Diocesi: Reggio Emilia, si è spento don Alessandro Manenti, studioso e docente di psicologia

 

“Togli, Signore, il sipario al nostro dolce incontro. I ‘poveri’ che in terra ho cercato di aiutare presentino la mia anima bisognosa di misericordia al Padre perché mi accolga vicino a Lui. I momenti sublimi con Lui che mi ha donato in terra possano ora diventare eterni”. Queste le pregnanti riflessioni – quasi una preghiera – che don Alessandro Manenti, spentosi il 27 agosto all’età di 71 anni dopo un a lunga e dolorosa malattia aveva predisposto perché fossero riportare sul suo ricordino funebre.

Mons. Manenti, noto per i suoi studi in campo psicologico e per l’attività di docente di questa disciplina, era originario della parrocchia cittadina di Santa Teresa; nato a Reggio Emilia l’11 gennaio 1948, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 6 ottobre 1973 in cattedrale dal vescovo Gilberto Baroni.

Sacerdote di elevata spiritualità, profonda cultura e ampi studi, don Sandro ha dedicato in particolare alla psicologia la sua attività di ricerca e di insegnamento. Infatti, ha frequentato dal 1973 al 1975 a Roma la Pontificia Università Gregoriana, conseguendovi la licenza in psicologia e il baccellierato e la licenza in teologia. Nell’Università Statale di Roma si è laureato in lettere e filosofia.

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E’ stato insegnante di psicologia e filosofia etica nello Studio Teologico Interdiocesano dal 1975, di cui è stato preside dal 1995 al 2005.

Numerosi gli incarichi ricoperti in diocesi: dal 1975 al 1976 vicerettore del Seminario urbano; dal 1991 al 1996 direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale familiare e dal 1991 al ’96 incaricato per la formazione permanente del clero giovane; dal 1977 all’86 insegnante nella  Scuola di Teologia pastorale e dal 1986 al 1998 nell’Istituto di Scienze religiose. E’ stato anche priore della Pia Unione della Dottrina Cristiana.

Ha ricoperto dal 1975 il ruolo di consulente psicologico del Consultorio familiare dell’Unità sanitaria locale di Reggio Emilia e dal 1981 al 2008 del Consultorio familiare diocesano, di cui è stato iniziatore.

Psicoterapeuta, dal 1979 è stato docente di psicologia nell’Istituto di psicologia della Pontificia Università Gregoriana e insegnante alla scuola per Educatori, di cui è stato iniziatore e direttore dal 1977 al 1998, divenuta nel 1997 Istituto Superiore per Formatori, collegato. All’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana. Anche il futuro cardinale Pietro Parolin ha partecipato alle iniziative formative di don Sandro Manenti come lo stesso porporato aveva ricordato  con gratitudine e ammirazione in Ghiara il 29 aprile scorso.

Insegnante alla Scuola Adleriana di psicoterapia dal 2005, è stato iniziatore e direttore della rivista «Tredimensioni» (ed. Àncora) e della collana «Psicologia e Formazione» (ed. Dehoniane). E’ autore di numerose, qualificate e apprezzate pubblicazioni scientifiche, tra cui “Psicologia e formazione”, “Vivere gli ideali”, “Vocazione, psicologia e grazia”, “Coppia e famiglia: Come e perché”, “Comprendere e accompagnare la persona umana”, “Hanno ancora bisogno di noi”, “Il pensare psicologico”, “Noi per loro. Criteri orientativi per genitori di bambini da 0 a 10 anni”.

E’ stato apprezzato relatore in iniziative di aggiornamento in psicologia per docenti e dirigenti scolastici i di psicologia organizzate dall’UCIIM reggiana con AIMC e AGe presso il Centro Giovanni XXIII, tra cui il corso “Il problema del senso della vita: etiche contemporanee a confronto” nel 1996 e gli incontri “Alla ricerca del proprio luogo caldo” nel 2001 e “Il gruppo classe: riconoscere tensioni e rabbie che esplodono” nel 2006.

