Oggi è la Giornata mondiale dell’Insegnante Nel mondo servono 69 milioni di docenti

 © ANSA

ansa

Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell’Insegnante, istituita dall’Unesco con la firma della Raccomandazione del 1966 sullo status di insegnante, che definì diritti e doveri di chi insegna e la necessità di una formazione permanente della categoria La giornata mondiale degli insegnanti cade, quest’anno, in concomitanza con il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo(1948) che inserisce l’educazione tra i diritti fondamentali e stabilisce che l’ insegnamento deve essere gratuito e obbligatorio, equo e inclusivo per tutti i bambini. Molte le iniziative in programma nel mondo per celebrare la giornata, l’appuntamento più importante è organizzato a Parigi nella sede dell’Unesco. Il messaggio che sarà rilanciato è che l’educazione e la conoscenza trasformano la vita, sono il motore dello sviluppo economico e sociale, favoriscono la pace, la tolleranza e l’inclusione sociale, giocano un ruolo cruciale contro la povertà e a favore della realizzazione personale. Il mondo ha bisogno di reperire 69 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030 per colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, tra i diritti fondamentali dell’uomo.

Aperitivo missionario con padre Giulio Albanese

laliberta.info

Martedì 9 ottobre, alle ore 20, presso la sala convegni della parrocchia del Sacro Cuore a Reggio Emilia, è in programma l’Aperitivo missionario con il giornalista e comboniano padre Giulio Albanese,direttore di Popoli e Missione, mensile della Fondazione Missio.

Con lui e diversi giovani rientrati da un’esperienza di missione sarà approfondito il tema della Giornata Missionaria, scoprendo l’entusiasmo di chi parte o rientra dalla missione, cercando di cogliere gli interrogativi della vita, le decisioni personali e comunitarie da compiere per l’annuncio e la testimonianza cristiana; di capire come farci missionari oggi alla sequela del Vangelo che rende giovani.

Immortalità sì, ma di che genere?

copertina

Anche uno come l’esperto biblista e storico delle idee come Romano Penna, già autore di parecchi studi sull’escatologia, ebbe qualche perplessità a riprenderla in modo più ampio e organico, ma poi cedette alle richieste della San Paolo (vedi premessa) e riesce nell’intento con questo libro.

Non ci si aspetti il classico trattato sui Novissimi, ma solo innanzitutto un’abbondante e interessantissima panoramica sulle escatologie antiche e moderne, dalle più note e nutrite a quelle meno ricche ma magari più diffuse nel grande pubblico contemporaneo; segue una sintesi ben documentata, ampia e ragionata del dato biblico sulla vita immortale e i suoi vari aspetti e problemi.

La fatica di Romano Penna servirà, credo, a moltissimi, pur non esaurendo tutte le questioni e le domande che tutti più o meno sentiamo.

Per esempio: mi aspettavo un più forte richiamo al fatto che l’escatologia cristiana nasce sì da un Risorto, ma da un Crocifisso risorto, scandalo e follia per la società del I secolo d.C. e quindi anche in notevole rottura, oltre che pure in continuità con almeno varie linee dell’escatologia ebraica e della sua Toràh (che riteneva “maledetto” un appeso al legno).

In questo contesto avrei preferito una maggiore attenzione al IV Carme del Servo di YHWH, cui invece Penna dedica solo rapidi richiami (pag. 91; ricordo che in un incontro con rabbini, tra i quali Levinas, ebbi la consolazione di vederli accettare l’idea che Is 53 parlava di una figura più unica che rara, pur con qualche somiglianza con il loro popolo).

Ben fa l’autore, invece, a valorizzare i testi paolini come l’inno cristologico di Fil 2, dove si parla di Gesù “tapeinòs”, motivo di speranza per il nostro corpo pure “tapino” e che lui trasformerà.

Ottima la sottolineatura del valore che la parola biblica di Dio afferma anche per il nostro corpo e non solo per l’anima, contro l’esagerato platonismo assai diffuso nelle vecchie teologie e spiritualità (nonostante il tradizionale Credo delle Chiese e la definizione paolina della Chiesa come corpo di Cristo!).

La valorizzazione del corpo, certamente chiara nel NT benché non esclusiva né sempre coerente con il complesso dei testi sacri – come anche Penna annota –, provoca però qualche difficile problema, già avvertito dai cristiani di 1Cor 15: come sarà il corpo trasformato dopo la morte? E, in particolare, come sarà quello di quanti hanno perso completamente il loro corpo di prima o l’hanno fatto cremare? In che senso anche costoro saranno “uomini pur pneumatizzati” e non solo anime immortalizzate? Ci sarà una specie di creazione di un nuovo corpo per l’anima di prima? Penna avvia risposte specialmente nelle pagg. 96-100. Mi aspettavo qualche luce in più (salvo mia svista o il ricorso ad altre sue opere).

Un altro problema che rimane aperto è quello del giudizio dopo morte: in che senso e in quali tempi, se così si può dire?

Ancora scoperto mi sembra il discorso sia sulla fine di Gerusalemme sia sul futuro avvento di Cristo come Signore definitivo anche della morte.

