4 Ottobre SAN FRANCESCO D`ASSISI

Grado della Celebrazione: FESTA
Colore liturgico: Bianco
Scheda Agiografica: SAN FRANCESCO D`ASSISI

San Francesco ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù. Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, ha sentite rivolte a sé quelle parole, che diventarono la regola della sua vita. Ed anche a quelli che lo seguirono egli non voleva dare altra regola se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore. Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo. Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio e non accettò neppure il sacerdozio per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Per lui si sono realizzate in pieno le parole di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Quanta gioia nell’anima di Francesco, povero di tutto e ricco di tutto, che accoglieva tutte le creature con cuore di fratello, che nell’amore del Signore sentiva dolci anche le pene!
Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce, se lo riceviamo dalle sue mani.
Nella lettera ai Galati san Paolo ci dà la possibilità di capire meglio alcuni aspetti di questo giogo con due espressioni che sembrano contradditorie ma sono complementari. La prima è: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo”. I pesi degli altri: questo è il giogo del Signore. San Francesco l’aveva capito agli inizi della sua conversione. Raccontò alla fine della vita: “Essendo io in peccato, troppo amaro mi sembrava vedere i lebbrosi, ma lo stesso Signore mi condusse fra loro ed io esercitai misericordia con loro”. Ecco il giogo, che consiste nel caricarsi del peso degli altri, anche se farlo ci sembra duro. E continua: “E partendomene, ciò che mi era apparso amaro mi fu convertito in dolcezza nell’anima e nel corpo”. Per chi se ne è veramente caricato, il giogo diventa dolce.
Poche righe più avanti troviamo la seconda frase di san Paolo: “Ciascuno porterà il proprio fardello”. Si direbbe in contrasto con la prima, ma nel contesto il significato è chiarissimo: si tratta di non giudicare gli altri, di essere pieni di comprensione per tutti, di non imporre agli altri i nostri modi di vedere e di fare, di guardare ai propri difetti e di non prendere occasione dai difetti altrui per imporre alle persone pesi che non sono secondo il pensiero del Signore. San Francesco si preoccupava di questo e nella sua regola scrive: “Non ritenersi primo fra i fratelli”: essere umili; “Non si considerino mai come padroni”: non imporre pesi agli altri; e aggiunge: “Chi digiuna non giudichi chi mangia”. E la delicatezza della carità, che se vede il fardello degli altri non li critica, non li giudica, ma piuttosto li aiuta.
Prendiamo così su di noi il giogo di Cristo. Carichiamoci dei pesi degli altri e non pesiamo su di loro con critiche e giudizi privi di misericordia, perché possiamo conoscere meglio il Figlio di Dio che è morto per noi, e in lui conoscere il Padre che è nei cieli, con la stessa gioia di san Francesco.

Festa di san Francesco e consacrazione nell’Ordo Virginum

fonte: laliberta.info

All’intercessione di San Francesco, ogni anno il Vescovo affida la Diocesi nella Messa solenne in Concattedrale. Quest’anno, che sarà alle 18.30 affida anche la giovane guastallese Alessia Rinaldi, che si consacra nell’Ordo Virginum (la seconda, dopo Donata di Castelnovo Sotto nel 2007, che sceglie questa festa per la consacrazione).

Al Santo che piace ai giovani affidiamo il Sinodo dei giovani, che inizia oggi solennemente a Roma. Lo affidiamo anche alla serva di Dio reggiana, Tilde Manzotti (+ 3 ottobre 1939), che ha realizzato la sua vita cristiana in soli 24 anni (il suo esempio sia presto riconosciuto!). E il 5 ottobre, giorno della memoria di Santa Faustina Kowalska (una delle patrone della GMG 2016 di Cracovia), noi ricordiamo il beato Alberto Marvelli (+ 5 ottobre 1946), giovane di Azione Cattolica di Rimini, che la sorella Gede, abitando per tanti anni a Cella, ci ha fatto conoscere ed amare (l’UP di Cella-Cadé-Gaida è proprio intitolata al beato). Un’altra bella coincidenza legata a questo inizio di Sinodo, carico di attese e di speranze: il 5 ottobre sarà il quinto anniversario della beatificazione a Modena del nostro giovanissimo beato Rolando Rivi martire.

