Il filosofo Todisco. La strada di san Bonaventura per la felicità

La strada di san Bonaventura per la felicità

È inutile nasconderlo. Dentro di noi c’è un desiderio mai sazio di felicità. L’uomo di ogni tempo ha fatto i conti con questo bisogno incalzante che puntualmente riemerge. Nessuna gioia materiale riesce ad appagarlo. Non a caso anche un animo profondo come Giacomo Leopardi si interrogava spesso: «Che cos’è dunque, la felicità? E se la felicità non esiste che cos’è dunque la vita?». Una questione essenziale oggi spesso banalizzata o fraintesa nell’era dei social. Occorre uno sguardo più elevato, anche perché riguarda il destino stesso della nostra esistenza: sentirsi nelle mani di un Padre è diverso dalla prospettiva di essere frutto del caso e finire nel nulla. È questo il percorso tracciato anche da Orlando Todisco, frate minore conventuale, in un ponderato volume filosofico: Stare bene al mondo. L’arte di essere felici secondo san Bonaventura (Porziuncola, pagine 230, euro 18). Docente e autore di numerosi saggi sulla metafisica medievale, Todisco propone un cammino controcorrente, ispirato alle lezioni di un grande mistico e dottore della Chiesa, tra i primi seguaci di Francesco d’Assisi. Quel Giovanni Fidanza, nato a Bagnoregio ( Viterbo) nel 1217, a cui da bambino il Poverello guarendolo avrebbe predetto «buona ventura» (da cui fra Bonaventura).

In che cosa si distingue la felicità secondo san Bonaventura da quella intesa oggi?

«Se per Bonaventura è un modo più o meno stabile di stare al mondo, la felicità oggi è l’incrocio di eventi favorevoli, che accadono e scompaiono con grande velocità; più che un saper vivere è l’improvvisa insorgenza di emozioni colte nella loro immediatezza. Questo perché la pupilla dell’occhio moderno è di carattere possessivo, quasi si venga al mondo per prendere e farsi valere». Come si è arrivati a questo sguardo distorto? «Abbiamo perso la concezione secondo cui il mondo è un dono e noi siamo chiamati ad abbellirlo, non a depredarlo. Bonaventura ci pone davanti all’alternativa: o il fascino dell’essere come dono, da accogliere e vivere donandolo a propria volta, o la rivendicazione dell’essere come diritto. Eppure nessuno viene al mondo da sé. Il che implica, anzitutto, il riconoscimento che l’altro viene prima di me, colui cioè (Dio, il singolo, la comunità) che mi ha chiamato gratuitamente all’essere. L’egoismo, come misconoscimento del primato dell’altro, è l’idolatria della menzogna».

La consapevolezza di sentirsi amati genera la felicità che però non è tale se non è condivisa.

«Non solo non si viene da sé, ma neppure si può vivere senza il supporto dell’altro. La coscienza della propria auto-insufficienza accompagna l’intera avventura. Ma non è motivo di umiliazione, perché l’altro che mi ama, mi vuole creativo, non suddito. La potenza del dono sta nel suscitare in colui che lo riceve il desiderio di donare a propria volta secondo la logica del dono, che è logica circolare».

Tutti i filosofi hanno cercato la felicità. Ma quale il loro limite secondo Bonaventura?

«Ciò che conta per i filosofi è il sapere, non l’essere Bonaventura, rilevando che Dio non è, ma si dona, espressione suprema della logica oblativa, fa emergere quella dimensione espansiva che evita l’idolatria del sapere e spinge a condividere la vita e dunque a cercare la propria felicità nella felicità dell’altro, perché altrimenti è solo una maschera, più o meno dissimulata, del proprio egoismo».

Chi sono nel concreto gli uomini “oblativi”?

«La logica oblativa matura là dove è in atto il passaggio dall’ “essere-come-diritto” all’ “essere-come-dono”. E non è forse questa l’ispirazione dei missionari, delle famiglie, dove ognuno è padrone e servo, come dell’immenso panorama del volontariato?».

In che cosa è più evidente il francescanesimo di Bonaventura?

