Musei. A Palazzo Pitti nuove sale dedicate alle icone russe dei Medici

Il museo fiorentino esporrà in modo permanente 78 icone raccolte dai Medici e dai Lorena: composta da icone del XVI e XVIII secolo è la collezione più antica di questo tipo fuori dalla Russia
Particolare della “Decollazione del Battista” di bottega moscovita (fine del XVI- inizio del XVII secolo) della collezione delle Gallerie degli Uffizi. L'opera sarà esposta a Palazzo Pitti

Particolare della “Decollazione del Battista” di bottega moscovita (fine del XVI- inizio del XVII secolo) della collezione delle Gallerie degli Uffizi. L’opera sarà esposta a Palazzo Pitti

avvenire

Palazzo Pitti a Firenze accoglierà all’interno di nuove sale la storica collezione di 78 icone russe raccolte dai Medici e soprattutto dai Lorena nel corso del Settecento e dell’Ottocento. L’allestimento, per la prima volta permanente, sarà ambientato in quattro grandi sale affacciate sul cortile al piano terra di Palazzo Pitti e decorate con affreschi seicenteschi. Al termine dei lavori, previsto
entro Natale, le sale entreranno a far parte del normale percorso di visita della ex reggia.

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt presenta oggi il progetto a Mosca, nell’ambito di una conferenza internazionale.
L’insieme di 78 icone costituisce la più antica collezione del genere al mondo al di fuori della Russia e risale in buona parte al
secondo quarto del XVIII secolo.

Non è noto quando queste icone russe siano giunte in Italia e per quali vie. Si sa però che si trovavano già a Firenze nel 1761: forse dono di qualche ambasciatore al granduca o, più probabilmente, omaggio della comunità ortodossa di Livorno a Francesco Stefano di Lorena, che aveva autorizzato la costruzione in città della chiesa di rito ortodosso della Trinità, eretta fra il 1757 e il 1760.

I due esemplari più antichi, però, un’icona mariana e quella raffigurante laDecollazione del Battista, databili fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, erano entrate nelle collezioni dei Medici e si trovavano fra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti già nel 1639.

Nel 1796 iniziò una diaspora delle icone: un tempo accolte agli Uffizi, finirono per la maggior parte depositate prima alla villa medicea di Castello, dove rimasero fino all’inizio dello scorso secolo, per esser poi spostate all’Accademia – dal 1958 al 1968 – quindi a Palazzo Pitti e di nuovo, dal 1984, all’Accademia. Nel 2013 la preziosa raccolta venne di nuovo trasferita agli Uffizi, dove durante la stagione natalizia del 2014 fu esposta in una mostra organizzata dagli Amici degli Uffizi.

Tra le opere più significative della collezione, i due pannelli che compongono il Menologio, ossia il calendario delle festività religiose ortodosse divise per semestri, da settembre a febbraio e da marzo a gennaio: ogni icona si compone di venti file orizzontali con scene sacre e e figure di santi, ciascuna identificata da un’iscrizione.

Le tavole sono sempre rimasti agli Uffizi, per la loro evidente importanza, come l’icona con Santa Caterina d’Alessandria, databile al 1693-1694 grazie al punzone nella oklad di argento dorato (il rivestimento metallico che copre alcune parti delle icone). La principessa martire è raffigurata con attributi molto simili a quelli dell’arte occidentale: la palma e la ruota del martirio, i libri e la sfera armillare che alludono alla sua vasta conoscenza. L’opera è attribuita all’atelier del Palazzo dell’Armeria, la bottega che
lavorava alla corte dello zar nel palazzo del Cremlino a Mosca, ed è affine allo stile di Kirili Ulanov, uno dei più noti maestri
dell’atelier moscovita fra XVII e XVIII secolo.

“C’è un filo rosso che unisce, attraversando la storia, la Russia all’Italia, ed in particolare Firenze – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – Ad esempio, sulle rovine della residenza medicea di Pratolino i Demidoff fecero costruire la loro magnifica villa, e una targa su un palazzo proprio in Piazza Pitti, davanti alla Reggia granducale, ci ricorda che qui, nel gennaio del 1869, Fedor Dostoevskij completò il suo capolavoro L’idiota.L’importantissima raccolta di icone degli Uffizi, forte di ben 78 esemplari, è una precoce testimonianza di questo legame, e finalmente, per la prima volta, essa potrà essere ammirata nel suo splendore – e nella sua completezza – dai turisti di tutto il mondo”.

