Bullismo, le testimonianze dei giovanissimi: “E’ un inferno” Parlano i ragazzi di elementari e medie

Il fenomeno spiegato da chi lo subisce ogni giorno

ilgiorno.it

«I miei anni alle elementari non sono stati spensierati: le altre bambine mi escludevano dai giochi, mi prendevano in giro, mi mettevano la colla sulla sedia. C’era la bulla, ma la maggior parte delle altre partecipavano. I miei genitori, che mi vedevano tornare a casa in lacrime, parlavano con le insegnanti che però minimizzavano, dicevano sono piccoli, è l’età: erano le docenti a dover prendere provvedimenti ma non hanno fatto nulla. Alle medie ho cambiato completamente compagni e sono stata bene».

A raccontare il suo inferno è Chiara, 14enne, oggi animatrice in un Grest. Al suo fianco Giada, 15 anni: «Per me è stata la stessa cosa ma per tutte le elementari e fino alla seconda media, quando ho detto basta e ho cominciato a reagire. Tutto è nato, credo, perché sono andata a scuola in anticipo ed ero la più piccola. Venivo insultata pesantamente sia dai maschi che dalle femmine. Anche i miei genitori sapevano, impotenti». Entrambe sottolineano un’aggravante del bullismo che comincia alla loro età, il sessismo: «Il mio ragazzo mi ha trattata come un pezzo di carta e quando mi ha gettata via ha iniziato a raccontare falsità di me sui social», spiega Chiara,le lacrime agli occhi. «Per i ragazzi avere molte amiche è essere figo per le ragazze è essere una poco di buono. Lo scrivono sui social, specie i ragazzi che rifiuti, commentano come ti vesti e ti insultano. Sai che non è vero, cerchi di ripeterti che non ti importa. Ma poi la sera, quando ti ritrovi da sola a pensare, comincia a venirti il dubbio che gli altri ti vedano davvero così e stai male», commentano insieme le due adolescenti.

«Nella mia classe un ragazzo arrivato da poco, che non sa l’italiano, viene preso continuamente in giro da un bullo e dai suoi amici», racconta Laura, una ragazzina di prima media che frequenta il Grest – È come se lui fosse la sua preda e gli altri lo spalleggiano. Se aiuti la vittima, ti prendono di mira. Non andiamo a dirlo alle insegnanti perché abbiamo paura».

“Tieni il bullo nel cassetto” è il titolo del manuale d’istruzioni, con testimonial Gianpaolo Fabrizio (il Bruno Vespa di Striscia), contro bullismo e cyberbullismo per ragazzi e famiglie che ieri pomeriggio, all’oratorio di San Fereolo, il sindaco Sara Casanova e la polizia locale hanno distribuito ai circa 150 giovani del Grest presenti, sia della parrocchia che di Santa Francesca Cabrini e San Alberto. «Come amministratori abbiamo l’obbligo di supportare le vittime promuovendo la conoscenza di quelli che sono gli atteggiamenti prevaricatori – ha detto Casanova – L’invito che rivolgo ai ragazzi è di non sentirsi schiavi ma di denunciare, sapendo che troveranno persone che li aiuteranno a fermare il bullo. A costo zero, grazie agli sponsor, è stato redatto questo libricino di facile accesso dedicato a studenti di medie e superiori. Stampato in 7mila copie, verrà poi distribuito nelle scuole insieme a incontri di sensibilizzazione».

«Si tratta di un format già collaudato predisposto da un’azienda specializzata sui temi della legalità che collabora con le polizie locali – spiega il comandante Fabio Germanà – Noi a oggi non abbiamo ricevuto segnalazioni specifiche ma è un fenomeno strisciante e come Locale vogliamo fare educazione civica affiancando questi temi a quelli più generali della legalità e dell’educazione stradale». In una ventina di paginecome riconoscere i bulli, in carne e ossa o virtuali, come difendersi, quali sono i reati perseguibili per legge (dalla diffamazione alle percosse, dall’estorsione all’ingiuria, dalle lesioni alle minacce).