«Intuendo la pericolosità del primato della ragione e dunque della filosofia – questo il senso della diffidenza di Francesco per il sapere – che avrebbe fatto crescere il nostro potere ma impoverito l’orizzonte, Bonaventura ha aperto un’altra strada, affermando che le cose sono opera della benevolenza di Dio. Ben diverso è lo scenario della filosofia occidentale, secondo cui il mondo è come una sfinge da interrogare, una minaccia da scon- giurare o una miniera di risorse da sfruttare. È questo il cuore della proposta di Bonaventura: l’amore oblativo, anima dell’alleanza tra Dio e l’uomo oggettivata nel mondo come dono, da accogliere e custodire».

Bonaventura, generale dell’Ordine francescano per diciassette anni, è anche l’autore della prima biografia ufficiale su san Francesco. Ma oggi viene accusato di aver tradito l’immagine storica del Poverello.

«È vero che nel Capitolo generale di Parigi del 1266 ordinò di eliminare tutti gli scritti relativi a Francesco. Ma con l’esplicito obiettivo di impedire il consolidamento dell’immagine del santo teorizzata da Gioacchino da Fiore come se fosse un rivoluzionario politico, un contestatore e un sovversivo dell’ordine ecclesiale, sociale o istituzionale. Bonaventura, ha riscritto la biografia di Francesco, ma senza tradirne i tratti essenziali. LaLeggenda Maggiore è un’opera politica, propria di un teologo che ama sopra ogni cosa la comunione della famiglia francescana con la gerarchia, con il clero e l’autorità accademica».

«Per san Bonaventura il destino ultimo dell’uomo è amare Dio, l’incontrarsi ed unirsi del suo e del nostro amore. Questa è per lui la definizione più adeguata della nostra felicità». È quanto ha scritto papa Benedetto XVI, un grande ammiratore del santo francescano.

«Uno dei motivi di questo fascino è costituito dalla “razionalità allargata” di Bonaventura, grazie a cui viene superata la separazione tra ciò che è divino e ciò che è umano, ciò che è eterno e ciò che è temporale, propria di una certa epistemologia occidentale. Per il santo non si possono isolare tra i di loro i rami del sapere. Le grandi interrogazioni e i conseguenti orizzonti di luce sorgono solo quando si associano le conoscenze delle singole discipline. Nel caso del loro isolamento si cade inevitabilmente in errore, come è capitato ai sommi filosofi, Aristotele e Platone, autori di grandi filosofie ma prive della coscienza dell’essere via per forme ulteriori di sapere. Vale anche per la teologia se non oltrepassa se stessa in direzione della santità. Il problema della scienza non è solo teoretico. Non è sufficiente sapere quanto è buono il Signore, occorre gustare tale bontà, vivendola».

avvenire

Sognatori, vivi, coraggiosi: i giovani secondo papa Francesco

Sognatori, vivi, coraggiosi: i giovani secondo papa Francesco

Il testo che segue è tratto dal volume L’educazione secondo papa Francesco (138 pagine, 14 euro), pubblicato da Edb e curato dal direttore dell’Ufficio Cei per l’educazione, la scuola e l’università Ernesto Diaco. La prefazione è di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Il volume raccoglie i sei interventi della X Giornata pedagogica del Centro studi per la scuola cattolica (14 ottobre 2017).

Lo sguardo di Francesco sui giovani, come del resto nei confronti di ogni realtà, è sempre uno sguardo positivo che rifugge da qualunque tentativo di giudizio categorizzante, perché fondato sul desiderio e sulla possibilità di fidarsi di loro, puntando al cuore più che ai comportamenti esteriori. La conoscenza nasce innanzitutto dall’incontro e si tratta sempre di un incontro umano e umanizzante. Da esperto nella «cultura dell’incontro» egli comunica ai giovani un messaggio chiave che sollecita a creare ponti, a tessere relazioni, a chiedere all’altro con delicatezza disponibilità e apertura a dialogare, a entrare in sintonia e in confidenza reciproca. E lui i giovani li conosce con il cuore, trovando con immediatezza una consonanza reciproca, aprendosi all’altro con confidenza («Vi farò una confidenza…», «Voglio parlarvi da persona a persona…»), stimolando la capacità di porsi domande e, nello stesso tempo, tentando di rispondere a esse con semplicità, con un linguaggio diretto e chiaro.

