“Neeton”. Un progetto a misura di giovani disoccupati

Il 15 ottobre presso la sede Elis di Roma si svolgerà il Recruiting Day. I 20 selezionati potranno diventare addetti alle vendite dopo aver frequentato un corso di formazione

Un progetto a misura di giovani disoccupati

Neeton è il progetto di Bosch Italia – realizzato in collaborazione con Lablaw Studio Legale Failla Rotondi & Partners, Manpower Group, Generation Italy (Fondazione no-profit creata da McKinsey & Company) e la scuola di formazione Bosch Tec – volto a favorire l’inserimento dei Neet (Not Engaged in Education, Employment or Training) nel mondo del lavoro.

L’Italia è al primo posto in Europa per numero di Neet, ragazzi tra i 20 e i 34 anni che non sono impegnati in un percorso formativo e professionale, con una percentuale pari a 28,9% (Fonte: Eurostat). Per questo Bosch, da sempre vicina ai temi della formazione e dell’orientamento al futuro professionale dei giovani, in partnership con Manpower Group, ha scelto di dedicare a questi ragazzi un progetto ad hoc

Avviato a marzo 2019 a Udine, Neeton ha coinvolto 14 ragazzi provenienti da Italia, Albania, Georgia e Romania che hanno avuto la possibilità di conoscere da vicino la realtà aziendale, grazie all’esperienza svolta presso Freud Spa, società del Gruppo Bosch. A sette ragazzi che si sono distinti per partecipazione, iniziativa, contributo e motivazione è stato offerto un rapporto di lavoro subordinato con contratto di somministrazione. Nel corso della conferenza stampa, uno dei ragazzi ha raccontato la sua esperienza di formazione e lavoro grazie alla partecipazione al progetto.

«Motivare i ragazzi che per anni sono rimasti sospesi in un limbo, fuori dalla società educativa, formativa e produttiva apre loro nuovi orizzonti, offre loro, insieme a una nuova consapevolezza, la possibilità di sviluppare know-how e competenze tecniche. Il progetto presentato questa mattina e rivolto alla ricerca attiva del lavoro per i giovani che non lavorano e non studiano – voglio ricordare che stando agli ultimi aggiornamenti dei dati Eurostat per l’anno 2018, i Neet italiani tra i 20 e i 34 anni sono il 28,9% – è una grande opportunità. Un percorso, dunque, che tocca tanto il piano formativo quanto quello personale per avvicinare concretamente i giovani al mondo del lavoro», ha sottolineato Sonia Schellino, vice sindaca della Città di Torino che conclude «per questo sono lieta che il progetto Neetonpossa partire anche nella nostra città. L’Amministrazione si impegna, fin da ora, a garantire ai partner dell’iniziativa tutta la collaborazione necessaria».

«Neeton è il progetto attraverso il quale Bosch ha l’obiettivo di offrire un percorso formativo che sviluppi know-how e competenze tecniche, ma soprattutto maggiore consapevolezza e conoscenza di sé stessi. Vogliamo generare competenza e trasmettere il messaggio che c’è sempre spazio e tempo per migliorarsi con allenamento e passione, oltre che offrire un’esperienza concreta che avvicini i giovani al mondo del lavoro. Mi auguro che sempre più aziende e Istituzioni diventino sensibili a tale fenomeno e contribuiscano a creare opportunità e diffondere fiducia fra questi ragazzi», ha dichiarato Roberto Zecchino, vice presidente Risorse Umane e Organizzazione di Robert Bosch Sud Europa.