Le sale che verranno dedicate alle icone russe non sono mai state interamente e permanentemente aperte al pubblico. Le pareti e i
soffitti affrescati nel ‘600 saranno valorizzati dall’allestimento curato dall’architetto Mauro Linari, che ha ideato un percorso con
teche leggerissime e ben armonizzate agli ambienti. Da dicembre, con l’apertura ufficiale, sarà regolarmente visibile anche un altro
spazio, finora accessibile solo saltuariamente nell’ambito di eventi ed occasioni speciali: la Cappella Palatina, con gli affreschi
ottocenteschi di Luigi Ademollo ed il suo antico organo. Sarà un accostamento quindi tra tradizione cattolica e immagini del culto ortodosso, visibili nelle sale adiacenti.

Venezia 2019. La sindrome di Down raccontata in un film per famiglie

Presentato “Mio fratello rincorre i dinosauri” con Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese. L’attore: «È una storia che mi piace perché utilizza la commedia per toccare argomenti importanti»
Una scena del film “Mio fratello rincorre i dinosauri” di Stefano Cipani con Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese

Una scena del film “Mio fratello rincorre i dinosauri” di Stefano Cipani con Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese

da Avvenire

«È una storia che mi piace perché utilizza la commedia per toccare argomenti importanti, che parla di comunicazione, di vergogna e presenta una famiglia che con la nascita di Giò è costretta ad ascoltarsi di più. Credo che se ci fossero più famiglie Massariol il nostro Paese sarebbe un Paese migliore». L’ha detto Alessandro Gassmann protagonista di Mio fratello rincorre i dinosauri del regista esordiente Stefano Cipani presentato all’interno delle Giornate degli autori, in concomitanza con la 76esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e in uscita giovedì in 250 copie.

Finalmente un bel film per famiglie, forte e tenero al tempo stesso, che nasce dal best seller di Giacomo Mazzariol, storia vera ed autobiografica di una famiglia di Castelfranco Veneto alla prese con l’arrivo di un fratello con la sindrome di Down. Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese sono il padre e la madre di Jack, un tredicenne che ha sempre desiderato un fratello maschio con cui giocare e quando nasce Giò, i suoi genitori gli raccontano che è un bambino speciale.

Da quel momento Giò, nel suo immaginario diventa un supereroe dotato di poteri incredibili, ma quando cresce e scopre che invece il fratellino soffre della sindrome di Down, questo diventa per lui motivo di vergogna da nascondere alla fidanzatina e ai compagni di scuola. Fino a che la travolgente vitalità di Giò riuscirà a coinvolgerlo e a fargli cambiare il punto di vista, proprio come un supereroe.
«Siamo tutti meravigliosamente diversi – ha continuato Gassmann – e in una società dove la disabilità, ma anche qualsiasi altra diversità, è vissuta con un certo malessere, chiusura, paura se non addirittura aggressività questo film aiuta molto, utilizzando la commedia che è secondo me l’arma più potente del cinema».

Accanto a Gassmann, oggi al Lido, un cast composto da giovanissimi, fra cui Antonio Uras e Lorenzo Sisto nel ruolo di Giò, e Francesco Gheghi in quello di Jack e la star spagnola Rossy De Palma in quello di Zia Rock la quale aggiunge. «Ho due amiche che hanno figli “speciali” nella loro casa, persone di una purezza superiore. Quello che può sembrare un problema, invece si è rivelato un dono della vita, ha aperto una nuova porta d’amore».

«Già in precedenza avevo affrontato il tema della disabilità e ho quasi sempre lavorato con bambini – aggiunge il regista Stefano Cipani -. Questo film è rivolto prima di tutto a loro nella speranza che imparino ad affrontare la paura, la vergogna e a vedere la disabilità con occhi nuovi».

