Parole, stile e senso della politica. Si fa presto a dire poltrone

La cultura di un popolo parte dalle parole con cui la racconti, dai contenuti che la abitano. Perché il sole è sole dappertutto, ma quello del deserto scalda di più, e l’idea di futuro in un Paese appena uscito dalla guerra è diversa dal dibattito sulla crescita economica in una democrazia stabile. Il ragionamento vale anche per il concetto di politica. Che può vuol dire etica della responsabilità, impegno per il bene comune, visione di insieme al servizio della comunità. O viceversa utilizzo privato del patrimonio collettivo, puro esercizio di potere, disprezzo delle regole o loro manipolazione in nome di una quantomeno curiosa per non dire infìda idea di popolo. In Italia, forse da sempre, ma particolarmente dopo Mani Pulite, per tanti “Parlamento” è diventato sinonimo di sporcizia, di corruzione, di “mangiatoia”. Così gli accordi tra i partiti, su cui si fonda l’esercizio della democrazia, vengono relegati a “inciuci”, i cambi di maggioranza diventano “golpe”, i seggi, gli scranni parlamentari e governativi sono “poltrone”. E di quelle comode, con i braccioli grandi, da cui chiamare con un cenno del capo il cameriere perché ti porti un cocktail.

Dietro c’è il rifiuto della politica vissuta come professione o, meglio vocazione, c’è soprattutto l’idea che chi la esercita non sia altro che un parassita foraggiato da una burocrazia ostile alla gente comune. La stessa proposta di riduzione numerica dei parlamentari, priorità, sembra, della nuova coalizione di governo, non si basa tanto sull’esigenza di snellire l’attività del “Palazzo” quanto su una più banale, per quanto magari utile, logica di risparmio. Un progetto che va di pari passo alla modifica dell’istituto referendario, presentato anch’esso come potenziale grimaldello anti parlamentare. Dall’altra parte un ex azionista di maggioranza, l’uomo della sfiducia senza dimissioni, sebbene indebolito, fa breccia nel cuore dei “suoi” definendo “poltronificio” la nuova intesa di governo, e aspetta, dice, le prossime elezioni per una nuova consacrazione. Perché nella retorica della moderna narrazione è sacra solo la delega popolare. Come se i nuovi “eletti”, usciti dal voto, non andassero a occupare i medesimi posti che oggi dileggiano e mortificano.

Il problema sta appunto lì, nel contenuto delle parole, nell’idea che lo scranno, la “poltrona” sia per sua natura sporca e chi vi si siede corrotto e disonesto. Naturalmente non è, o almeno non è sempre e solo, così. Anche oggi esiste una “chiamata”, accettata, alla politica, una vocazione al servizio del bene comune, all’esercizio di quella che Paolo VI definiva «la più alta forma di carità». E non si tratta solo di guardare all’indietro, di leggere l’attualità con i parametri di ieri, di recuperare la stagione dei De Gasperi, dei La Pira, dei Moro. Semmai occorre, questo sì, pulirsi gli occhi dalla nebbia del pregiudizio per leggere nel modo giusto la realtà.
Allora non basterà più rifugiarsi nelle frasi fatte, nel “sono tutti uguali”, nel “non cambierà mai niente”. Perché persino oggi, nella stagione invasa dai social, resiste l’impegno certosino e oscuro dell’arte dell’ascolto, della volontà di mediazione, della visione di futuro. L’idea di bene comune non è morta affatto e per tanti, soprattutto giovani, vale ancora, riletta con il vocabolario moderno, la lezione di don Sturzo, che nel 1925 scriveva: «La politica è per sé un bene, il far politica è, in genere, un atto di amore per la collettività: tante volte può essere anche un dovere per il cittadino».

Proprio così. La logica del servizio vanta ancora maestri e allievi. Li vedi, partendo dal basso, nelle aule delle scuole che insegnano l’accoglienza, con le maniche arrotolate negli oratori per giocare con i bambini, nei centri d’ascolto di chi fa fatica, tra gli anziani di un ricovero, allo sportello di chi cerca lavoro. Ma anche nelle aule universitarie, nelle scuole di formazione, negli istituti di scienze religiose e sociali.