Breve cronistoria della legge sul cyberbullismo

Nessuno deve essere lasciato solo

La legge contro il cyberbullismo è idealmente dedicata a Carolina Picchio, 14enne di Novara che nel gennaio del 2013 decise di togliersi la vita dopo un episodio di bullismo in rete. Il contrasto al fenomeno è partito quindi dopo un fatto tragico che ha portato il papà di Carolina, Paolo Picchio, a raccogliere il messaggio lasciato dalla figlia nella lettera d’addio: «Le parole fanno più male delle botte». Immediato il coinvolgimento della Senatrice Elena Ferrara, già insegnante di musica di Carolina a Oleggio, che non appena eletta ha portato la tematica all’attenzione della Commissione Diritti Umani. Il Presidente Luigi Manconi ha disposto di seguito un’indagine conoscitiva sul fenomeno. Dal lavoro realizzato in Commissione Diritti Umani è nato un disegno di legge a prevenzione e contrasto del cyberbullismo, di cui la Senatrice Ferrara è stata prima firmataria. Un ddl non contro la Rete, ma realizzato con l’obiettivo di costruire un principio di cittadinanza digitale. Una proposta di legge, infatti, senza carattere repressivo, bensì educativo. La legge è entrata in vigore il 18 giugno 2017, dopo un lungo iter, ma il lavoro non si esaurisce, con la disposizione del Miur ad un aggiornamento delle linee guida sul fenomeno all’interno del Piano Nazionale Educazione al Rispetto. Sul sito del Garante della Privacy è stato inoltre pubblicato il modulo per le segnalazioni. E’ stato poi attivato un tavolo tecnico interministeriale e sono stati registrati i primi casi di ammonimento delle questure, oltre che individuati i docenti referenti per ogni istituto scolastico, come indicato nell’articolo 4 del testo di legge. Il Miur, con un protocollo d’intesa, ha anche dato vita a Conacy, Coordinamento Nazionale Cyberbullismo. L’ultima tappa risale al febbraio scorso, in occasione del Safer Internet Day, con la presentazione della Fondazione Carolina Onlus.

fonte sprintersport.it

Alfabetizzazione Oggi la 44ª Giornata internazionale. Dare a tutti l’alfabeto della convivenza

La Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, istituita nel 1965 dall’Unesco, ha come tema quest’anno «Alfabetizzazione e pace». Si tratta di un’indicazione autorevole: vincere la sfida dell’istruzione, fin nei suoi primi passi, è vantaggioso non solo per chi è escluso da quella grande libertà che è poter leggere e scrivere, ma per chiunque, anche in società più sviluppate come la nostra. La strada per vincere le tensioni, sanare le contrapposizioni, prevenire la violenza, mettere fine ai conflitti, passa anche per lo sforzo di garantire a tutti l’istruzione. L’analfabetismo è una condizione non residuale.

Si calcola in 7-800 milioni, in special modo donne e bambine, il numero di chi non sa leggere e scrivere: un decimo della popolazione mondiale, cui è negato un diritto fondamentale, di cui è lesa profondamente la dignità. Una ferita aperta, che significa più arretratezza, emarginazione, povertà, caos; minore possibilità di avviare quel circolo virtuoso fatto di sviluppo, partecipazione, convivenza civile. Un caso particolare di questa fetta dell’umanità, quasi un continente, che vive il dramma dell’analfabetismo riguarda le decine di milioni di rifugiati che – al contrario di quanto una vulgata nostrana tende a dire – sono accolti da Paesi in via di sviluppo (che già fanno fatica a garantire l’istruzione ai propri cittadini).

Un recentissimo rapporto dell’agenzia Onu per i rifugiati, dal titolo ‘Invertire la rotta’, calcola quattro milioni di bambini sradicati dalla guerra o da condizioni ambientali avverse che non frequentano la scuola, una cifra accresciutasi di ben 500mila unità nel solo 2017. «L’istruzione aiuta i bambini a guarire dalle loro ferite, ma è anche la via per ricostruire i Paesi da cui fuggono», ha detto Filippo Grandi, alto commissario Onu per i Rifugiati. Sono parole che fanno eco a quelle della giovane pachistana Malala, premio Nobel per la Pace: «Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo». Riflettendo sul tema della giornata, viene da pensare a tutti coloro che creano nel mondo scuole per bambini nei campi per rifugiati: personalmente ne ho conosciute alcune in Congo e in Nord Uganda.

Posso dire che rappresentano la scommessa di ripartire dalla normalità della scuola, dalla semplicità dell’alfabeto, dell’essere insieme, dell’avere maestri buoni per porre i primi mattoni della casa del futuro, per rifondare vite che sarebbero disperse nel caos. A quei minori, che hanno presente il solo modello del miliziano armato di kalashnikov o del matrimonio precoce, si offre una nuova figura di riferimento, il maestro che apre la porta della conoscenza e delle regole del vivere insieme. Nel videomessaggio di papa Francesco per le intenzioni di preghiera di questo mese si dice: «L’Africa è un continente ricco, e la ricchezza più grande, più preziosa, sono i giovani. Preghiamo perché i giovani del continente abbiano accesso all’educazione e al lavoro nel proprio Paese». Un’intera generazione deve credere che nessuno è escluso dal domani, e che quel domani può essere nella terra in cui si è nati. Per un mondo di bambini, adolescenti, donne, rifugiati e non, l’alfabetizzazione, la scuola sono insieme la restituzione del presente e l’acquisizione di una chiave per il futuro.

Per ciascuno, però, c’è un alfabeto da recuperare, l’abc di una stagione di rispetto, collaborazione, unità in un mondo sempre più spaesato, frantumato, diviso. Abbiamo tutti bisogno di imparare l’alfabeto della convivenza. Non solo il bambino, o il rifugiato. Rispetto al «cambiamento d’epoca» di cui parla il Papa, la domanda è: come lo gestiremo senza gli strumenti per comprenderci? Senza un minimo di basi comuni? È interesse di ogni società e cultura che nelle periferie del pianeta – e ai margini del nostro centro, relativamente ricco – si faccia strada un alfabeto della cultura, dei valori, di una fraternità più larga.

Avvenire