VESPRI 3 OTTOBRE

PREFAZIONE

LITURGIA 

LODI 

VESPRI 4 OTTOBRE

Allegati

CELEBRAZIONI EUCARISTICHE Unità Pastorale «Santi Crisanto e Daria» – Reggio Emilia

UNITÀ PASTORALE «SANTI CRISANTO E DARIA» – REGGIO EMILIA CATTEDRALE – SAN PROSPERO – SANTA TERESA – SANTO STEFANO-SAN ZENONE

CELEBRAZIONI EUCARISTICHE

(fino al 13 Aprile 2019)

NELLE DOMENICHE E SOLENNITÀ
ore 11.15 e 18.00 in Cattedrale
ore 9.00 e 12.00 in San Prospero

ore 10.00 in Santo Stefano e in Santa Teresa

NEI GIORNI FERIALI
ore 8.00 e 10.30 nella Cripta del Duomo
ore 18.30 nella Basilica di San Prospero
ore 18.30 in Santa Teresa (solo al mercoledì)

ore 19 in S. Stefano (solo al giovedì e al sabato)

— dal lunedì al sabato ore 7.45 Lodi mattutine —

ore 19 in San Zenone (solo al giovedì, in canonica)

(al sabato sera in San Prospero e in Santo Stefano è Messa festiva anticipata)

Adorazione e Confessioni

Dal lunedì al venerdì, in Cripta: Adorazione eucaristica quotidiana:
ore 7.40 Lodi (anche al sabato); ore 11.15-12.15 Adorazione
ore 17 Esposizione e Rosario; ore 18 Vespri e benedizione eucaristica

Confessioni in Duomo

martedì, mercoledì, venerdì, sabato: dalle 10 alle 12

Giornata della Bibbia – Domenica 30 settembre 2018 Proposte per la celebrazione eucaristica domenicale nelle parrocchie (a cura dell’Uff. Liturgico)

 

Nella prima giornata diocesana della Bibbia, il 18 febbraio scorso, che era la prima Domenica di Quaresima, erano state proposte sostanzialmente tre attenzioni “intonate” a quella Domenica: l’accoglienza del libro della Parola con un canto adatto, al posto del
Gloria, che in Quaresima si omette; la consegna della Bibbia ai ragazzi dell’Iniziazione Cristiana in cammino verso la Cresima (secondo le indicazioni del Catechismo CEI – Sarete miei testimoni, al primo capitolo); il proposito personale e/o in famiglia di dedicare quotidianamente un tempo di silenzio, di ascolto e meditazione della
Parola, secondo l’invito che troviamo sempre nel canto al Vangelo della prima domenica di Quaresima — «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4) —, quasi un portale d’ingresso per entrare nello spirito di questo tempo
forte dell’anno liturgico.
Riprendere pari pari le suddette proposte al 30 settembre sarebbe pertanto una forzatura. “Per fortuna”, le letture bibliche di questa XXVI domenica del Tempo Ordinario dell’Anno B sono legate dal “filo rosso” della “chiamata al ministero profetico”, ovvero la chiamata al ministero dell’annuncio, della Parola. E l’esclamazione dell’anziano Mosé in risposta alla gelosia del giovane Giosuè — «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (Nm 11.29), verrebbe da attualizzarla così: “Fossero tutti lettori, animatori della Parola in parrocchia! I battezzati fossero tutti
interpreti della Parola” (nel senso di capaci di leggere la realtà alla luce del Vangelo) in questo tempo di “disorientamento e mancanza di speranza”, come ha osservato il Vescovo Massimo nell’omelia dell’8 settembre in Ghiara per l’apertura dell’Anno pastorale.
Quindi domenica 30 settembre, propongo proprio di valorizzare il ministero dei lettori e degli animatori della Parola, con alcune attenzioni.
1. Proclamare, in apertura di assemblea, la colletta “biblica” che si trova appendice al Messale, a p. 1005. La riporto per la sua bellezza (non sempre è così!):
O Dio, tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei profeti; effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele, perché ogni uomo sia ricco del tuo dono,
e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2. Terminata la colletta, tutti rimangono in piedi e i due lettori (ed eventualmente il salmista), in processione si portano davanti al sacerdote (che sarà alla sede, o davanti all’altare se la sede fosse dietro la mensa); uno di loro reca il Lezionario festivo e lo
consegna al sacerdote. Il sacerdote lo mostra al popolo e dice, come si trova nel Benedizionale al n. 1243 (formula leggermente adattata, come previsto nella rubrica):
Risuoni sempre nelle nostre assemblee la Parola di Dio:
riveli e proclami il mistero pasquale di Cristo e operi nella Chiesa la nostra salvezza.
I lettori e l’assemblea rispondono un Amen bello forte! Da notare che nella formula del Benedizionale viene evocato il tema pastorale dell’Anno, cioè il “mistero pasquale di Cristo” secondo Giovanni 12-21.

