«La Chiesa, modello contro l’individualismo»

Salvioli: «La Chiesa, modello contro l'individualismo»

L’iperindividualismo contemporaneo è un problema oggi non aggirabile. Così come la dissoluzione del legame sociale in atto. Dinanzi a essi la teologia non può ritrarsi. Né affrontarli in termini meramente morali. Per la Chiesa costituiscono una questione a cui non può evitare di dare una risposta provando a proporre una soluzione alla crisi del legame sociale. Coraggiosamente se ne fa carico Marco Salvioli, presbitero dell’Ordine dei Predicatori, affrontandolo con radicalità in La Chiesa generatrice di legami. Una risposta ecclesiologica ai limiti dell’individualismo liberale, in dialogo con Stanley Hauerwas, John Milbank e William T. Cavanaugh da poco pubblicato da Vita e Pensiero (pagine 608, euro 38). Il teologo domenicano, docente di Antropologia filosofica allo Studio Filosofico Domenicano (Bologna), Antropologia teo-logica alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna (Bologna) e Teologia presso l’Università Cattolica (Milano) e direttore della rivista Divus Thomas, dopo una ricostruzione genealogica dell’individualismo liberale, tenta di tracciarne delle via d’uscita.

Perché, padre, oggi pensa sia importante lo studio di teologi come Hauerwas, Milbank e Cavanaugh? Quale contributo imprescindibile forniscono al dibattito?
«Il contributo di questi teologi consiste innanzitutto nell’interpretazione critica delle coordinate socio-politiche moderne e contemporanee a partire dal punto di vista offerto dalle grandi categorie teologiche. Tra queste il riferimento costitutivo alla Chiesa, prima e al di là delle differenze confessionali, costituisce sicuramente uno degli elementi caratterizzanti la teologia di questi autori. Il fatto poi che siano teologi appartenenti all’orizzonte di lingua inglese ci aiuta a discernere, in modo tutt’altro che superficiale, i tratti costruttivi e i limiti del significativo influsso culturale che proviene da quel mondo».

In che cosa consiste la ragione liberale? E come è riuscita a imporsi?
«Si tratta di un’espressione che Milbank utilizza per caratterizzare il pensiero politico moderno così come si è sviluppato a partire dal cambiamento di paradigma operato principalmente da Thomas Hobbes e proseguito da John Locke, sulla scia dell’impianto nominalista e volontarista. I motivi che hanno portato questa forma della ragione ad imporsi sono molteplici e da ricercare soprattutto nel complesso intreccio di eventi politici ed economici che hanno segnato la storia dell’Europa dalla disgregazione dell’unità medievale».

Perché è importante una teologia sociale?
«La teologia è chiamata ad interpretare alla luce della Rivelazione ogni aspetto della realtà. Essa non può pertanto esimersi dal-l’offrire una visione cristiana della fondamentale convivenza umana, in quanto la salvezza stessa, come è stato autorevolmente messo in luce da Henri de Lubac, ha un carattere intrinsecamente sociale».

In che senso l’ecclesiologia fornisce un modello alternativo alla ragione liberale?
«L’ecclesiologia mostra che l’umana società non è da considerare come un mero composto eterogeneo di individui, ma come una realtà che, attraverso una tessitura reale di legami interpersonali divino- umani, oltrepassa effettivamente la semplice somma delle sue parti».

In cosa la sua proposta si distingue da quella dei tre teologi post-liberali?
«Più che distinguermi da Hauerwas, Milbank e Cavanaugh, ho cercato di prolungare la loro riflessione concentrandomi sulla genealogia intellettuale dell’iperindividualismo contemporaneo, per poi mostrare come la Chiesa, nel-l’essere semplicemente se stessa, costituisca la concreta condizione di possibilità per la rigenerazione del legame sociale. In questo senso, si è rivelata decisiva la rilettura, sulla base di alcune categorie di san Tommaso d’Aquino, della Lettera gli Efesini e della Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II».

