Corte suprema Pakistan assolve Asia Bibi

(ANSA) – ISLAMABAD, 31 OTT – La Corte suprema del Pakistan ha assolto oggi Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia nel 2010.
Il verdetto accoglie così il ricorso presentato nel 2015 contro la condanna emessa dall’Alta corte di Lahore (Lhc), che nell’ottobre 2014 aveva confermato la decisione di un tribunale di novembre 2010. Gli attivisti per i diritti umani e la e comunità cristiana hanno accolto con favore il verdetto finale della Corte suprema. Khadim Hussain Rizvi, a capo del partito islamista Tehreek-e-Labbaik Pakistan (Tlp), sta invece organizzando una protesta nazionale contro l’assoluzione della donna. Asia Bibi era stata arrestata nel 2009 dalla polizia nel suo villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab, in seguito alla denuncia di altre donne di fede musulmana per blasfemia dopo un presunto reato contro il profeta Maometto durante una discussione.

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’Algeria si prepara alla beatificazione dei 19 martiri cristiani nella diocesi di Oran

Monaci trappisti di Tibhirine in Algeria

vaticannews

“La celebrazione a Oran della beatificazione di mons. Pierre Claverie, dei sette monaci di Tibhirine e di undici religiose e religiosi è un avvenimento assolutamente inedito, non soltanto in Algeria, ma nella storia della Chiesa cattolica. Spero possa lasciare un grande segno di fraternità nel cielo di Oran per il mondo intero”: è l’auspicio del vescovo di Oran, mons. Jean-Paul Vesco, intervistato dal quotidiano El Watan. Il presule spiega che la scelta della sua diocesi, come luogo in cui l’8 dicembre, nella basilica di Notre-Dame di Santa Cruz, si svolgerà la cerimonia presieduta dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il card. Angelo Becciu, è anzitutto formale, poiché fra i 19 martiri vi è mons. Claverie, che è stato proprio vescovo di Oran.

I prossimi beati sono restati accanto al popolo algerino anche a costo della loro vita

Ma c’è anche un’altra motivazione: mons. Claverie è stato ucciso nella notte dell’1 agosto 1996 da una bomba fatta esplodere davanti l’episcopio; “il suo sangue si è mescolato con quello di un giovane musulmano di Sidi Bel Abbès, Mohamed Bouchikhi”, suo autista. Questo segno, per mons. Vesco, è carico di significato, che viene sottolineato dal fatto che le beatificazioni avverranno a Oran. I vescovi dell’Algeria auspicavano proprio di poter vivere la beatificazione nel Paese, anche per fare memoria della volontà di questi 19 membri della Chiesa di restare in Algeria, accanto al popolo algerino – che amavano e che li amava – a costo della loro vita.

Tecnologia. Incroci senza semafori, il futuro promette anche questo

Incroci senza semafori, il futuro promette anche questo

La nuova tecnologia Intersection Priority Management, in fase di sviluppo da parte di Ford, punta a mandare in pensione i semafori, grazie alla comunicazione fra auto (V2V) e infrastrutture (V2X). Lo scopo di questa soluzione è evitare l’arresto dei mezzi agli incroci, a beneficio dei risparmi nei consumi, più alti in fase di ripartenza, e con conseguenze positive sull’ambiente. La connessione dei veicoli, infatti, potrebbe permettere ai loro cervelloni di bordo di gestire al meglio le andature in vista di intersezioni, per permetterne l’attraversamento a velocità costante e senza pericoli di incidenti. Il passaggio sarebbe quindi a flusso continuo. Si tratta di una ricerca che trae ispirazione “dal modo in cui i pedoni regolano il proprio passo per evitare gli attraversamenti più affollati o pericolosi”, chiariscono dalla Casa dell’Ovale Blu.