Ci chiediamo: come li conosce? Con quali coordinate concettuali egli legge e interpreta la condizione giovanile? La sua conoscenza non si può ricondurre a una mera rassegna di analisi sociologiche, che seppure necessarie tuttavia potrebbero indurre alla creazione di stereotipi o visioni pregiudiziali con cui si corre il rischio di incasellare i comportamenti dei giovani, perdendo di vista l’essenziale e cadendo vittime della semplificazione di una realtà che si presenta sempre complessa e articolata. Non si tratta evidentemente di una conoscenza di carattere puramente scientifico, pur presupponendola, né di una conoscenza basata su standard preconfezionati. La sua attenzione è orientata da una profonda – e soprattutto «esperienziale» – conoscenza delle generazioni giovanili che promana dall’ascolto, un ascolto sincero e rispettoso, non giudicante e accogliente. E ciò è dovuto principalmente a una naturale sintonia, malgrado la sua età, con le problematiche e i bisogni dei giovani, oltre che da una sua particolare sensibilità alla loro richiesta di aiuto e di vicinanza. Papa Francesco non ha assolutamente la pretesa di interpretare, né di analizzare, quasi al microscopio, la complessa situazione giovanile, ma – come ha affermato in diverse circostanze – preferisce sentire con il battito del loro cuore e il ritmo della loro mente. Il suo accostarsi al mondo dei giovani si fonda su un atteggiamento veramente empatico che gli consente di entrare in dialogo, «mettendosi accanto» con una prossimità tale da essere percepita chiaramente dai giovani che avvicina. Ed è proprio su tale prossimità che egli, fin da quando era incaricato della formazione dei giovani gesuiti in Argentina, ha puntato in un’ottica formativa, nella convinzione che l’essere vicino alle persone povere forma il cuore del sacerdote. Per comprendere a fondo la realtà – è questa la sua convinzione – occorre muoversi dalla posizione centrale di calma e di pace verso le aree periferiche, senza cadere nella tentazione di «addomesticare le frontiere» portandole verso di noi per verniciarle un po’ e addomesticarle. (…)

Cosa chiede papa Francesco ai giovani? Le direzioni dell’educare, le proposte e gli appelli che rivolge ai giovani sono molteplici, tuttavia si possono sintetizzare in alcuni elementi essenziali, che trovano il loro significato più profondo nel contesto del dialogo in cui prende forma una relazione educativa di crescita reciproca. E ciò è possibile soprattutto attraverso l’accompagnamento personale dei processi di crescita, fondato sull’arte di ascoltare che introduce gradualmente le persone alla piena appropriazione del mistero. Parafrasando alcune delle espressioni tipiche presenti nei discorsi rivolti ai giovani, vorrei far emergere alcuni tratti di un percorso educativo e pastorale che potrebbero costituire una pista per l’elaborazione di una proposta formativa.

1. Diventare artigiani di futuro.
Ai giovani scoraggiati perché la società non sa regalare loro un futuro papa Francesco chiede di divenire essi stessi artigiani del futuro, di rendersi protagonisti del loro cammino, proprio perché al di là del bisogno immediato di lavoro e di realizzazione personale essi sono assetati di verità, ricercatori di bellezza, appassionati della vita. (…)

2. Essere capaci di sognare.
È una capacità che deve contraddistinguere i giovani: «Nell’obiettività della vita deve entrare la capacità di sognare. E un giovane che non è capace di sognare è recintato in se stesso, è chiuso in se stesso». (…)

3. Mettersi in gioco puntando su grandi ideali.
Consapevole delle difficoltà attuali in ordine a tali obiettivi, che inducono i giovani ad avere paura di progettare a lungo termine, il Papa sollecita: «Non lasciatevi rubare il desiderio di costruire nella vostra vita cose grandi e solide! È questo che vi porta avanti. Non accontentatevi di piccole mete!». (…)