Lei parla di «fraternità sociale postmoderna». Può spiegare questa idea?
«In forza del dualismo tra fede e ragione, si è pensata la fraternità nei termini di un astratto universalismo che nulla toglie al fondamentale impianto individualistico della ragione liberale. Con Milbank possiamo invece concepire la realtà sociale come una fraternità post-secolare a centri concentrici, dove il più interno corrisponde alla pienezza della fraternità all’interno della Chiesa mentre il più esterno verrebbe a coincidere con coloro che non appartengono alla Chiesa, ma che inoberto teragiscono col clima di fiducia e di donoscambio che s’irradia dal suo interno. In termini più semplici si tratta di porre a tema la fraternità sociale oltrepassando le strettoie della contrapposizione tra credenti e non-credenti, ma senza nulla togliere al primato della grazia».

La Chiesa come “Mistero dei legami nel Legame”. Come è arrivato a questa definizione? E cosa comporta?
«È una sintesi della visione sottesa a Ef 4,1516: “Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità”. Si tratta di concepire l’intreccio dei legami di fede, speranza e carità che ci uniscono al Cristo e, in Lui, tra noi in modo da porre al centro del mistero ecclesiale la relazione interpersonale».

Ubi Ecclesia, ibi societas. Così lei conclude il suo lavoro. Come la Chiesa diventa generatrice di legami in un mondo pervaso dall’individualismo liberale?
«Se il liberalismo è stato un grande movimento socio-politico-culturale che ha permesso alla nostra civiltà di svilupparsi, non per questo non se ne devono criticare gli inevitabili limiti. Tra questi vi è lo slittamento dell’individualismo nella dissoluzione del legame sociale. A fronte di questo fenomeno, la Chiesa porta con sé un patrimonio di vita-relazione essenzialmente generativo, non solo perché è chiamata a generare sempre nuovi figli di Dio, ma perché quest’azione di grazia ridonda a vantaggio di tutti».

I fondamenti della morale

morale fondamentale

Il volume intende raccogliere e fare propria la ricca tradizione teologico-morale della comunità cristiana e del suo magistero. Otto sono le linee guida che hanno diretto il lavoro di Massimo Regini, presbitero della diocesi di Pesaro, licenziato in teologia morale alla Gregoriana nel 1991, addottorato alla Lateranense nel 2006 e docente dal 2007 all’Istituto teologico marchigiano, di cui è anche vicepreside.

L’orizzonte ispiratore è il rinnovamento conciliare del Vaticano II (1), di cui si intende seguire anche lo sviluppo magisteriale negli anni postconciliari, Amoris laetitia compresa (2). Il motivo ispiratore globale e tema centrale ispiratore del percorso morale è per Regini la “vita in Cristo”. Il fondamento della vita cristiana infatti è l’essere in Cristo (3). Due le conseguenze: il riferimento fondativo e abilitativo dei sacramenti della Chiesa (4) e il riferimento al dato antropologico dell’esistenza umana creata e redenta in Cristo (5), che è la risposta in pienezza alla domanda radicale e ineludibile di felicità propria del cuore di ogni uomo.

La connotazione normativa, e non solo descrittiva, della teologia morale trova la sua espressione decisiva nell’orizzonte della vocazione dell’uomo all’amore (6), compimento e sintesi di ogni normatività.

La teologia morale deve avere una solida fondazione biblica (7), come ogni ramo della teologia. L’alleanza sacramentale, che è centrale per l’impegno etico quale vita nuova in Cristo, è il compimento di un’alleanza piena e definitiva in Cristo. Dio si rivela, infatti, per ammettere l’uomo alla comunione con lui e vivere in Cristo una vita nuova.

Il carattere scientifico della teologia morale è espresso nell’intrinseca razionalità dell’argomentare teologico-morale (8). Regini sottolinea come fede e ragione dialoghino in modo molto stretto e la morale teologica rivela un’elevata dignità razionale e relazionale. «Così al centro del discorso etico, biblicamente fondato e razionalmente dimostrato, si pone la centralità della persona umana, della sua altissima dignità e vocazione in Cristo, che le permette di scoprire e vivere la vocazione dell’amore in cui si compie ogni impegno morale e la realizzazione di ogni suo desiderio» (p. 11).

Dopo aver stabilito lo statuto proprio della teologia morale (pp. 13-18), nel capitolo secondo l’autore delinea le sue fonti (pp. 19-116): la conoscenza morale in rapporto alle scienze, la fondazione biblica (morale dell’AT e del NT), la vita di santità della Chiesa (tradizione e magistero), rapporto tra fede e ragione.