Le auto utilizzate per i test sono equipaggiate con sistemi di connessione che ne trasmettono la posizione, la direzione di
marcia e la velocità e ricevono gli stessi dati dagli altri mezzi in circolazione: sono, quindi, in grado di identificarne
l’eventuale presenza a un incrocio e di calcolarne in anticipo la traiettoria di avvicinamento, per suggerire al guidatore
l’andatura ideale, da mantenere per passare in sicurezza. Sono già previste, poi, applicazioni future sui veicoli a guida autonoma.

Sviluppato nell’ambito del progetto britannico UK Autodrive, dedicato all’esplorazione di soluzioni innovative per la mobilità del futuro, l’Intersection Priority Management è in fase di sperimentazione in questi giorni sulle strade inglesi del Buckinghamshire, nell’area di Milton Keynes. “La tecnologia IPM – spiegano da Ford – utilizza le comunicazioni Vehicle to Vehicle per coordinarsi con gli altri veicoli nelle vicinanze e suggerire le velocità ottimali che consentono alle auto di attraversare in sicurezza gli incroci senza fermarsi”. Oltre a garantire vantaggi in termini ambientali ed economici, la sua adozione permetterebbe di fornire un importante contributo alla sicurezza stradale e farebbe guadagnare parecchio tempo a chi guida. Secondo, infatti, i dati diffusi da Ford, il 60% degli incidenti stradali si verificherebbero nell’attraversamento degli incroci e ogni anno ciascun guidatore trascorrerebbe in media due giorni in attesa fermo al semaforo.

Nell’ambito della stessa iniziativa il Costruttore sta sperimentando anche altri dispositivi basati sulla tecnologia V2V e V2X che potrebbero trovare applicazione in un futuro non lontano. Tra queste, da segnalare l’lntersectìon Collisìon Warning, che avverte i conducenti di potenziali incidenti in prossimità di un incrocio, il Green Light Optimal Speed Advisory (GLOSA), che utilizza le informazioni sui tempi del semaforo trasmesse al veicolo dalle infrastrutture per suggerire la velocità di crociera da mantenere e passare sempre con il verde e l’Emergency Vehicle Warning” che avvisa della presenza di veicoli in panne fermi sulla carreggiata.

avvenire

Siria. Mahmud, nato senza braccia, mutilato da una mina, «fuoriclasse» dei quaderni

Mahmud con il dottor Nabil Antaki

Mahmud con il dottor Nabil Antaki

Ricominciare, dopo che una ferita ha segnato il corpo e di certo, a tutti, ha paralizzato l’anima. Ricominciare «con gli occhi di un bambino», capaci di vedere dopo l’emergenza un nuovo traguardo. E scoprire che «anche un mondo ferito si può colorare di speranza». In Medio Oriente c’è chi la guerra l’ha vista materializzarsi un giorno sotto casa; chi, per fuggire il terrorismo, in una notte ha imparato a vivere da profugo; e chi, nello sforzo di accogliere, ha visto la sua stessa vita cambiare. Per questo le Ong del consorzio Humanity (Ass. Realmonte, Celim, Engim, Fondazione Buon Pastore, FundacionPromocion Social, FMSI, Punto Missione) con Focsiv rilanciano per il terzo anno la sfida: «Ricominciamo da loro», da chi – nell’età dedicata ai giochi – si trova in un campo profughi, in una scuola nei container, o in una città distrutta da un assedio. Stare fianco a fianco, quest’anno con una attenzione particolare alla resilienza: l’arte di tagliare nuovi traguardi, di superare il dolore del distacco o di una perdita, per trovare anche nel disagio la forza per ripartire. A fianco di chi è stato ferito, i cooperanti di Focsiv, vogliono accompagnare l’uscita dalla prima emergenza e creare le condizioni per tornare a casa. Ricominciare. E ricostruire. Qui tutti gli aggiornamenti sulla campagna.

