamento archeologico di un antico cimitero ebraico in città, mentre a Ferrara, al Meis, il concertoShemà dalle poesie di Primo Levi. Visite guidate anche a Venezia, a Torino (con la passeggiata “dal ghetto alla Mole Antonelliana”) e a Casale Monferrato, dove è prevista anche l’esposizione straordinaria dell’opera originale di Marc Chagall Re David suona la cetra. «L’edizione italiana – conclude Di Segni – è diventata negli anni una delle più importanti in Europa, con decine di migliaia di visitatori ogni anno e un modello organizzativo perfettamente rodato, che può contare sulla virtuosa collaborazione tra Comunità ebraiche, enti locali, pro loco e associazioni attive sul territorio. Questo successo è soprattutto è il frutto di oltre due millenni di storia ebraica nel nostro Paese».
Avvenire