E poi, andando più su si arriva all’impegno in quartiere, qualcuno in Consiglio comunale, qualcun altro in Regione o in Parlamento. Con il corollario, imprescindibile, se si è cristiani, della preghiera, che tradotta in vita vissuta significa no al linguaggio dell’insulto, no al rancore come mezzo di propaganda, no alla demonizzazione dell’avversario. L’esempio da seguire è chi fa dell’umiltà la radice della propria grandezza, del talento un bene a disposizione della comunità, della cultura uno strumento di educazione alla bellezza.
Ci sono anche quelli che stanno su una poltrona che scotta, ma senza cedere alla paura e alla vertigine del potere, con l’ambizione giusta di chi sa che la felicità più vera è quella regalata agli altri. Perché al centro non mettono se stessi ma chi si affida a loro. È la logica seguita dai grandi di sempre. Come Mandela, come Martin Luther King, come il Papa. Che non a caso, tra i suoi titoli ha quello, bellissimo, di servus servorum Dei, cioè “servo dei servi di Dio”. I politici fanno altro, ma almeno per lo stile del dire e del fare possono ispirarsi.

da Avvenire

La festa. Il cardinale Bassetti, da 25 anni vescovo accanto alla gente

L’8 settembre 1994 veniva consacrato vescovo a Firenze. A Perugia domenica 8 settembre la Messa per celebrare l’anniversario con i pastori dell’Umbria e della Toscana
Il cardinale Gualtiero Bassetti

Il cardinale Gualtiero Bassetti

Avvenire

Era l’8 settembre 1994 quando nella Basilica di San Lorenzo a Firenze veniva ordinato vescovo Gualtiero Bassetti. Già rettore del Seminario e vicario generale della Chiesa fiorentina, era stato nominato pastore della diocesi di Massa Marittima-Piombino da Giovanni Paolo II il 9 luglio dello stesso anno. Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa liturgica della natività della Beata Vergine Maria, l’allora 52enne prete originario di Popolano di Marradi riceveva l’ordinazione episcopale con l’imposizione delle mani dell’arcivescovo di Firenze e suo “amico e maestro”, il cardinale Silvano Piovanelli. Domani, domenica 8 settembre 2019, Bassetti – adesso cardinale, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei – festeggia i 25 anni da vescovo con una Messa solenne che presiederà alle 18 nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia. Saranno presenti i vescovi dell’Umbria e della Toscana.

L'ordinazione episcopale di Bassetti a Firenze l'8 settembre 1994

L’ordinazione episcopale di Bassetti a Firenze l’8 settembre 1994

Il grazie a tre Papi

Il cardinale Bassetti, nel suo invito rivolto a tutti, scrive: «Con il cuore ricolmo di gioia, ringrazio il Signore Gesù, Pastore grande del gregge, per quel po’ di bene che ho potuto fare nelle Chiese cui sono stato inviato:Massa Marittima-Piombino, Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Perugia-Città della Pieve. Pur avendo cercato di seminare la parola del Vangelo, di animare le comunità cristiane e di far sorgere la speranza, sento il bisogno di invocare la misericordia di Dio per tutte le mie omissioni e debolezze». Poi prosegue: «Sono stati anni di impegno, di prove, ma anche di gioie e soddisfazioni. Ho camminato al fianco di tanti sacerdoti e ho consacrato molti giovani come presbiteri e non pochi presbiteri come vescovi. Ho seguito diversi religiosi e religiose nella ricerca della loro vocazione, così come tanti seminaristi. Ho cercato di essere vicino ai fedeli laici». Quindi il grazie agli ultimi tre Papi. «Una particolare preghiera di ringraziamento – sottolinea ancora Bassetti – desidero elevare per i Pontefici che ho conosciuto e che hanno avuto un ruolo decisivo nella mia vita: san Giovanni Paolo II, che mi ha fatto il dono dell’episcopato nel 1994; Benedetto XVI, che mi ha elevato ad arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve; papa Francesco, che ha voluto crearmi cardinale e affidarmi la guida della Conferenza episcopale italiana. Una preghiera desidero elevare per quanti ogni giorno mi sono stati a fianco, presbiteri, religiosi e laici, e che con me hanno condiviso il “giogo soave” del governo pastorale». Infine il richiamo alla festa mariana. «A tutti do appuntamento l’8 settembre, nella Cattedrale di Perugia. Pregheremo e loderemo insieme il Signore, cui è da sempre affidata la mia vita, e invocheremo anche l’intercessione della Beata Vergine Maria, la dolcissima madre di Gesù e madre nostra. Alla luce del suo sorriso è legata la mia vita sacerdotale e di vescovo».