4. Ricostruire una nuova fiducia nella vita.
Ai giovani di Torino ricorda le parole del beato Pier Giorgio Frassati, un giovane come loro: «Vivere, non vivacchiare! Vivere!». E li incoraggia a «fare cose costruttive, anche se piccole, ma che ci riuniscano, ci uniscano tra noi, con i nostri ideali: questo è il migliore antidoto contro questa sfiducia nella vita, contro questa cultura che ci offre soltanto il piacere: passarsela bene, avere i soldi e non pensare ad altre cose». (…)

5. Trasformare la difficoltà in un’opportunità.

Come un vero educatore papa Francesco sa stimolare nei giovani la capacità di trasformare le difficoltà in opportunità, «la parete in un orizzonte», un orizzonte che apre il futuro: «Davanti a una esperienza negativa – e molti, molti di quelli che siamo qui abbiamo avuto esperienze negative – c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù». (…)

6. Prendere la vita nelle proprie mani e decidere responsabilmente.

Papa Francesco chiede ai giovani di recuperare la capacità di prendere in mano la propria vita e di fare delle scelte che siano libere e responsabili. Egli afferma che «Dio chiama a scelte definitive, ha un progetto su ciascuno: scoprirlo, rispondere alla propria vocazione è camminare verso la realizzazione felice di se stessi». (…)

7. Avere il coraggio di andare controcorrente.

Papa Francesco chiede ai giovani di andare controcorrente, contrapponendosi alla cultura dell’individualismo, in cui «l’aspirazione all’autonomia individuale è spinta fino al punto da mettere sempre tutto in discussione e da spezzare con relativa facilità scelte importanti e lungamente ponderate». (…)

8. Essere protagonisti del cambiamento della società.
Il Pontefice insiste molto sulla capacità di sentirsi protagonisti del cambiamento della società, perché «non siamo venuti al mondo per “vegetare”, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. (…) È molto triste passare nella vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà». (…)

9. Essere costruttori di un’umanità nuova.

Papa Francesco nei suoi discorsi e incontri con i giovani sottolinea spesso la necessità di essere costruttori di un’umanità nuova, uscendo da se stessi per far fiorire la civiltà dell’amore. Li invita a servire gli altri sull’esempio di Gesù e a trovare il coraggio di essere protagonisti promuovendo tre tipi di cultura: la cultura dell’incontro, della solidarietà e della costruzione di ponti umani: «Il Signore vi rinnova l’invito a diventare protagonisti nel servizio; vuole fare di voi una risposta concreta ai bisogni e alle sofferenze dell’umanità; vuole che siate un segno del suo amore misericordioso per il nostro tempo!». (…)

10. Divenire cittadini responsabili.
Uno dei traguardi fondamentali dell’educazione verso cui il Papa orienta i giovani è quello di divenire, o meglio formarsi, ossia configurarsi come «cittadini responsabili in seno a un popolo, non come massa trascinata dalle forze dominanti. (…) Ciò richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta. È un lavoro lento e arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo fino a sviluppare una cultura dell’incontro in una plurima armonia».

di Giuseppina Del Core – Preside della Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium, Roma

in avvenire

Social Media e Giornalismo, come cambia l’informazione Come si intergrano i social network nelle strategie di informazione e comunicazione? Se ne parla dal 17 al 19 maggio alla sesta edizione di #SMMdayIT

Social Media Marketing Day Italia © ANSA

Come si intergrano i social network nelle strategie di informazione e comunicazione? Se ne parla dal 17 al 19 maggio alla sesta edizione di #SMMdayIT evento di riferimento per la Social Media Digital Communication in Italia per il B2B.

Il cambiamento Social e Digital è continuo, essere aggiornati sulle evoluzioni e confrontarsi diventa l’unico modo per utilizzare al meglio questi potenti strumenti. Tra gli argomenti in programma, la Digital Communication Trends 2018-2019, le strategie Social e Digital, Video e LiveStreaming-, Advertising sui Social, DataPrivacy e Diritto Digitale, ChatBot ed Intelligenza Artificiale.

