OCSE-PISA, STIPENDI QUOTA MAGGIORE DI SPESA PER ISTRUZIONE

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DIVARI STUDENTI DOVUTI A QUALITÀ INSEGNAMENTO, OK AUTONOMIA Gli stipendi e la formazione degli insegnanti rappresentano la quota maggiore della spesa per l’istruzione in ogni Paese. E’ quanto rileva un Rapporto Ocse-Pisa sulla scuola, secondo cui non tutti gli studenti hanno pari accesso ad un insegnamento di alta qualità e questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati. (ANSA).

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B). Foglietto Letture e Salmo

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: VERDE

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Una volta seminato nel cuore dell’uomo, il regno di Dio cresce da sé. È una meraviglia di Dio tanto grande e tanto bella
quanto grande e bella è la crescita delle piante, e tanto misteriosa quanto misteriosa è la trasformazione di un bambino che cresce e diventa uomo. Così la crescita del regno di Dio non dipende dalle forze umane; essa supera le capacità umane poiché ha in sé un proprio dinamismo.
Questo messaggio è un messaggio di speranza, poiché, adottando una prospettiva umana, potremmo dubitare del trionfo del regno di Dio. Esso si scontra con tanti ostacoli. Esso è qui rifiutato, là respinto, o, in molti luoghi, sconosciuto del tutto. Noi stessi costituiamo un ostacolo alla realizzazione del regno di Dio con la nostra cattiva volontà e con i nostri peccati. È bene dunque che sappiamo che, a poco a poco con una logica che non è quella umana, con un ritmo che a noi sembra troppo lento, il regno di Dio cresce. San Paolo, che era ispirato, percepiva già i gemiti di tale crescita (Rm 8,19-22). Bisogna conservare la speranza (Eb 3,6b). Bisogna ripetere ogni giorno: “Venga il tuo regno!”. Bisogna coltivare la pazienza, quella del seminatore che non può affrettare l’ora della mietitura (Gc 5,7-8). Bisogna soprattutto non dubitare della realtà dell’azione di Dio nel mondo e nei nostri cuori. Gesù ci dice questo poiché sa che il pericolo più grande per noi è quello di perdere la pazienza, di scoraggiarci, di abbandonare la via e di fermarci. Noi non conosciamo né il giorno né l’ora del nostro ingresso nel regno o del ritorno di Cristo. La mietitura ci sembra ancora molto lontana, ma il tempo passa in fretta: la mietitura è forse per domani.

Una fede a schemi non funziona più

Ottava puntata della rubrica «Verso il Sinodo sui giovani», firmata da don Armando Matteo sulla rivista Vita pastorale, che ringraziamo per il consenso a riprendere l’appuntamento mensile anche su Settimana News. Di seguito gli interventi finora pubblicati: Crescere in una società senza adulti /1Se credere non è più di moda /2Ripartire dagli adulti /3La vocazione all’adultità /4La domenica al centro /5Insegna a pregare /6; Credi di più nella Bibbia /7.

Un’altra urgenza si impone oggi alla Pastorale giovanile vocazionale: quella di uscire dagli schemi. Essa, infatti, non può più fare affidamento ad un’immagine standardizzata del cammino nella fede da parte delle nuove generazioni. Un’immagine cioè ben definita e completa, fatta di tappe e scansioni cronologiche nette, con tanto di sacramenti e di impegni precisi. A causa dell’imporsi della crescente longevità, le nostre esistenze si evolvono verso modelli più aperti, più distesi, con passaggi meno definiti e più soft tra quelle che sono state sinora le diverse fasi dell’esistenza. Senza dimenticare che oggi ciascuno ha davanti a sé la sfida di reggere ad una vita che facilmente toccherà anche gli 80 e i 90 anni!

A fronte di tutto ciò, ereditiamo un cristianesimo che è stato pensato per persone con una speranza di vita media piuttosto limitata, precocemente chiamate ad assumere impegni lavorativi, familiari e procreativi. Questo comportava la necessità di un investimento catechistico significativo nell’età dell’adolescenza e un restare a disposizione, da parte della comunità ecclesiale, per eventuali “tagliandi” dell’anima qualora ce ne fosse stato bisogno. La stessa condizione di mortalità, assai percepita nel passato, era una buona premessa per una qualche configurazione personale di moralità.

Oggi siamo da tutt’altra parte. È scomparsa l’urgenza dell’educazione, del desiderio del rendere al più presto autonomi i propri “cuccioli”, dell’istruirli ed instradarli verso la qualità adulta dell’esistenza umana e del mondo. Un riscontro lampante di tutto ciò è dato per esempio dall’allungarsi dei tempi della formazione scolastica, che prevedono anche dopo la laurea (sic!) una quantità infinita di master e corsi di specializzazione.