Lo conferma lo stesso autore del libro, il giovanissimo Giacomo Mazzariol che ha partecipato alla realizzazione del film: «Là mia non è una grande storia, è una storia semplice che potremmo avere vissuto o che tutti abbiamo già incontrato. Sono felice che ne sia uscito un film per famiglie. Volevamo trovare un linguaggio universale non respingente per i coetanei del protagonista, affiancato da uno sguardo adulto e ironico».

Avvenire

Casa comune. Giornata per la custodia del Creato. Francesco chiama a pregare e ad agire

Video-messaggio di Francesco per l’intenzione di preghiera del mese: la nostra solidarietà con l’ambiente dove viviamo nasce dalla nostra fede. Politici, scienziati ed economisti lavorino insieme
(Ansa/Ap)

(Ansa/Ap)

da Avvenire

È una «Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato» particolare quella che si celebra questa domenica. Istituita dal Papa nel 2015, l’iniziativa di quest’anno precede di poche settimane il Sinodo speciale dei vescovi su «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale» che si terrà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre e che vedrà appunto il tema del creato al centro dei lavori.

A sottolineare ancora di più quanto papa Francesco tenga alla «conversione ecologica» della Chiesa, c’è il suo video-messaggio per presentare l’intenzione di preghiera del Pontefice per il mese di settembre, sulla protezione degli oceani, rilanciato dalla gesuitica Rete mondiale di preghiera del Papa diretta da padre Frédéric Fornos. «Preghiamo in questo mese perché i politici, gli scienziati e gli economisti lavorino insieme per la protezione dei mari e degli oceani» dice Bergoglio nel video, «la Creazione è un progetto dell’amore di Dio all’umanità» e oggi gli oceani, che custodiscono «la maggior parte dell’acqua del pianeta e anche la maggior varietà di esseri viventi», sono «minacciati da diverse cause». «La nostra solidarietà con la “casa comune” – insiste il Papa – nasce dalla nostra fede».

Quella che vuole Francesco è un’attenzione ecologica ed ecumenica insieme. Oggi prende infatti il via anche «Tempo del Creato», iniziativa condivisa dalla Comunione anglicana, dalla Federazione mondiale luterana, dal Consiglio mondiale delle Chiese e dall’Alleanza evangelica mondiale e dalla Chiesa cattolica. Si tratta di un mese di «preghiera e di azione» per il Creato che terminerà il 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi. Il sito SeasonOfCreation.org offre risorse e idee per partecipare.

Promotori in ambito cattolico sono in special modo il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale insieme al Movimento cattolico mondiale per il clima e alla Rete ecclesiale panamazzonica. In una lettera inviata dal Dicastero vaticano ai vescovi del mondo lo scorso giugno, si ricorda che la scelta del 1° settembre come Giornata di preghiera per il Creato nasce nel mondo ortodosso, fu un’idea dell’allora patriarca di Costantinopoli Dimitrios nel 1989. È un comitato direttivo ecumenico a suggerire ogni anno un tema per la celebrazione. Quello per il 2019 è «La rete della vita», con riferimento alla biodiversità.

E alla biodiversità è dedicato infine anche il messaggio per la Giornata nazionale per la custodia del Creato da parte della Conferenza episcopale italiana (la Giornata è oggi, appunto, ma la celebrazione nazionale si svolgerà domenica prossima e sarà ospitata dalla diocesi di Cefalù). «Quante sono le tue opere, Signore (Salmo 104, 24). Coltivare la biodiversità» è il titolo ufficiale.

Nel loro messaggio i vescovi scrivono che è «importante favorire le pratiche di coltivazione realizzate secondo lo spirito con cui il monachesimo ha reso possibile la fertilità della terra senza modificarne l’equilibrio». Ed entrano nello specifico, quasi nel tecnico: «Sarà necessario utilizzare nuove tecnologie orientate a valorizzare, per quanto possibile, il biologico. Sarà altresì importante conoscere e favorire le istituzioni universitarie e gli enti di ricerca, che studiano la biodiversità e operano per la conservazione di specie vegetali e animali in via di estinzione.

Si tratterà, ancora, di opporsi a tante pratiche che degradano e distruggono la biodiversità: si pensi al land grabbing, alla deforestazione, al proliferare delle monocolture, al crescente consumo di suolo o all’inquinamento che lo avvelena; si pensi altresì a dinamiche finanziarie ed economiche che cercano di monopolizzare la ricerca (scoraggiando quella libera) o addirittura si propongono di privatizzare alcune tecno-scienze collegate alla salvaguardia della biodiversità».