Tutti problemi secondari rispetto all’importanza dell’«essere già ora in Cristo», come riafferma giustamente anche l’amico Penna, eppure intrigano specialmente la pastorale e la catechesi.

L’escatologia resta un bel problema, con le sue luci e le sue ombre; ma il teologo don Giovanni Moioli, che pure l’aveva approfondita, diceva specialmente nei momenti difficili della vita: «Meno male che rimane la riserva escatologica!».

Don Romano Penna, la cui abbondante bibliografia, collocata in fondo al presente volume, conferma la sua competenza e capacità, può aiutare tutti almeno a orientarci nel bosco di “quale immortalità” ci attenda alla luce della Pasqua del Signore.

Romano Penna, Quale immortalità? Tipologie di sopravvivenza e origini cristiane, San Paolo 2017, pp. 202, €. 30,00.

settimananews

Anno C: discepoli, non maestri

Non maestri ma discepoli

Nell’Anno C del ciclo delle letture domenicali, nelle assemblee del mondo intero, viene proclamato a tutti il Vangelo di Luca. Una proclamazione e un ascolto “cattolico”, universale.  Un mare di cuori che ascoltano tutti la stessa Parola di vita. Un incendio. Una festa del fuoco. Una trafittura contagiosa. «A sentire queste cose si sentirono trafiggere il cuore…» (At 2,37a).

Il Vangelo di Luca è il vangelo della misericordia, della gioia, del perdono. Il vangelo dell’attenzione alle donne, ai piccoli e ai poveri. Una buona notizia che raggiunge gli uomini che Dio ama, ma che mette tutti di fronte alle proprie responsabilità, in modo particolare verso il volto del fratello. Un vangelo con pagine che “mordono” in modo feroce i ricchi di beni ma tristi nel volto (cf. Lc 12,13-34; 16; 18,18-23). Non si può osservare da lontano l’uomo impoverito e traumatizzato dalla ferocia bestiale dell’uomo, girarsi dall’altra parte e proseguire imperterriti il proprio cammino. Magari in attesa di partecipare alla santa messa domenicale…

Non sarebbe un cammino di gioia profonda, ma un percorso che aumenta l’angoscia del vivere, che alimenta la noia del possedere senza conoscere una scintilla di luce e di speranza che venga incontro alla sete profonda del cuore. Un Vangelo, quello di Luca, che vuole contrastare la vita triste, facendo percepire un volto gioioso di Dio. Un volto che non chiede un tributo di onore e di paura, quanto di accoglienza gioiosa, passione per il dono e per il per-dono.

Nel Terzo Vangelo la persona può trovare il fondamento per un rapporto sereno con il mondo, già amato e pieno di Dio. E questo amore può e deve essere testimoniato nella vita quotidiana soprattutto dagli sposi.

Questa è una passione grande di don Battista Borsato, presbitero e teologo della diocesi di Vicenza, direttore di Casa Mamre, un centro diocesano di educazione all’amore e all’affettività e di consulenza matrimoniale.

L’attenzione posta nel convegno di Verona ai vari campi esistenziali della vita umana faceva emergere con forza l’aspetto dell’affettività. Borsato è molto attento a questo risvolto dell’annuncio evangelico.

Le notazioni dell’autore partono dal brano di Luca – riportato per esteso –, ne sottolineano due o tre parole-chiave o temi maggiori, per proporre quindi una riflessione attualizzante e, infine, chiudere con la proposta di “due piccoli impegni”, riassuntivi del messaggi evangelico.

Le proposte fatte dall’autore sono accattivanti, attuali, ma sempre più attualizzabili e adattate dal contesto vitale di destinazione da parte dei presbiteri, dei diaconi e di quanti hanno il compito di spiegare o proclamare la parola di Dio, perché la comunità cristiana cresca nel dialogo con tutti, nell’apertura di cuore all’altro, al diverso.

I tempi che stiamo vivendo sono provvidenziali per comprendere e vivere la “differenza” cristiana. È molto facile per tutti finire per ragionare con la “pancia” sganciata dal cuore e dal cervello, prigionieri della paura montata ad arte da coloro che sfruttano per scopi di bassa lega elettorale le comprensibili inquietudini di molte persone.

La parola di Dio proclamata, ascoltata, custodita e vissuta nel presente, mentre fa camminare i discepoli di Gesù insieme a tutti i compagni di viaggio, rende possibile un’alternativa di vita umanizzante, felice perché solidale, serena perché fraterna, non angosciata perché affidata, gioiosa perché perdonata per prima.

Una vita religiosa fatta di passione, di amore trovato, ancor prima che donato, nel volto dell’altro, pupilla dell’occhio dell’Altro. Lì è il mio tesoro, lì è il mio cuore.

Battista Borsato, Non maestri ma discepoli. Commenti ai vangeli domenicali. Anno C (Predicare la Parola s.n.), EDB, Bologna 2018, pp. 288, € 20,00, ISBN 9-78-810-41646-4.

settimananews