Continuare ad immaginare un’introduzione all’esperienza della fede cristiana standardizzata rischia di fare un bel buco nell’acqua. Certo, nel campo dell’iniziazione cristiana, servono gli schemi, le tappe, le guide…, ma è fuori discussione che tutto ciò non funziona più come prima. La vera urgenza è quella di aiutare ciascun giovane a trovare la propria strada verso l’incontro con il Dio del vangelo, facendo memoria della fondamentale verità espressa da Benedetto XVI nellaDeus caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

Per la Pastorale giovanile vocazione non si tratta più della consegna di un pacchetto di dottrine e di istruzioni, valevoli per tutti e per ogni occasione dell’esistenza. È tempo, piuttosto, di invitare ciascuno a percepire l’amore di Dio e di accompagnarlo ad assumere lo sguardo di Gesù sulla propria vita, sul mondo e su Dio. Il tempo che viviamo ci offre un’inattesa opportunità. Con i giovani di oggi non c’è più bisogno di aver fretta. Si può  concedere loro di far bollire le domande e i dubbi, di far decantare le loro precedenti attese deluse da parte della Chiesa, dei preti, di una certa immagine di Dio stesso; e di potersi aprire alla gioia del Vangelo.

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Parlare di pigrizia nel tempo di Internet

Sosteneva Hofmannsthal ne Il libro degli amici che «vi è negli spiriti superiori una pigrizia feconda e una improduttiva, ed esse sconfinano apparentemente l’una nell’altra in una regione che si sottrae al nostro sguardo».

Parlare di pigrizia nel tempo di Internet, quando tutto è stato accelerato e viviamo correndo, diventa quasi una necessità. E poi di pigrizia ve ne sono di diversi generi, oltre i due indicati da Hofmannsthal, tanto che è possibile confonderli anche con la legittima difesa; comunque, questa – definiamola così – «sonnolente presenza» non va confusa con l’ozio.

Chi volesse conoscerla meglio, dovrebbe risalire il tempo di un’ottantina d’anni e andare ad ascoltare un singolare discorso che lasciò molti presenti a bocca aperta. Vediamo data, persona e luogo.

Il 17 novembre 1936, Jacques Leclerq, moralista e sociologo, docente all’Università di Lovanio, era accolto nella Libera Accademia del Belgio. Per rispondere alle felicitazioni a lui indirizzate, pronunciò un «Elogio della pigrizia». Ora il Centro editoriale dehoniano di Bologna l’ha tradotto con una nota di lettura di Enzo Pace (EDB, pp. 56, euro 6,50) e con il «Supplemento» che l’autore scrisse dopo la Seconda guerra mondiale.

Leclercq non fu soltanto un teologo o filosofo, ma – come nota appunto Pace – seppe essere uno studioso impegnato attivamente nella vita sociale del suo Paese e un poeta. Un suo verso, amato da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolarini, recita: «Verrò verso di te, con il mio sogno folle: portarti il mondo fra le braccia». Inoltre fu anche un grande esperto di pigrizia.

Il libretto delle edizioni EDB fa parte di quel genere che un tempo si definivano «da comodino» e ogni sera sarebbe opportuno leggerne una pagina. Aiuta a riflettere e a porsi domande non banali.

Osservazioni garbate, qua e là vene d’ironia. Si chiede: «Avete notato che, per ammirare, occorre fermarsi? E per pensare, pure?». Domande, queste ultime, che contengono una forte polemica contro le visite veloci a città o musei; o sbugiardano i ragionamenti improvvisati. La bellezza, sembra sussurrare Leclerq, ha bisogno di tempo; le scelte della vita, di calma.

Dal «Supplemento» riprendiamo due osservazioni: «Se non ci sono più le distanze, non c’è più il movimento»; oppure: «Le nuove Carmelitane praticano la contemplazione, lavorando come operaie o commesse di negozio». Riguardano, la prima, i viaggi di tutti, in un mondo che si sposta continuamente, fa le medesime cose ovunque e non sa più osservare. E, la seconda, la nuova religiosità. Senza il tempo che caratterizza il sacro, che cosa è possibile comunicare al mondo?

Non sono che due esempi, ma si potrebbe continuare. Ci fermiamo per onorare la pigrizia.

Riprendiamo la presentazione del volume di Jacques Leclerq, Elogio della pigrizia (EDB, Bologna 2017, pp. 56, € 6,50), firmata da Armando Tornoper Il Sole 24 ore lo scorso 1 giugno 2018 (disponibile online a questo indirizzo).

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