3. Similmente al mandato dei Catechisti, dopo l’omelia si possono presentare coloro che nella comunità svolgono stabilmente il ministero di lettore (istituito o di fatto, s’intende!) o animano i centri di ascolto, i gruppi di Vangelo. Insieme a loro (che sono rivolti all’altare) si proclama il Credo, sottolineando come sempre il Credo sia la nostra risposta di fede alla Parola proclamata. I lettori rimangono davanti all’altare anche durante la preghiera universale, dove le intenzioni saranno proprio sulla Giornata della Bibbia e sulla cura della proclamazione nelle nostre comunità. La preghiera universale si conclude con la benedizione ai lettori (cf. Colletta n. 14 in appendice al Messale, a p. 1020):
Benedetto sii tu, Signore nostro Dio:
nel tuo Figlio fatto uomo
ci hai detto tutto e donato tutto.
E poiché, nel disegno della tua misericordia,
tu hai bisogno anche degli uomini per rivelarti,
e resti muto senza la nostra voce,
benedici questi nostri fratelli e sorelle
che si rendono disponibili al tuo servizio
nelle assemblee domenicali (e nei gruppi di ascolto tra le case):
rendili degni annunciatori
e testimoni della parola che salva.
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

Questo rito può essere arricchito da alcuni gesti come l’abbraccio di comunione tra il parroco e i lettori; la consegna a loro del calendario liturgico 2018-2019; la consegna dell’omelia del Vescovo Massimo all’8 settembre, dove viene presentato il tema dell’anno pastorale; oppure l’omelia che Papa Francesco fece esattamente un anno fa a a Bologna, la domenica 1° ottobre 2017, nella visita proprio in occasione della prima giornata diocesana della Bibbia in quella Chiesa. Durante la consegna si esegue un canto adatto, tipo Ogni mia parola, Ascolta Israele, Quello che abbiamo udito….
Nell’omelia ovviamente si dovrà presentare il ministero dei lettori non come un… riconoscimento a chi sa leggere bene (e che magari ci tiene a mettersi in mostra o che considera l’incarico di leggere come esclusivo, di fatto “proibendo”, per usare un termine delle letture odierne, ad altri, nuovi arrivati o cristiani più giovani, di leggere!!). Piuttosto un servizio alla comunità, specialmente ai più piccoli (vedi il Vangelo), ad aiutare a familiarizzare con le Scritture, con la Parola, con la proclamazione, a preparare preghiere dei fedeli più attualizzanti di quelle dei foglietti… e così via. Perché tutti
imparino a leggere la realtà che ci circonda alla luce del Vangelo, con il dono dello Spirito che la Parola ci comunica: nel Vangelo si parla di chi compie scandali verso i più piccoli e ci si deve chiedere: “come la Parola mi aiuta a interpretare in maniera meno superficiale
e scandalistica queste continue notizie di scandali, abusi su minori?”. L’apostolo Giacomo nella seconda lettura richiama al fatto che la ricchezza ci “anestetizza”, ci rende ciechi verso i bisogni degli altri…, per cui facciamo fatica a dare anche solo un bicchiere d’acqua
a un povero…

Vaticano. Paolo VI: un documentario web per raccontare un santo contemporaneo

da Avvenire

Questo di Paolo VI. Un uomo, un Papa, un Santo non è il primo esperimento del genere prodotto dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e realizzato da Vatican Media e Officina della Comunicazione che ne hanno già messo on line uno in occasione della Peregrinatio delle spoglie di Giovanni XXIII a Bergamo e Sotto il Monte. La differenza tra i due prodotti è che, mentre con papa Roncalli, le brevi videoclip hanno accompagnato il percorso delle sue spoglie, nel caso di papa Montini consentiranno di compiere un vero e proprio cammino di avvicinamento alla proclamazione della sua santità.