«L’iniziativa che Lablaw ha promosso insieme ai nostri partner dimostra che è possibile intervenire con successo in fenomeni sociali ampi e complessi come quello dei Neet, se tutti facciamo uno sforzo di progettualità collegiale. I diversi soggetti che a vario titolo compongo il mondo de lavoro, dell’impresa e dell’istruzione devono fare sistema e porre al centro della loro iniziativa il recupero di migliaia di giovani al mondo del lavoro. E la chiave, nello specifico, è certamente la formazione. Ma un’attività formativa che poggi su alcuni capisaldi di fondo. Da un lato le competenze tecniche che garantiscono occupilità e dall’altro l’allenamento costante verso le competenze umane, ossia quelle indispensabili soft skills che permettono una reale crescita professionale. Tutto questo si può fare e ci auguriamo che progetti come Neeton siano da monito per interventi più ampi per arginare un fenomeno non più tollerabile», ha affermato Francesco Rotondi, giuslavorista e managing partner Lablaw. 

«Manpower Group ha sempre investito in progetti che favoriscano l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, puntando a colmare il gapdi competenze rispetto alle esigenze effettive delle imprese – ha spiegatoRiccardo Barberis, amministratore delegato di Manpower Group Italia –. I programmi di formazione rivestono un ruolo sempre più cruciale per la crescita economica del tessuto industriale e il progetto Neeton risponde proprio a questa esigenza, offrendo uno strumento concreto di lavoro e formazione ai giovani che non studiano e non lavorano. I ragazzi che verranno selezionati saranno protagonisti di laboratori professionalizzanti attraverso i quali acquisiranno competenze tecniche e capacità relazionali che li aiuteranno ad orientarsi e ad entrare nel mondo del lavoro». 

«Nel nostro Paese 1,3 milioni di giovani sono alla ricerca di un posto di lavoro e, al tempo stesso, le aziende dichiarano di avere difficoltà nel ricoprire oltre 730mila posizioni. Due mondi che fanno fatica a incontrarsi. Generation Italy ha l’ambizione di contribuire a colmare questa distanza attraverso una formazione professionalizzante di breve durata, esperienziale, che parte dalle esigenze delle aziende – ha commentatoOscar Pasquali, Country Manager di Generation Italy –. Siamo orgogliosi di annunciare questa partnership con Neeton che pone al centro le competenze come importante leva di crescita, sia per i giovani per costruire il proprio percorso di sviluppo personale e professionale, sia per le aziende per cui persone e competenze rappresentano un fattore imprescindibile per il successo».

Il 15 ottobre, presso la sede Elis di Roma (Via Sandro Sandri 45/81) si svolgerà il Recruiting Day, durante il quale i partecipanti avranno l’opportunità di incontrare e sostenere un colloquio con i referenti aziendali del Gruppo Bosch, di ManpowerGroup e di Generation Italy. Sarà l’occasione per far emergere la propria motivazione ad intraprendere un percorso formativo utile per il proprio futuro professionale.

Agli oltre 20 ragazzi che saranno selezionati sarà offerta l’opportunità di poter diventare addetti alle vendite. Attraverso circa 250 ore di formazione in aula e on the job, distribuite nell’arco di tre mesi, i giovani avranno la possibilità di acquisire non solo competenze tecniche ma anche soft skills, strumenti indispensabili per la ricerca attiva del lavoro. Per vivere quest’esperienza, i ragazzi disoccupati da almeno 12 mesi e residenti in Italia, possono inviare la propria candidatura sui siti web di Bosch, Manpower e Generation.

Avvenire

Dibattito. Tutti alla ricerca di veri maestri

In un’epoca di influencer e massificazione, due saggi di Gorini e Zagrebelsky delineano le prospettive per pensare a una scuola autorevole e capace di formare alla vita e alla libertà intellettuale