Qui per donare online. Si può donare anche per Posta con il CCP n° 47405006 intestato a: FOCSIV, causale: Avvenire per Emergenza Siria – Kurdistan. BANCA ETICA IBAN: IT 02 J 05018 03200 0000 11796695 intestato a: FOCSIV FOR HUMANITY. ON LINE sul sito «humanity.focsiv.it»

Sogna di ricevere un giorno, magari da qualche amico italiano, una maglietta del “Barça” con il numero 10 di Messi. Sarebbe una bella sorpresa anche per Youssef, il suo miglior amico, ora che lo incontra tutte le mattine a scuola. Ma Mahmud – 8 anni e un sorriso dolcissimo sotto due occhioni castano scuri – non sa, mentre ti saluta con un tenero bacio sulla guancia, di essere già lui un vero “fuoriclasse”.

Ogni mattina, con l’aiuto di un volontario dei “Maristi blu” va nella sua scuola elementare ad Aleppo e, attraversati atrio e corridoi, quando si siede al banco toglie entrambe le protesi alle gambe. I due moncherini si appoggiano con naturalezza anche sul divano di casa, mentre una specie di cinturino, stretto appena sotto il ginocchio destro, permette di agganciare una matita o una penna: 1, 2, 3, scrive, o incomprensibili lettere arabe.Le gambe, Mahmud al-Khalaf, le ha perse il 27 novembre del 2015 mentre con mamma Hamar e lo zio Khaled stava fuggendo da Tadef, la sua cittadina caduta da un anno in mano al Daesh.

Civili usati come scudi umani durante i combattimenti e per questo da trattenere a forza nelle loro abitazioni: una fuga proibita dal Califfato. Anche per la famiglia al-Khalaf, con quel piccolo nato senza braccia: «Con le dita del piede mangiavo e scrivevo », racconta Mahmud capace nella sua prima infanzia a Tadef anche di aprire la porta di casa e di dare calci al pallone, con i suoi due piedi. Ma quella maledetta mina, sulla strada indicata nella notte dal “passeur” per fuggire fino ad Aleppo, in un istante ha squarciato le budella dello zio, uccidendolo, e fatto a brandelli gli arti inferiori del bambino.

Una tragedia, per mamma Hamar: un dolore che impietrisce ancora il sorriso della donna, mentre per salvare la vita al piccolo Mahmud si rese necessaria l’amputazione delle gambe. L’operazione avvenne nella regione di Tadef, ma Mahmud aveva bisogno di cure specialistiche. Dopo una trattativa durata alcuni mesi, questa volta il Daesh diede il permesso di raggiungere Aleppo. Nonostante la guerra civile nella metropoli c’erano e ci sono ancora validi ortopedici e uno specialista in grado di montargli due protesi agli arti inferiori.

Sono i “Maristi blu” – espressione di Fmsi (Focsiv) che partecipa alla CAMPAGNA HUMANITY «Con gli occhi di un bambino» – a prendersi cura di Mahmud e della sua famiglia attraverso il programma “Civili feriti di guerra”: in particolare è il dottor Nabil Antaki, gastroenterologo di fama e nel direttivo dell’associazione, a coordinare gli interventi. Grazie a una sottoscrizione popolare al piccolo sono già state assicurate le protesi e l’istruzione fino al raggiungimento della maggiore età. Un primo passo.

Quando lo sviluppo si sarà completato, sarà possibile anche progettare due braccia bioniche che, sfruttando il movimento dei muscoli delle spalle, possono ridare una certa autonomia a chi nasce senza omero. Analizzando le foto e i dati di una scheda medica, il Centro protesi dell’Inail di Budrio (Bologna) ha un realizzato un progetto per le braccia artificiali: quello che serve per realizzarlo è una gara di solidarietà – per pagare viaggio, soggiorno e le protesi – in modo da poter riempire con due belle braccia la maglia di Messi. Sarebbe un gol da campione per Mahmud, un “fuoriclasse” fra i quaderni e i banchi di scuola di Aleppo.