I temi affrontati sono tanti: dall’attesa di Brescia e Concesio per la canonizzazione al Montini sacerdote, dagli anni come arcivescovo di Milano al rapporto con il presidente della Dc Aldo Moro (con l’impegno in prima persona e l’appello per la sua liberazione), passando per il rapporto con il suo fotografo ufficiale, per quello con gli artisti, per la serata dell’arrivo dell’uomo sulla Luna che seguì davanti alla televisione, per la visita all’Onu del 1965, per la Messa di Natale celebrata con gli operai del polo siderurgico di Taranto, per il prosieguo e la conclusione, dopo la morte di Giovanni XXIII, del Concilio Vaticano II, per la nascita del quotidiano Avvenire”.

Paolo VI nelle nuove acciaierie di Taranto per la Messa di mezzanotte del Natale 1968 (Pepi Merisio)

Paolo VI nelle nuove acciaierie di Taranto per la Messa di mezzanotte del Natale 1968 (Pepi Merisio)

A questo proposito, l’Assessore al Dicastero per la Comunicazione monsignor Dario Viganò sottolinea che fu proprio Montini a volere con determinazione la nascita del quotidiano della Cei, nato dalla fusione del giornale milanese “L’Italia” e del bolognese “L’Avvenire d’Italia”. Lui, figlio di un giornalista, fu il primo a capire l’importanza per i cattolici italiani di avere un unico giornale nazionale di riferimento: «Il suo intervento, autorevole ma anche un po’ autoritario e non senza polemiche, fu determinante per unificare i due quotidiani». Marco Tarquinio, che “Avvenire” lo dirige dal 2009, osserva: «Nel 2018 abbiamo festeggiato i cinquant’anni dalla nascita del giornale e, nello stesso anno, viene canonizzato Paolo VI, il fondatore di Avvenire. Senza di lui e senza la sua tenacia il quotidiano, nato dalla convergenza faticosa e non scontata dei media cattolici, non avrebbe visto la luce». Poi il ricordo personale: «Per me Paolo VI è il Papa dei miei verdi anni, colui che ha contribuito a costruire la mia fede. Nel documentario l’ho definito “il poeta di Dio”»: mi ha inciso l’anima il modo in cui quest’uomo di fede e cultura profonde usava le parole. Di fronte alla pulizia delle sue pagine manoscritte, su cui c’è al massimo qualche cancellatura, si rimane a bocca aperta. Soprattutto in un tempo, come il nostro, in cui le parole sono tante, troppe e si rincorrono, abbiamo bisogno di ascoltare chi ci dice parole diverse».

Oltre a quelle di Montini (prezioso, a questo proposito, il materiale del patrimonio radiofonico della Santa Sede), in Paolo VI. Un uomo, un Papa, un Santo ci sono le parole di alcuni testimoni che contribuiscono a farci conoscere meglio il pontefice di Concesio che sta per essere canonizzato. Tra di loro (nella serie di 12 episodi che da domani sarà on-line ogni giorno su Vatican News e sulle piattaforme social dello stesso portale) ascolteremo religiosi come monsignor Pierantonio Tremolada, parroco del paese natale di Montini; padre Antonio Marrazzo, postulatore della sua causa di canonizzazione; monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano; monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto. E laici, come il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, il giornalista Tito Stagno e Gigi Proietti.

Da segnalare, infine, che a supportare la diffusione del WebDoc non sarà solo Avvenire” (media partner del progetto) ma, in nome della sinergia tra i media cattolici più volte auspicata da papa Francesco, lo faranno anche gli altri organi informativi della Conferenza Episcopale Italiana: Tv2000 e l’Agenzia Sir.

Una sequenza del WebDoc “Paolo VI. Un uomo, un Papa, un Santo” (Pepi Merisio)

Bibbia. I salmi? Sono il canto dell’uomo che sa ringraziare

"Re Davide suona la cetra", pagina miniata da un Salterio e Innario ambrosiano dell'XI secolo (Biblioteca Apostolica Vaticana)

“Re Davide suona la cetra”, pagina miniata da un Salterio e Innario ambrosiano dell’XI secolo (Biblioteca Apostolica Vaticana)

Chi scrive la prefazione a un libro tiene idealmente in mano due fili. Il primo è più esile e si dipana per un tratto più breve: è tessuto coi colori dell’autobiografia, cioè del legame con l’autore. Fuor di metafora, si evocano ricordi personali, si giustificano consonanze spirituali e culturali, ci si muove seguendo il registro soggettivo.