Don Sandro riposa da giovedì 29 agosto nella tomba di famiglia nel cimitero monumentale di Reggio.

agensir

Nigeria. Raid in un villaggio, 50 rapiti. Ucciso un altro sacerdote

I vescovi denunciano in una lettera apostolica i rischi corsi dalla popolazione minacciata dalle stesse forze dell’ordine e non protetta dal governo
Un villaggio del nord della Nigeria in una foto d'archivio (Ansa)

Un villaggio del nord della Nigeria in una foto d’archivio (Ansa)

da Avvenire

Almeno 50 persone, tra cui donne incinte e bambini, sono stati rapite durante l’attacco a un villaggio nel nord-ovest della Nigeria. Lo riferiscono i media locali.

Il blitz compiuto da almeno cento criminali armati è avvenuto martedì a tarda sera nel villaggio di Wurma, vicino a Katsina. Una donna, le cui due figlie erano tra le persone sequestrate, ha detto che più di 100 banditi hanno lanciato l’assalto «sparando da tutte le angolazioni». «Hanno operato per circa tre ore senza che nessuno li sfidasse», ha detto. Hanno preso anche pecore, capre e cibo. Alcuni rapiti sarebbero stati rilasciati in seguito a scontri armati con le forze dell’ordine.

La polizia riferisce che i rapiti sono 15, ma secondo la testimonianza di alcuni abitanti sono almeno 53. Alcune famiglie avrebbero ricevuto richieste di riscatto.

Ucciso un altro sacerdote

Ancora un prete ucciso in Nigeria, è l’undicesimo in Africa quest’anno. L’omicidio è avvenuto nello stato di Taraba, nell’est, probabilmente a opera di rapinatori. Padre David Tanko era in viaggio per Takum, dove avrebbe preso parte a un incontro sulla pace. La sua auto è stata fermata da banditi, che l’hanno ucciso e hanno dato fuoco all’auto con il corpo. Padre Tanko è il terzo sacerdote ucciso in Nigeria quest’anno. Per le autorità l’omicidio sarebbe da attribuire alle milizie Tiv attive nella zona.

I vescovi: la popolazione è vittima del governo e dei banditi

«La popolazione è tra due fuochi: i soprusi di politici, militari e forze dell’ordine, da una parte, le violenze e le razzie dei pastori Fulani e di altri banditi, dall’altra» denunciano in una lettera pastorale i vescovi della Provincia ecclesiastica di Owerri (capitale dello stato dell’Imo), nel del sud-est della Nigeria, che comprende anche le diocesi suffraganee di Aba, Ahiara, Okigwe, Orlu e Umuahia (capitale dello Stato Federato di Abia).

«Ogni giorno, in tutti i nostri Stati, ascoltiamo storie strazianti di rapimenti, stupri, mutilazioni, estorsioni, accaparramento di terre, uccisioni e distruzione delle fonti di sostentamento delle persone. Continuiamo a sperare invano che i pubblici funzionari eletti e gli agenti di sicurezza proteggano i nostri cittadini come previsto e sancito dalla Costituzione» si legge nel documento, pervenuto all’Agenzia Fides.

I vescovi esortano i fedeli a pregare e a rimanere vigili «nel promuovere la visione cristiana al fine di contrastare l’ideologia brutale dell’odio, della malvagità e della violenza», ma lanciano anche un messaggio ai politici: «Il governo nigeriano e i suoi leader devono assumersi l’obbligo costituzionale di proteggere e difendere ogni cittadino nigeriano indipendentemente dalla sua appartenenza religiosa o etnica».

Domani, 30 agosto, si terrà nelle diocesi interessate una giornale speciale di preghiera per la pace in Nigeria.

Lutto. Addio a Silvestrini, uno dei protagonisti della diplomazia vaticana

Aveva 95 anni. Era prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali
Il cardinale Achille Silvestrini, in un'immagine del 2010 (Ansa)

Il cardinale Achille Silvestrini, in un’immagine del 2010 (Ansa)

da Avvenire

È morto stamani in Vaticano il cardinale Achille Silvestrini. Con lui scompare una delle figure più rappresentative della diplomazia e in particolare della Segreteria di Stato vaticana della seconda metà del Novecento.

Il porporato infatti, che avrebbe compiuto 96 anni il prossimo 25 ottobre, lavorò ininterrottamente nel Palazzo Apostolico dal 1953 al 1988 – al servizio di cinque Papi – ricoprendo dal 1973 al 1979 la carica di vice e dal 1979 al 1988 quella di “ministro degli esteri” della Santa Sede, avendo come superiore l’arcivescovo e poi cardinale Agostino Casaroli. E terminò il suo servizio come cardinale alla guida della Segnatura Apostolica dal 1988 al 1991 e poi da prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali fino al 2000.