avvenire

La ricerca. Solo dalla mamma il latte che guarisce

da Avvenire

Solo dalla mamma il latte che guarisce

Frequenti ricoveri in ospedale, molte assenze a scuola o al lavoro, attività fisica e sociale fortemente limitata. Queste le gravi conseguenze dell’asma, infiammazione cronica delle vie respiratorie che colpisce 235 milioni di persone nel mondo e causa 250mila morti ogni anno. Come dicono i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Sono soprattutto i bambini a soffrire di questa malattia, al momento non curabile in via risolutiva.
La buona notizia è che una recente ricerca canadese ha messo in evidenza come il latte materno sia un’efficace forma di prevenzione. Una scoperta che dà speranza e che dovrebbero conoscere tutte le mamme dei neonati per evitare di dover affrontare in futuro questa patologia del bambino, con crisi respiratorie che gettano tutti nel panico e richiedono interventi tempestivi. Secondo la Global initiative for asthma (Gina), in Europa ci sono oltre 30 milioni di asmatici. Cifra che sarebbe raddoppiata, nel giro di un decennio, nell’area occidentale. Nel complesso, si tratta di una malattia che cresce in maniera preoccupante e da cui non si può guarire.
Meghan Azad, docente in pediatria e salute infantile presso l’Università di Manitoba (Canada) e direttrice del gruppo di ricerca sull’asma nell’ambito dello studio Canadian Healthy Infant Longitudinal Development (Child), ha presentato nuove evidenze scientifiche che dimostrano appunto che il latte materno può evitare l’insorgere dell’asma. In Canada le percentuali di incidenza della malattia sono molto alte: un bambino su sette soffre di asma. E in Italia un bambino su dieci. A livello mondiale si pensa che circa il 14 per cento dei piccoli sviluppi questi sintomi.
Secondo i risultati delle ultime ricerche, l’allattamento esclusivo al seno riduce il tasso di incidenza di questa malattia nei bambini fino al 40%. Nel corso del 13° Simposio sull’Allattamento al seno e sulla Lattazione di Medela, azienda specializzata in prodotti per l’allattamento al seno e in tecnologie medicali, è stata messa in luce l’incoraggiante scoperta. Come è stato riscontrato nella ricerca canadese, i bambini allattati più a lungo hanno meno possibilità di presentare respiro sibilante, che è il primo sintomo della possibile patologia e richiede spesso cure mediche.
Nel mese di ottobre si è tenuta la Settimana mondiale per l’allattamento (Sam), dal titolo “Allattamento base per la vita” e coordinata dalla Waba, World Alliance for Breastfeeding Action (Alleanza mondiale per interventi a favore dell’allattamento). Le stime diffuse dicono che il latte della mamma riduce di circa il 10% il rischio di sovrappeso e obesità rispetto a quello artificiale e che nei Paesi a basso e medio reddito il rischio di morte nel primo anno di vita è inferiore del 21% nei bambini allattati rispetto a quelli mai allattati. Non solo, risulta che i bambini allattati per minor tempo hanno un quoziente di intelligenza inferiore di 2.6 punti.
Secondo l’organizzazione, l’allattamento ottimale contribuisce a prevenire ogni forma di malnutrizione con effetti positivi permanenti sui bambini e sulle madri. Nel bambino contrasta le malattie infettive, abbassa l’incidenza e la gravità della diarrea, riduce le infezioni respiratorie e l’otite media acuta, previene la carie e la malocclusione dentale. Mentre nella mamma contribuisce a distanziare le gravidanze, riduce il rischio di emorragie, di tumore mammario, di ipertensione e di diabete.
Per la Waba l’allattamento materno è il grande livellatore che può contribuire a interrompere il circolo della povertà. Studi recenti ci dicono che ogni dollaro erogato per l’allattamento ne genera 35 di ritorno economico. Bisogna, poi, sapere che la quantità e la qualità del latte prodotto da una donna sono scarsamente legate al suo stato di nutrizione, se non nel caso di donne estremamente malnutrite (che costituiscono l’1% dell’intera popolazione femminile). Ma ci sono altre considerazioni da fare. Allattare fa bene al pianeta. È una scelta che favorisce il clima e garantisce la sicurezza alimentare anche in situazioni di crisi. L’alimentazione artificiale ha, infatti, un impatto ambientale considerevole. Basti pensare che per produrre un chilo di latte in polvere occorrono più di 4000 litri d’acqua.