In questa luce è spontaneo evocare per me gli incontri con Ludwig Monti, scanditi dalla mia sosta ogni anno nell’orizzonte sereno e fraterno della comunità di Bose. È proprio là che molto tempo fa ho avuto l’annunzio della gestazione e della nascita dell’opera imponente che ora il lettore tiene tra le mani. In realtà, come confessa lo stesso autore, queste pagine sbocciano dal terreno fertile di «vent’anni di preghiera monastica, ritmata dalla consuetudine col Salterio»

L’eco di quel canto orante che saliva come volute d’incenso verso Dio, per usare un’immagine biblica (Sal 141,2), aveva attraversato non solo l’orecchio, le labbra, la mente di Ludwig ma anche il suo cuore così da essere quasi un “basso continuo” della sua giornata di monaco e di esegeta.

A questo punto il primo filo dell’amicizia va oltre la pura e semplice consonanza personale. C’è, infatti, da aggiungere la sintonia di una scelta comune: anch’io ho vissuto per anni in compagnia del Salterio, delle sue 19531 parole ebraiche che costituiscono il 6,50 per cento dell’intera Bibbia ebraica della quale sono il terzo libro più ampio, dopo i testi di Geremia e della Genesi.

Questa esperienza personale parallela mi conduce spontaneamente al secondo filo che regge questa introduzione, un filo più robusto e policromo che si inoltra nell’opera in sé, oggettivamente considerata, nella mirabile architettura letteraria, teologica e spirituale del commento di Monti. Qui i registri si moltiplicano perché l’approccio ai 150 Salmi è necessariamente variegato e comprende un vero e proprio arcobaleno di iridescenze.

Forse il simbolo unitario più limpido è quello evocato nell’introduzione- testimonianza di Ludwig e coniato da san Girolamo nella sua prima omelia sul Salterio. Comparato a un palazzo a cui si accede grazie a un’unica chiave, esige però che si abbia anche una chiave per ogni stanza, ossia per ogni composizione poetico-orante. Certo, per il portone centrale, che è quello dell’ispirazione divina, è necessaria una chiave teologica unica che Girolamo identifica nello Spirito Santo ispirante. Ma per le singole camere sono indispensabili chiavi differenti, che aprono spazi straordinari e quotidiani, pubblici e privati. Ci sono stanze ove si attende un’alba dopo una notte di veglia, altre in cui si giace malati o si soffre nell’anima; in alcune si festeggia, in altre giunge l’eco della piazza o si ode il rombo metallico delle armi dei guerrieri.

Ora, la visita a questo palazzo non può essere condotta “in solitario” e senza una guida che di volta in volta offra le chiavi d’ingresso. L’edificio del Salterio è, infatti, circondato da un vero e proprio fiume letterario e spirituale di interpretazioni. Monti crea una coreografia di rimandi e citazioni, attraverso una selezione accurata che svela il suo incessante studio nel silenzio delle biblioteche esegetiche e teologiche ma anche quelli che lui chiama gli “sconfinamenti” nei territori adiacenti della patristica, della liturgia, della teologia, della poesia, dell’antropologia.

Questa ricerca mastodontica – che potrebbe cadere nell’agguato della fredda erudizione – acquista invece una paradossale lievità, tanto da trasformare il lettore in una sorta di pellegrino che è condotto per mano e con facilità si inoltra in una galleria di intuizioni, di interpretazioni, di illuminazioni diverse. L’analisi del lessico, dei parallelismi, dei simboli, delle risorse drammatiche insite ai testi, le anatomie strutturali, il vaglio delle costellazioni metaforiche, la classificazione dei cosiddetti ‘generi letterari’ non sono mai, nelle pagine di Monti, soltanto un esercizio di tecnica poetica e critica. Egli possiede la capacità di offrire questi dati al lettore in modo naturale, così che la bellezza testuale rivelata in tutto il suo fascino denso di sfumature, lo conduca all’altra dimensione, quella della contemplazione spirituale e dell’orazione.