Papa Francesco con il cardinale Bassetti

Papa Francesco con il cardinale Bassetti

I 10 anni alla guida dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve

Nel 2019 ricorre, oltre al 25° di ordinazione episcopale di Bassetti, anche il 10° anniversario della sua nomina ad arcivescovo di Perugia-Città della Pieve avvenuta il 16 luglio 2009. Ricorrenza che sarà celebrata il prossimo 4 ottobre, solennità di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, giorno in cui dieci anni fa il porporato toscano aveva fatto ufficialmente il suo ingresso nell’arcidiocesi umbra come successore dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti dimessosi per raggiunti limiti di età. L’anniversario sarà ricordato con il concerto del Coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina, in programma nella serata del 4 ottobre nella Cattedrale di Perugia.

L'ingresso di Bassetti a Perugia nel 2009

L’ingresso di Bassetti a Perugia nel 2009

Il prete fiorentino che riunirà i vescovi del Mediterraneo

Nato a Popolano di Marradi il 7 aprile 1942, Bassetti viene ordinato prete a Firenze nel Duomo di Santa Maria del Fiore dal cardinale Ermenegildo Florit il 29 giugno 1966. Dopo numerosi anni da rettore dei Seminari fiorentini Minore e Maggiore, è nominato nel 1992 vicario generale dal cardinale Silvano Piovanelli, che due anni più tardi, l’8 settembre 1994, lo ordina vescovo e guida la diocesi di Massa Marittima-Piombino. Quattro anni dopo Bassetti diventa vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, guidando la diocesi toscana per un decennio (1999-2009) per poi diventare arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Da pastore della Chiesa del capoluogo umbro viene eletto prima vice-presidente della Cei(2009-2014) e poi presidente dei vescovi italiani il 24 maggio 2017. È membro delle Congregazioni per i vescovi, per il clero e per le Chiese orientali (quest’ultimo incarico arrivato lo scorso agosto) e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nel primo Concistoro di papa Francesco, il 22 febbraio 2014, viene creato cardinale e al compimento del suo 75° anni di età Bergoglio lo conferma alla guida dell’arcidiocesi perugino-pievese con la formula «donec aliter provideatur».

Gualtiero Bassetti ad Arezzo

Gualtiero Bassetti ad Arezzo

Come presidente della Cei, Bassetti ha ideato l’Incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace” che porterà a Bari, nel febbraio 2020, oltre cento pastori di tre continenti (Europa, Asia e Africa) e che sarà concluso da papa Francesco. L’incontro, nato da un’intuizione del cardinale che si è ispirato a Giorgio La Pira (sindaco “santo” di Firenze particolarmente caro a Bassetti che più volte lo ha indicato come modello per i cattolici impegnati in politica e a servizio del bene comune), affronterà temi come la vita ecclesiale, le migrazioni, la giustizia sociale, lo sviluppo, il dialogo fra le fedi e vuole sollecitare le Chiesa a mobilitarsi per la riconciliazione fra i popoli.