La medicina ci dice che il latte materno è concepito esattamente per le necessità nutritive e immunologiche infantili. Un alimento unico. Allattare è la maniera naturale e ottimale di nutrire i bambini e favorisce il legame madre-figlio. Anche se i tassi di avvio dell’allattamento sono relativamente elevati nel mondo, ad oggi soltanto il 40% dei bambini sotto i sei mesi di età è allattato in maniera esclusiva e solo il 45% prosegue l’allattamento fino ai 24 mesi. Se aumentasse l’allattamento ottimale, si potrebbero prevenire oltre 823mila decessi infantili e 20mila decessi materni all’anno. A livello economico è stato calcolato che il mancato allattamento provoca perdite per circa 302 miliardi di dollari all’anno.
Purtroppo ancora oggi esistono molte barriere alla creazione di un ambiente che consenta alle donne di allattare in serenità. A cominciare dalla carenza di servizi sanitari efficaci, dal sistema di sostegno a livello familiare e comunitario e dalle politiche occupazionali. L’Oms raccomanda l’allattamento materno per i primi sei mesi di vita, in modo da raggiungere una crescita e uno sviluppo ottimali. Secondo i dati Istat, solo il 36% delle donne italiane attacca il bambino al seno entro un’ora dalla nascita e l’allattamento esclusivo nei bambini fino a sei mesi riguarda il 42,7% dei casi. Tutto l’anno ci sono in Italia appuntamenti sul tema, come ci ha raccontato Monica Garraffa, referente del Mami, Movimento Allattamento Materno Italiano, associazione affiliata alla rete mondiale Waba e organizzata su base volontaria. Soprattutto corsi di formazione. Fra i tanti il Mami segnala a Verona il 13 novembre il XIII incontro della “Rete insieme per l’allattamento”, parte di quei programmi internazionali che aiutano i servizi sanitari a migliorare le pratiche assistenziali e in cui si rendono protagonisti i genitori, sostenendoli nelle scelte per l’alimentazione e la cura dei propri bambini. Mentre a Roma, il 16 novembre, l’International Baby Food Action Network (Ibfan) Italia presenterà il rapporto “World Breastfeeding Trends Initiative” e l’edizione 2018 del “Codice Violato”, una pubblicazione in cui si fa il punto sull’aderenza del nostro Paese al Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno approvato da Oms e Unicef nel 1981.
Quest’anno l’Italia è entrata a far parte della World Breastfeeding Trends Initiative (WBTi), un’iniziativa che ci mette a confronto con altre 94 nazioni. L’obiettivo della WBTi è verificare a che punto sia l’attuazione della Strategia Globale per l’Alimentazione dei Lattanti e dei Bambini, approvata da Oms e Unicef nel 2002 e misurare i progressi a livello nazionale. «Il punteggio medio assegnato all’Italia è 73 su 150, un valore che ci dice come sia necessario prestare ancora molta attenzione all’allattamento – osserva Garraffa -. Nel campo della protezione della madre lavoratrice che allatta e in quello del sostegno informativo l’Italia si aggiudica oltre la sufficienza, così anche per il piano “Ospedali Amici dei Bambini” (BFHI), cui si è aggiunto da qualche anno “Comunità Amiche dei Bambini”». Tutto abbastanza bene dunque? Purtroppo no, perché ci sono tante ombre. «L’insufficienza va al sistema di sostegno alle mamme che allattano – punta il dito Garraffa – allo scarso supporto sul territorio per gravidanza, parto e allattamento, ai percorsi prenatali insufficienti, ai protocolli non basati su evidenze scientifiche applicati ancora durante i parti, al sostegno dopo il parto che lascia a desiderare in molte situazioni e al sistema di monitoraggio. Scarsa è anche la valutazione sulle politiche sui programmi e sul coordinamento nazionale del Tavolo Tecnico sull’Allattamento del ministero della Salute, nonostante svolga un lavoro importante. E lo stesso discorso vale per le emergenze». Informazioni sull’argomento e sulle iniziative al sito: mami.org.