Il suo nome è legato alla stagione della Ostpolitik vaticana con i primi contatti con le martoriate comunità dell’Europa orientale e con i governi comunisti e alle trattative che hanno portato alla revisione del Concordato con l’Italia. Ma la sua attività apostolica è legata anche a Villa Nazareth, l’istituzione a favore dei ragazzi meritevoli ma provenienti da famiglie meno abbienti e dove sono passati tra gli altri anche l’attuale cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e il premier Giuseppe Conte. È qui che “don Achille” è stato amorevolmente accudito negli ultimi anni della sua vita segnati dalla malattia.

Il cardinale Silvestrini, originario di Brisighella, era entrato a diciannove anni nel Seminario Diocesano faentino ove, il 13 luglio 1946, era stato ordinato sacerdote dal vescovo Giuseppe Battaglia. Iscritto nel contempo alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, vi aveva conseguito la Laurea in lettere classiche con una tesi su “Lo Statuto fondamentale degli Stati di Santa Chiesa” promulgato da Pio IX nel 1948. Inviato a Roma nel 1948, si iscrisse al Pontificio Seminario per gli studi Giuridici di Sant’Apollinare, frequentando la Pontificia Università Lateranense, ove si laureò in Utroque iure.

Nel 1952 era divenuto alunno della Pontificia Accademia Ecclesiastica e nel dicembre 1953, regnante Pio XII, era entrato nel servizio diplomatico nella Sezione per gli Affari ecclesiastici straordinari della Segreteria di Stato, occupandosi dei problemi del Vietnam, della Cina, dell’Indonesia e in genere del Sud-Est asiatico. Dal 1958 al 1969, con Giovanni XXIII e Paolo VI, era stato tra i collaboratori dei Segretari di Stato Domenico Tardini ed Amleto G. Cicognani. Rientrato al Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, nuova denominazione assunta dalla Sezione per gli Affari ecclesiastici straordinari, si era occupato del Settore Organizzazioni Internazionali – problemi della pace, disarmo e diritti dell’uomo. Nel 1971aveva accompagnato l’Arcivescovo Casaroli nella visita a Mosca per depositarvi lo strumento di adesione della Santa Sede al Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. Nel 1972 era stato designato delegato-aggiunto alle consultazioni di Helsinki in preparazione della Conferenza sulla sicurezza e la Cooperazione in Europa, partecipando successivamente, a Helsinki e a Ginevra, a tutte le fasi della Conferenza. Nel 1977 era stato capo-delegazione aggiunto alla Riunione di Belgrado, per la verifica e lo sviluppo dell’atto finale di Helsinki. Aveva inoltre guidato le delegazioni della Santa Sede alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dell’energia nucleare (Ginevra 1971) e alla Conferenza sull’attuazione del Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (Ginevra 1975). Nel luglio 1973 papa Montini lo aveva nominato Sotto-Segretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa. E nel maggio 1979 Giovanni Paolo II lo aveva promosso arcivescovo segretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa. L’ordinazione episcopale gli era stata conferita il 27 maggio dal Pontefice in San Pietro.

Come “ministro degli esteri” vaticano Silvestrini aveva guidato dal 1979 la Delegazione della Santa Sede per la Revisione del Concordato lateranense, conducendo le trattative con le autorità italiane fino alla firma dell’Accordo del 18 febbraio 1984. Innumerevoli poi sono state le missioni diplomatiche da lui compiute da nel corso di quegli anni. Ecco quelle elencate nella sua biografia ufficiale: rappresentante della Santa Sede a Madrid alla riunione per la sicurezza e la Cooperazione in Europa 1980-83; inviato a Malta (1981); a Buenos Aires, per la crisi delle Malvine-Falklands (1982); in Nicaragua e in El Salvador (1983); in Polonia (maggio 1983); ad Haiti per la modifica del Concordato (1984); a Stoccolma, come capo della Delegazione della Santa Sede alla sessione inaugurale della conferenza sul disarmo in Europa (1984); ad Helsinki, per la celebrazione del X anniversario della firma dell’Atto finale della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; ancora a Malta, per la definizione di un accordo sulle scuole della Chiesa (1985); in Libano e in Siria (1986); di nuovo a Malta per l’Esame di materie riguardanti le relazioni tra la Chiesa e lo Stato (1986); ancora in Polonia (1987).