A questo punto, alle nostre mani è affidata un’altra serie di chiavi perché i Salmi sono, sì, poesie ma anche preghiere, tehillîm, lodi a Dio, canto dell’anima. Il filosofo danese Soeren Kierkegaard nel suo Diario annotava: «Giustamente gli antichi dicevano che pregare è respirare. Qui si vede quanto sia sciocco voler parlare di un “perché”. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così con la preghiera». Questo ossigeno che fa respirare l’anima sostiene l’intera vicenda umana, ed è per questo che i Salmi coprono e sostengono l’arco intero dell’esistenza.

Per questo Ludwig non di rado nei suoi commenti interpella chi ha le sue pagine aperte davanti a sé: «Caro lettore, cara lettrice, mi rivolgo direttamente a te…», così da coinvolgerlo non solo nella conoscenza del testo, ma per avvolgerlo anche nell’orazione, in consonanza col salmista. Ora, in questa dimensione interpretativa spirituale c’è, però, anche un allargamento corale di voci che cantano e pregano all’unisono e in armonia. Il Salterio è anzitutto la preghiera dell’intero popolo dell’elezione, Israele, lungo la sua storia secolare. I Salmi sono risuonati, perciò, anche sulle labbra di Cristo, dalla sua adolescenza fino a quell’anelito affannoso dell’invocazione al Padre sulla croce. Si apre, così, un ulteriore coro di voci che echeggiano sotto le volte delle chiese nella liturgia cristiana, a cui si aggiunge l’orazione personale del singolo fedele che nei Salmi rispecchia la sua anima.

Ma c’è di più. Un merito significativo del commento di Monti è quello di rendere queste orazioni ebraico-cristiane, queste composizioni di credenti i cui occhi s’intrecciano con quelli del loro Signore (come dice il Salmo 123) anche una preghiera dell’essere umano in quanto tale. Per questo il libro di Monti potrebbe passare dalle sue mani di monaco e contemplativo non solo al fedele ebreo o cristiano ma anche all’uomo e alla donna di ogni credo o senza alcun credo religioso, i quali però s’interrogano sulla loro essenza umana profonda che è rispecchiata proprio in questi cantici. Forse potrà accadere per loro, alla fine, quanto un altro filosofo, il tedesco Martin Heidegger affermava con un gioco di parole nella sua lingua: denken ist danken, “pensare è ringraziare”.

Lo studio appassionato dei Salmi può, dunque, condurre progressivamente il fedele e anche il non credente al canto e alla lode, il pensiero può fiorire in gratitudine e speranza, l’analisi testuale diventa sintesi spirituale, cioè un nodo luminoso che tiene insieme la dispersa molteplicità dell’esistere. Leggere e cantare i Salmi, allora, non sarà solo una purificazione della fede del credente, come ci ricorda l’autore citando un ammonimento forte e severo di Lutero: «Chi ha iniziato a pregare con serietà e regolarità il Salterio ben presto licenzierà le altre facili e familiari ‘preghierine devote’ e dirà: Qui non c’è l’energia, la forza, il calore e il fuoco che trovo nel Salterio».

Il commento di Ludwig Monti, infine, meriterebbe almeno un cenno al modo con cui egli usa le chiavi per aprire ogni sala o stanzetta (c’è un Salmo, il 117, che è fatto di sole 16 parole ebraiche!) di questo palazzo letterario e spirituale che è il Salterio. Credo, però, che questo sarà un esercizio gustoso che ciascun lettore condurrà personalmente lasciandosi guidare. Ludwig non esita a farsi compagno di viaggio confessando più di una volta (penso, ad esempio, al Salmo 22 o al 23, al 51 o al 139) il suo “sgomento” a inerpicarsi su alcuni percorsi testuali irti di difficoltà non solo esegetiche, e non teme col Dante del Purgatorio ( VIII, 35-36) di riconoscere che <l’occhio si=”” smarria,=”” come=”” virtù=”” ch’a=”” troppo=”” confonda=””>.</l’occhio>

Pubblichiamo qui come anticipazione l’introduzione del cardinale Gianfranco Ravasi al volume I salmi: preghiera e vita, con il commento del monaco di Bose Ludwig Monti, pubblicato da Qiqajon.

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