Bologna. Zuppi: è una chiamata al servizio. La gioia dell’arcidiocesi

La notizia gli è arrivata mentre era a Lourdes: «L’affido alla Madonna»
L'arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, con papa Francesco (Ansa)

L’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, con papa Francesco (Ansa)

da Avvenire

Emozione e gratitudine al Papa, ma anche senso di responsabilità e il proposito di essere sempre più al servizio dei poveri e degli ultimi. Sono questi i sentimenti espressi dall’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi appena appreso, ieri, che Papa Francesco lo ha nominato Cardinale e gli imporrà la berretta rossa nel Concistoro del 5 ottobre. L’annuncio è stato dato dallo stesso Francesco subito dopo l’Angelus domenicale: ha nominato 10 nuovi Cardinali, di varie parti del mondo, fra i quali un unico italiano, appunto monsignor Zuppi. Il quale si trovava a Lourdes, dove sta guidando fino ad oggi 2 settembre il pellegrinaggio regionale promosso dall’Unitalsi (oltre 800 persone) assieme ai vescovi di Forlì – Bertinoro Livio Corazza e di Parma Enrico Solmi.

«Visibilmente emozionato e grato – si legge nel comunicato ufficiale della diocesi di Bologna – monsignor Zuppi ha dichiarato al Centro servizi multimediali dell’Arcidiocesi: “Ringrazio il Papa per la fiducia e la stima. È un riconoscimento per tutta la Chiesa di Bologna, per la Comunità di cui faccio parte da tantissimi anni, ed è anche una grande responsabilità. Il cardinale veste di rosso perché deve testimoniare fino al sangue. Ecco, speriamo di essere buoni testimoni del Vangelo. Anche quello della domenica di oggi è chiarissimo: essere nell’amore al servizio degli altri, degli ultimi. Questa nomina, quindi, è ancora di più una chiamata al servizio che ora, proprio qui a Lourdes, affido alla Madonna”». Nel comunicato si sottolinea anche che, appresa la notizia della nomina «i vicari generali mons. Stefano Ottani e mons. Giovanni Silvagni a nome dell’Arcidiocesi di Bologna affermano: “La chiamata che oggi ha ricevuto il nostro Arcivescovo a far parte del collegio dei Cardinali ha commosso e riempito di gioia tutta la Chiesa bolognese. Mentre al Vescovo Matteo è chiesta una più stretta collaborazione con il Papa nel governo della Chiesa universale, sentiamo in questa nomina anche la conferma del cammino di rinnovamento missionario intrapreso dalla Diocesi. Al nuovo dono di Papa Francesco, tutte le componenti della Chiesa di Bologna vorranno corrispondere con la preghiera e il sostegno all’Arcivescovo, di cui ben conoscono lo spirito che lo anima nel servizio di Cristo e della Chiesa”». La diocesi felsinea ricorda anche che «la nomina si inserisce nella lunga tradizione di cardinali a Bologna e segnala anche lo speciale rapporto di mons. Zuppi con Papa Francesco, che lo ha inviato Arcivescovo a Bologna. La nomina è anche un riconoscimento della plurisecolare fedeltà della Chiesa di Bologna alla Sede Apostolica».

«È una notizia che Bologna accoglie con grande gioia – ha commentato il sindaco Virginio Merola – certi, come cittadini, che il Pontefice abbia riconosciuto in Matteo Zuppi le grandi qualità umane e spirituali che noi, da tre anni, incontriamo quotidianamente in lui, nelle sue parole, nei suoi gesti». E il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha detto che «è una bellissima notizia per tutta la comunità regionale. Lo è perché monsignor Zuppi, in questi anni in cui ha retto l’Arcidiocesi di Bologna, ha saputo rappresentare un prezioso punto di riferimento, per tutti. Una figura, la sua, che si è caratterizzata, nell’ambito della propria missione pastorale, per l’apertura al dialogo, all’accoglienza, sempre pronto a prestare aiuto a chi più ha bisogno».