Tutti alla ricerca di veri maestri

Avvenire

C’è una poesia di Vittorio Sereni, intitolata Il grande amico, che recita così: «Un grande amico che sorga alto su di me / e tutto porti me nella sua luce / che largo rida ove io sorrida appena / e forte ami ove io accenni a invaghirmi». Più che di “amico”, questa è la definizione di “maestro”. Non a caso Gustavo Zagrebelsky parte proprio da questi versi del poeta di Luino per svolgere un’approfondita riflessione sull’essenza, sul ruolo e sulla presenza dei “maestri” nella società di oggi. Lo fa in un saggio pubblicato dal Mulino, Mai più senza maestri (pagine 160, euro 14,00). L’autore, già presidente della Corte costituzionale e docente di Diritto all’Università di Torino, parte dal significato letterale del vocabolo, per riflettere su come il concetto si sia sminuito nel tempo, e specialmente in questi nostri tempi travagliati: « Magister (con i derivati: maestro, mastro, master, maître) è generato da magnus e da magis, dalla radice magh, comune nelle lingue indeuropee. Indica qualcosa di grande in tutti i sensi della parola: magno, magnifico, mago, maggio (il mese di Maia, la dea dell’abbondanza)». 

E se i contestatori del ’68 avevano come slogan “Mai più maestri!”, i giovani di oggi sembrano non farsi troppi problemi a seguire e a idolatrare i “nuovi maestri” della comunità digitale, vale a dire i cosiddetti influencer. Così dal “maestro di vita” si è passati al trend setter, a chi impone mode e tendenze, soprattutto sui social, con migliaia o milioni di follower. Dobbiamo rassegnarci a questa situazione? Zagrebelsky è convinto di no, ritiene anzi doveroso, per il futuro del mondo in cui viviamo, porre al centro del dibattito «l’attività intellettuale come alimento della vita sociale e politica, come interrogazione fondamentale sul senso della convivenza degli esseri umani, come capacità di rivoltare il senso comune delle cose e di scuotere la routine che ci avvolge». Ciò significa far capire ai ragazzi che la cultura è ancora una linfa spirituale insostituibile, è ciò che collega tra loro le generazioni, consentendo la sopravvivenza del pensiero oltre i limiti della vita biologica: come i tratti somatici si trasmettono geneticamente, così quelli spirituali si trasmettono culturalmente. 

Si crede nella cultura quando si ha fiducia nel futuro; invece la cultura muore quando si dispera del futuro. L’educazione (che è il compito precipuo dei maestri) si basa su una delicata combinazione tra autorità (parola la cui etimologia va ricollegata al verbo latino augere, aumentare) e coinvolgimento emotivo. Zagrebelsky presuppone al limite anche una componente di coercizione (sarebbe ingenuo pensare che questa dimensione possa essere del tutto assente, per esempio, nel contesto scolastico), certamente equilibrata e temperata da regole condivise e da buon senso, ma bisogna sempre ricordarsi che se gli studenti non sono emotivamente coinvolti ogni sforzo risulterà alla fine vano, perché così il sapere non “passa”. Nella scuola odierna pare invece prevalere una visione sempre più “tecnica” del sapere, che finisce per trascurare la soggettività dei discenti. Aggiunge l’autore: «I tecnici fanno parte dell’establishment, i maestri no o, quantomeno, cercano di difendersene. Per questo, indubbiamente, i primi sono valorizzati, protetti, coccolati, mentre i secondi non sono ben visti e, per lo più, sono ignorati e resi innocui». 

Forse a questa categoria dei maestri negletti e marginalizzati dall’attuale sistema di istruzione ascriverebbe se stesso Tiziano Gorini, docente livornese che ha composto per Armando Editore un vo- lume intitolato Il professore riluttante (pagine 128, euro 12,00), a metà tra racconto autobiografico e riflessione saggistica. Gorini spiega come oggi la scuola italiana sembri pensata (dalle varie riforme e riformine che si sono susseguite a ritmo vorticoso negli ultimi anni) per combattere ogni “pensiero divergente”, e, invece, per appiattire e omologare il più possibile gli stili didattici dei singoli insegnanti e, dunque, i profili in uscita degli studenti. Scrive l’autore: «Il pensiero divergente è un comportamento cognitivo affascinante per la creatività che esibisce, utile per la ricerca di soluzione di problemi e per l’innovazione che consente quando quelle soluzioni si dimostrino valide. Lo individuò lo psicologo Guildford negli anni Cinquanta del secolo scorso, indicandone le caratteristiche di fluidità (il numero delle idee prodotte), flessibilità (la capacità di pensare seguendo strategie inusuali) ed originalità (la formulazione di idee non conformiste); è un pensiero stravagante, che non si lascia incastrare nelle routines cognitive e nella banalità dei preconcetti, che naviga tra differenti prospettive intellettuali ed esplora lo spazio della possibilità». Gorini dà qui una definizione di che cosa significhi essere davvero maestri: non dogmatici, non settari, autorevoli ma non autoritari (con quella giusta dose di autorità di cui parlavamo prima, che si basi sull’autorevolezza e non sull’autoritarismo).