Il fondamento dell’agire morale del cristiano (capitolo terzo, pp. 117-134) è intravisto come la risposta alla domanda circa il fondamento, cioè la vita buona e la beatitudine. Il fondamento della vita morale è la vita in Cristo, che ha il suo dinamismo fondamentale nel “portare frutto nella carità” (cf. Gal 5,6). Una conclusione, che è anche un principio, è rappresentata dalla dignità della persona e dalla sua vocazione alla felicità.

La libertà morale connotata dalla vocazione e dalla grazia è oggetto di studio nel capitolo quarto (pp. 135-158). Il cristiano è animato dal vangelo della libertà. La libertà di scelta è l’autodeterminazione. La libertà morale è autorealizzazione. Cristo ci ha liberati per la libertà (Gal 5,1). Siamo liberi per amare.

Nel capitolo quinto (pp. 159-194) Regini studia la legge morale, analizzando la legge eterna, la legge morale naturale, la legge rivelata e la legge umana.

Il capitolo sesto (pp. 195-232) è, invece, dedicato alla coscienza morale: sua definizione, il fondamento biblico, la coscienza attuale e suoi requisiti (rettitudine, verità, certezza), libertà e rispetto della coscienza, la formazione della coscienza.

La scelta (od opzione) fondamentale di libertà (pp. 233-248), il suo rapporto con gli atti particolari, con la scelta di vita e le prospettive pastorali di questa problematica sono la materia di studio del capitolo settimo.

Nel capitolo ottavo (pp. 249-260) Regini si occupa delle scelte di libertà e di verità, analizzando le condizioni di moralità di un atto (conoscenza, volontà) e gli elementi della sua moralità (oggetto, circostanze, intenzione/fine, disordine oggettivo e colpa soggettiva).

L’autore studia, quindi, i principi tradizionali per il discernimento (pp. 261-174): argomentazione deontologica e teleologica della mortalità degli atti umani, l’intrinsece malum, il duplice effetto, la cooperazione al male, l’epicheia, l’esperienza morale.

Il peccato si rivela come falsificazione e fallimento della libertà (pp. 274-320). Il senso del peccato va ben distinto dalla colpevolezza psichica e dal senso di colpa morale. Il senso del peccato è dato dalla consapevolezza religiosa. Regini studia il peccato secondo la Scrittura e la sua analisi teologica, in rapporto all’opzione fondamentale e alle sue conseguenze: vizi, dimensione sociale, antiecclesialità.

La conversione morale nella vita in Cristo è l’oggetto di studio del capitolo undicesimo (pp. 321-338). Si analizza il suo ruolo all’interno della vita di fede, il suo fondamento biblico, le sue dimensioni teologico-morali: conversione e conoscenza del mistero pasquale, riconoscimento del peccato (pentimento e penitenza, il sacramento della conversione con il dono del perdono e della riconciliazione), il cammino verso nuove potenzialità della libertà per il bene (conversione e virtù).

Le virtù morali, caratterizzanti la libertà per il bene, sono analizzate nel dodicesimo e ultimo capitolo del manuale (pp. 339-366). Dall’etica della persona si passa a riflettere sull’etica delle virtù. Dopo una loro definizione concettuale biblica e teologica, si delinea il fondamento teologale dell’agire virtuoso del cristiano, costituito dallo Spirito Santo. L’analisi delle virtù cardinali (temperanza, fortezza, giustizia e prudenza) conclude la poderosa riflessione di Massimo Regini.

Dopo la conclusione (pp. 367-368), seguono una stringata bibliografia dedicata ai soli manuali e ai volumi di saggistica (pp. 369-372) e un sempre utile indice dei nomi (pp. 373-377).

Tutti coloro che sono interessati a rispolverare le proprie conoscenze in materia di teologia morale fondamentale alla luce delle attuali linee di riflessione troveranno in questo ampio manuale un’esposizione chiara e completa delle varie tematiche, di cui ringraziamo di cuore l’autore.

Massimo Regini, Vivere in Cristo. Una teologia morale fondamentale, Collana «Manuali», EDB, Bologna 2018, pp. 384, € 32,00. 9788810430224

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