L'Assemblea generale della Cei con l'introduzione del cardinale Bassetti lo scorso maggio

L’Assemblea generale della Cei con l’introduzione del cardinale Bassetti lo scorso maggio

Soave, la Festa dell’Uva compie 91 anni Dal 13 al 15 settembre si celebra il frutto più prezioso del territorio di Soave

uva

L’autunno si avvicina e con esso la stagione della vendemmia che, nelle terre del vino italiane, è l’evento più importante dell’anno che viene spesso celebrato con grandi festeggiamenti con l’uva come protagonista. La zona delle colline soavesi non fa eccezione e, difatti, dal13 al 15 settembre la cittadina della provincia di Verona si appresta a festeggiare in grande stile i suoi pregiati frutti autunnali per propiziare la vendemmia e presentare ai suoi visitatori il prodotto più pregiato del suo territorio in un susseguirsi di iniziative interessanti, eventi e spettacoli.

La Festa dell’Uva di Soave, organizzata dalla Pro Loco, è giunta ormai alla sua 91^ edizione ed anche quest’anno si appresta ad accogliere curiosi, appassionati e turisti in un’atmosfera carica di folklore e tradizione che saprà coinvolgere ed intrattenere partecipanti di tutte le età ed interessi, grazie al programma messo a punto dai suoi organizzatori. Il calendario della manifestazione prevede esperienze di ogni genere che spaziano dalle degustazioni con porotagonisti i sapori del territorio, sino ad eventi culturali, che consentono di approfondire la storia della città e dei suoi dintorni, e musicali che creano un’atmosfera di grande festa e divertimento.

Alla grande sfilata delle ubve del Soave si affianca la premiazione dei frutti migliori, organizzata in collaborazione con Coldiretti e Consorzio di Tutela del Soave. Alle eccellenze del territorio, domenica si aggiungono gli stand del caratteristico mercatino dell’antiquariato allestiti lungo Corso Vittorio Emanuele. E se sabato sabato sra i dj e i vocalist di Radio Company animeranno l’atmosfera con le migliori hit del momento, domenica ci si diverte con la coinvolgente serata dedicata alla musica country. Ma l’evento più suggestivo, e forse il più atteso, della kermesse sarà il grande spettacolo pirotecnico che concluderà la festa in un trionfo di luci e di colori e, soprattutto, con lo scenografico incendio del castello scaligero.

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Liguria, romantica vacanza di fine estate a Framura

Frazione Costa di Framura

Incastonato in una delle scenografiche calette della Riviera di Levante, tra il mare cristallino della Liguria e il lussureggiante entroterra, Framura è un borgo che in un certo senso non esiste ma che è in grado di conquistare chiunque si trovi ad esplorarlo in ogni suo angolo. Se Framura può essere considerato una sorta di “borgo che non c’è” è perchè si tratta di un comune sparso formato da cinque differenti insediamenti distribuiti tra i monti e la costa. Conta complessivamente soltanto 600 abitanti ed i suoi scorci pittoreschi baciati dal sole incantano e conquistano chiunque scelga di scoprirli, magari passeggiando mano nella mano con una persona speciale.

Situato a metà strada tra le Cinque Terre e Portofino, tra i comuni di Deiva Marina a ovest e Bonassola a est, a 8 minuti di treno da Levanto, Framura racconta una storia lunghissima che comincia dal III secolo a.C., epoca a cui risalgono le prime testimonianze della presenza umana sul territorio. Nel IX secolo venne, poi, costruita una torre d’avvistamento della quale viene per la prima volta fatta menzione nel 1128. La sua posizione strategica, la bellezza del paesaggio a metà strada tra mare e montagna e le atmosfere intime che si respirano nei cinque villaggi che lo compongono, fanno di questo borgo, inserito nel circuito dei Borghi Più Belli d’Italia, una meta ideale per una fuga romantica di fine estate.

Esplorando le cinque frazioni si scoprono preziose testimonianze di epoche lontane e si può godere degli splendidi scenari della riviera di Levante. La frazione di Anzo, dominata da una torre di guardia genovese del XV secolo, sfoggia la magnifica cappella neogotica di Nostra Signora della Neve e l’incantevole porticciolo racchiuso tra due scogli che al tramonto si tinge di rosa regalando un colpo d’occhio mozzafiato. A monte di Anzo, invece, Ravecca è punteggiata di edifici di impostazione medievale tra i quali merita una sosta la bella Cappella dei SS. Bernardo e Pasquale. Un’altra torre genovese di epoca quattrocentesca svetta nella frazione di Setta, mentre in quella di Costa, tipico insediamento di crinale dal quale è possibile tenere sotto controllo sia il mare che l’entroterra, si può ammirare una torre carolingia risalente al IX secolo e la Pieve di San Martino che conserva un dipinto del pittore genovese Bernardo Strozzi. Da non perdere, infine, nella frazione di Castagnola, la parrocchiale di San Lorenzo in cui è custodito il dipinto “La Deposizione” di Luca Cambiaso, famoso pittore del XVI secolo.