Ecco perché è giusto essere “riluttanti” rispetto a un modo di concepire la scuola (e di farla) che non aiuta né gli insegnanti né, a maggior ragione, i ragazzi. All’idea di un’istruzione non basata su un arido e sterile approccio tecnicistico, bensì fondata su solidi valori esistenziali (la cui trasmissione non può che giocarsi in uno spazio di libertà) fa riferimento il celebre filosofo, psicologo, sociologo e pedagogo tedesco Georg Simmel (1858-1918), del quale Mimesis Edizioni manda in libreria il saggioL’educazione come vita. Per una nuova pedagogia della scuola (a cura di Alessandra Peluso, pagine 210, euro 16,00). Il volume raccoglie le lezioni tenute da Simmel all’Università di Strasburgo nel semestre invernale 1915-1916, che, nonostante sia passato più di un secolo, contengono intuizioni ancora validissime, quando non addirittura profetiche per quei tempi, e persino per i nostri. Simmel identifica molto chiaramente la necessità di un giusto contemperarsi di libertà e orientamento che il maestro deve offrire ai suoi allievi: «Prima di potersi creare un sentiero, occore imparare a camminare. Ma, quando si è imparato, bisogna cercarsi anche la strada. D’altro canto, la scuola deve dare una norma e formare il pensiero dichiaratamente proprio, se non corrisponde alla vera personalità o se è oggettivamente fallace». 

Scendendo sul piano più concreto delle specifiche strategie didattiche, queste pagine presentano alcune indicazioni che potrebbero essere utilmente meditate nella nostra scuola, dove, per esempio nell’insegnamento dell’Italiano (ma non solo), c’è la tendenza a sottoporre gli studenti a prove sempre più strutturate e in qualche modo “ingabbiate”. Andrebbero evitate – scriveva Simmel – «temi con tracce rigorosamente determinate » e «l’adozione di contenuti preformati ed estranei allo scolaro». Queste tendenze didattiche, oggi più forti che mai, sono la conseguenza (affermava ancora Simmel) «del principio per cui l’importante è la prestazione compiuta e non l’uomo da educare». Ma se il compito della scuola fosse il primo, e non il secondo, i maestri non servirebbero più: basterebbero dei buoni computer e, per il resto, ci si potrebbe accontentare degli influencer. 

MIGRANTI, OGGI PAPA CELEBRA GIORNATA MONDIALE RIFUGIATO

ansa

BARCONE CON 50 SI RIBALTA A LARGO LIBIA, IN MAROCCO 7 MORTI Oggi la Chiesa cattolica celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato: alle 10:30 messa di papa Francesco in piazza San Pietro; alle 12 l’angelus. Si ribalta un barcone con oltre 50 migranti davanti alla Libia. Trovati morti sette profughi marocchini a nordest di Casablanca. Ieri sera avvistato un barchino al largo di Lampedusa. 

Inaugurata la più grande moschea dell’Africa occidentale


Rivista Africa 

A Dakar (Senegal) è stata inaugurata ieri, 27 settembre, «Massalikul Jinaan» («I sentieri del paradiso»), gigantesca moschea (la più imponente dell’Africa occidentale) della confraternita murid. È stato un evento religioso, ma anche politico perché erano presenti anche il presidente Macky Sall e l’ex capo di stato Abdoulaye Wade che hanno partecipato insieme alla Grande Preghiera.