Numerosi gli ospiti sul palco: dal direttore di Fanpage.it a Medici senza Frontiere, da Confcommercio al  Milanese Imbruttito, passando per esperti, legali, tecnici e professionisti dell’informazione. Tra questi, anche il direttore dell’Ansa, Luigi Contu, che spiegherà quale sia l’evoluzione dell’Agenzia.

L’evento di giovedì 17 potrà essere seguito in diretta streaming su Ansa.it e sulla pagina Facebook di ANSA.

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Trovato un buco nero dalla massa di 20 miliardi di Soli Ogni due giorni divora materia pari a due volte la nostra stella

Scoperto un buco nero con una massa 20 miliardi di volte maggiore rispetto a quella del nostro Sole. E’ nato quando l’universo era giovanissimo, è molto distante, si espande ad una velocità superiore a quella ogni altro buco nero finora osservato e sta divorando la materia che lo circonda al ritmo di una quantità doppia a quella del Sole ogni due giorni. La scoperta, dell’Università Nazionale Australiana (Anu), è annunciata sulla rivista Publications of the Astronomical Society of Australia.

Il massiccio buco nero emette quantità enormi di energia, composta principalmente diluce ultravioletta ma anche di raggi X, scrive Christian Wolf, della Research School of Astronomy and Astrophysics dell’ateneo e coordinatore della ricerca. “Se questo mostro fosse al centro della nostra Via Lattea, brillerebbe 10 volte della luna piena. Apparirebbe – ha aggiunto – come una stella incredibilmente luminosa, che farebbe scomparire dalla vista tutte le stelle del cielo“.

E’ stato possibile individuare questo mostro cosmico utilizzando l’osservatorio della stessa università a Siding Springs, dotato di un telescopio SkyMapper da 2,3 metri. Gli astronomi che lo hanno scoperto, coordinati da Christian Wolf, lo descrivono come “un mostro che divora una massa equivalente al nostro Sole ogni due giorni”.

Gli studiosi hanno guardato indietro fino a oltre 12 miliardi di anni, fino ai primi tempi bui dell’universo, quando secondo le loro stime il buco nero super massiccio aveva dimensioni pari a 20 miliardi del nostro Sole, con un tasso di crescita dell’un percento ogni milione di anni. “Questo buco nero cresce così rapidamente da brillare migliaia di volte più di un’intera galassia grazie a tutti i gas che risucchia continuamente, che causano forte frizione e grande calore”, sottolinea Wolf. Buchi neri così grandi e di così rapida crescita sono estremamente rari.

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Avvenire compie 50 anni, ‘un giornale per pensare’ Presentate a Milano le iniziative del quotidiano cattolico

Un poster raffigurante copertine storiche di Avvenire fotografato in occasione dell'incontro per  celebrare i 50 anni del quotidiano cattolico 'Avvenire'. Milano, 16 Maggio 2018 © ANSA

Compie i “primi cinquant’anni”, il quotidiano cattolico Avvenire, che da Milano ha dato il via alle iniziative che condurranno al 4 dicembre, giorno in cui nel 1968 uscì la prima edizione. Con lo sguardo al futuro, che passerà anche da un aggiornamento grafico, il direttore Marco Tarquinio ha sostenuto, in un incontro nella sede del giornale, a Milano, che occorre fornire “non un’informazione che assomiglia a chi lo compra ma che aiuta a pensare”.

“Abbiamo il dovere di pensare lo strumento giornale – ha aggiunto – come uno strumento utile dentro la nostra società: non solo fornitore di notizie, ma anche di una visione armonica di un giorno nel mondo, da offrire a chi si fida di noi” Per l’anniversario è stato anche presentato il libro ‘Voci del verbo Avvenire – I temi e le idee di un quotidiano cattolico 1968-2018’, edito da Vita e Pensiero, che propone le riflessioni delle principali firme del quotidiano sulla politica, l’economia, la società, la scienza, la cultura e la fede, ed è curato dal giornalista e scrittore Alessandro Zaccuri.

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