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La fattoria dei nostri sogni è al cinema

Selezionato ai festival di Toronto, Telluride, Miami – solo per citarne alcuni – è arrivato nelle nostre sale un film diventato poco a poco un vero e proprio caso per il mercato statunitense. Si parla di La fattoria dei nostri sogni di John Chester (distribuito da Teodora), assurto al rango di “rivelazione” proprio grazie al passaparola. E forse anche alla “lezione gioiosa sulla convivenza ancestrale tra uomo e natura”, come ha detto il New York Times.

Il film racconta l’incredibile storia vera di John e Molly Chester, coppia in fuga dalla città per realizzare il sogno di una vita, quello di costruire dal nulla un’enorme fattoria seguendo i criteri della coltivazione biologica e di una completa sostenibilità ambientale. Tra mille difficoltà, momenti esaltanti e cocenti delusioni, i due protagonisti impareranno a comprendere i ritmi più profondi della natura, fino a riuscire nella loro formidabile impresa.
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Verbania Lago Maggiore Dalie in mostra nei Giardini di Villa Taranto

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Si dice che, nel corso della sua vita, Neil Mc. Eacharn, il capitano scozzese che nel 1935 rilevò dalla marchesa di Sant’Elia il terreno che oggi ospita Villa Taranto e i suoi bei giardini, avesse fatto ben sette volte il giro del mondo. Fu proprio durante i suoi viaggi, una delle sue più grandi passioni assieme a quella della botanica, che il capitano scelse molte piante delle provenienze più disparate da far acclimatare nel suo nuovo giardino in corso di realizzazione. Il suo obbiettivo era, infatti, quello di creare un ricco complesso botanico di interesse internazionale e per fare ciò ampliò la proprietà e, attraverso le imponenti opere di sbancamento e terrazzamento lungo Punta della Castagnola, realizzò un giardino meraviglioso sulla sponda piemontese del Lago Maggiore a Pallanza.

Per abbellire Villa Taranto e trasformarla in un luogo ricco di preziose specie botaniche perfettamente integrate con l’ambiente locale, Mc. Eacharn realizzò boschi rigogliosi, bordure e vallette di arbusti, aiuole, parterres, placidi laghetti, serre e tappeti erbosi che utilizzò per mettere a dimora piante provenienti da tutto il mondo. Il clima mite, la bellezza del contesto e le sue competenze favorirono la creazione di ricchissime collezioni di elevato valore scientifico che contribuirono a rendere il giardino un luogo di grande interesse naturalistico sia per per gli esperti del settore che per gli appassionati delle passeggiate all’aria aperta che possono contare su unacornice di estrema bellezza in cui godere del piacere del contatto con la natura e ritrovare la pace dei sensi.

Tra le meraviglie botaniche che fanno bella mostra di sè nel magnifico complesso di Villa Taranto, fino alla fine di ottobre spiccano le coloratissime fioriture che adornano di forme e sfumature sorprendenti lo splendido Labirinto delle Dahlie. Chi visita i Giardini di Villa Taranto e la mostra delle Dalie in questo periodo dell’anno, avrà l’opportunità di ammirare oltre 1.700 piante fiorite suddivise in oltre 350 varietà. Uno spettacolo davvero incantevole nel quale interpretano ruoli da protagnisite le varietà Emory Paul, dalle appariscenti infiorescenze di oltre 25 centimetri di diametro, e Pompom, tra cui merita una particolare menzione la Butter Cup che sfoggia capolini sferici a nido d’ape che talvolta non raggiungono i 5 millimetri di circonferenza.

fonte: turismo.it