Idee. La lettura nel mondo digitale, Maryanne Wolf invita a tornare a «casa»

da Avvenire

Il futuro è in una libreria digitale? (Epa)

Il futuro è in una libreria digitale? (Epa)

Come cambia? È questa la domanda alla quale Maryanne Wolf, neuroscienziata cognitivista americana, già nota anche al pubblico italiano per Proust e il calamaro, risponde nel suo nuovo saggio Lettore, vieni a casa ( Vita e Pensiero, pagine 224, euro 20,00). Da studiosa dei meccanismi della mente e della lettura, la Wolf analizza i cambiamenti che già oggi si verificano, ma che si accentueranno sensibilmente con il passare delle generazioni nel modo di pensare e di vivere, immersi come siamo in questa transizione, «quasi completa », verso la cultura digitale, tanto radicale da non poter essere paragonata alle precedenti transizio- ni. La lettura, che già di per sé è un fenomeno di straordinaria complessità cerebrale, è destinata a mutare rapidamente di segno, e forse il lettore non si renderà neppure conto – per usare l’immagine dell’autrice – che si sta allontanando da quella «casa» che la lettura era un tempo per lui. Il problema è se l’immersione quotidiana, sempre più prolungata e intensa, nelle molteplici esperienze di natura digitale impediranno la formazione dei processi cognitivi più lenti, come il pensiero critico, la riflessione personale, l’immaginazione, l’empatia che definiscono e caratterizzano la lettura profonda. Se, in altre parole, l’uso e la dipendenza crescente dai mezzi digitali, specialmente da parte dei giovani, rappresenteranno una grande minaccia, oppure se, al contrario, le nuove tecnologie saranno un ponte verso forme di conoscenza e immaginazione sempre più sofisticate, senza peraltro pregiudicare i processi generativi della lettura tradizionale.

La scienziata Maryanne Wolf

La scienziata Maryanne Wolf

Sotto forma di nove lettere in cui parla direttamente al lettore, la Wolf esamina appunto scientificamente le modificazioni e, di riflesso, anche gli effetti e le implicazioni per la società del cervello sottoposto agli stimoli del mondo digitale: quello che guadagna e quello che perde. In un intreccio di concetti e relazioni, l’autrice fa emergere il nuovo mondo della lettura nei bambini e negli adulti, nelle sue positività ma anche nelle sue incertezze e nei suoi rischi; le distanze che si creano tra le vecchia e la nuova «casa». È interessante il modo in cui, di capitolo in capitolo, si è aiutati a capire le varie componenti in gioco e le differenze che si determinano.

Quale sarà il «buon lettore» di domani? Sarà quello che, riuscendo a conservare le «tre vite» di cui scrive Aristotele nell’Etica Nicomachea parlando della buona società (la vita della conoscenza e della produttività, la vita dello svago; la vita della contemplazione), avrà creato la base più sicura per respingere, resistere e insieme utilizzare al meglio le innovazioni cognitive ed emotive prodotte dall’era digitale. Alla fine, il lettore che torna a «casa » non è quello che si rituffa nella nostalgia del passato, ma che prende coscienza di come educare la propria mente, per evitare l’atrofia dei processi di pensiero più importanti, a conservare e ad accrescere quegli spazi di libertà e autonomia, di tranquillità e silenzio in cui l’analisi critica, la riflessione, la contemplazione restano la linfa sotterranea di una vita integra e felice. La sfida del cambiamento, affrontata con saggezza, è tutta qui. Ma naturalmente, nonostante la nostra volontà e la plasticità del nostro cervello ad adattarsi alle situazioni emergenti, è un traguardo tutt’altro che facile da raggiungere. La stazione di arrivo della lettura profonda è sempre quella, ma cambia il modo di arrivarci. La Wolf ha il merito di indicarci la via.