Il 28 giugno 1988 Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale e il successivo 1° luglio lo aveva nominato Prefetto della Segnatura Apostolica, dove era rimasto per appena un triennio. Nel maggio 1991 infatti papa Wojtyla lo trasferì ad un incarico più consono alla sua esperienza e alle sue capacità, quella di Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali dove era rimasto fino al novembre 2000, quando aveva già superato i 77 anni.

Terminato il suo servizio diretto nella Santa Sede il cardinale Silvestrini si era potuto dedicare alla “Comunità” sorta da un gruppo di ex-alunni laureati, professionisti e amici di Villa Nazareth, da cui nel 1986 è nata la Fondazione “Comunità Domenico Tardini”, che ha preso in affidamento dalla fondazione Sacra Famiglia di Nazareth la responsabilità delle attività formative e di gestione. Negli ultimi anni ad affiancarlo in questa missione è arrivato un suo ex “allievo” nella diplomazia vaticana, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, che non a caso ha avuto un ruolo in quelle delicate trattative con la Cina che sono state quasi una riedizione della Ostpolitik vaticana aggiornata ai tempi di papa Francesco.

Con la sua morte di Achille Silvestrini il Collegio cardinalizio risulta composto da 215 cardinali, di cui 118 elettori e 97 non elettori.

Senza acqua potabile 210 milioni di bambini. I dati drammatici dell’Unicef relativi alle aree di conflitto o con gravi instabilità politiche

L’Osservatore Romano

Ogni bambino ha diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Eppure, ogni giorno, centinaia di milioni di bambini ne fanno a meno. A livello globale, in aree instabili e colpite da conflitti, 420 milioni di bambini non dispongono di servizi igienici di base e 210 milioni di bambini non hanno accesso ad acqua potabile sicura. A denunciarlo è il Rapporto «Acqua sotto il fuoco» che l’Unicef lancia nell’ambito della Settimana mondiale dell’acqua, dedicato appunto al legame tra emergenze, sviluppo e pace nelle aree instabili e colpite da conflitti.A livello globale, oltre ottocento milioni di bambini vivono in 58 aree appunto instabili e colpite da conflitti, compresi 220 milioni di bambini che vivono in quindi contesti estremamente instabili. Quelli che vivono in queste ultime aree, rileva il rapporto, hanno quattro volte maggiori probabilità di non avere servizi igienico-sanitari di base e otto volte più probabilità di non avere servizi di acqua potabile di base. Nei conflitti, l’acqua non sicura può essere mortale quanto i proiettili. In media, i bambini al di sotto dei 15 anni in aree di conflitto hanno quasi il triplo delle probabilità di morire per malattie legate all’acqua non sicura e ai servizi igienico-sanitari rispetto alla violenza diretta.
Per i bambini più piccoli, la situazione è peggiore: quelli al di sotto dei cinque anni hanno probabilità di morire per malattie legate all’acqua e ai servizi igienico-sanitari venti volte maggiori rispetto a quelle di morire per violenza diretta. Secondo i dati rilevati dall’Unicef, entro il 2030 l’80 per cento delle persone più povere del mondo vivrà in Stati instabili e colpiti da conflitti. Negli ultimi anni, più di 120 milioni di persone ogni anno hanno avuto bisogno di assistenza e protezione umanitaria urgente.
Le crisi in tutto il globo sono più numerose, colpiscono più persone e durano più a lungo di quanto accadesse dieci anni fa. Nel 2018, 70,8 milioni di persone sono state costrette a sfollare, per lo più a causa dei conflitti. Metà erano bambini. Se i conflitti durano molto, la durata media dei piani di risposta umanitaria messi in piedi dalle organizzazioni internazionali è aumentata da 5,2 anni nel 2014 a 9,3 anni nel 2018. L’accesso all’acqua potabile in questi contesti è spesso compromesso; le infrastrutture sono danneggiate a seguito degli scontri armati o in disuso, le condutture interrotte o inquinate e la raccolta dell’acqua è pericolosa: i bambini si ammalano, le scuole e gli ospedali non funzionano, le malattie e la malnutrizione si diffondono, spesso fatalmente.
L’Osservatore Romano, 29-30 agosto 2019