WhatsApp, stop nell’Ue ai minori di 16 anni Il servizio di Facebook si adegua alle regole privacy europee

App di WhatsApp © EPA

Niente WhatsApp alle scuole medie e nel biennio delle superiori: la chat, finora vietata ai minori di 13 anni, a breve sarà preclusa agli under 16. A meno che non siano autorizzati dai genitori. La nuova norma, di cui ancora non si conosce la modalità (e l’efficacia) d’applicazione, varrà solo in Europa, e servirà ad allineare la app al nuovo regolamento Ue sulla privacy (Gdpr) in vigore dal prossimo 25 maggio.

L’adeguamento di WhatsApp arriva dopo quello di Facebook, anch’esso di proprietà di Mark Zuckerberg.

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Ecolabel Ue festeggia 25 anni con test positivi su prodotti

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BRUXELLES – L’etichetta ecologica Ue Ecolabel celebra i suoi 25 anni presentando una metodologia comune per assegnare e comunicare la ‘patente verde’ dei prodotti.

Le sperimentazioni su uno standard Ue per l’impronta ecologica dei prodotti, che hanno coinvolto oltre 260 società e organizzazioni tra il 2013 e il 2017, hanno dato esito positivo e sono stati presentati a una conferenza a Bruxelles dal titolo ‘Impronta ecologica europea, dalla visione all’azione’. Un Ecolabel affidabile “lo vogliono tutti, imprese e consumatori”, racconta all’ANSA Fabio Iraldo, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il docente ha presentato una ricerca sulla comunicazione dell’etichetta ecologica e l’esperienza del marchio ‘Made Green in Italy’. “Tutti fanno marketing sull’ambiente, ma i consumatori chiedono informazioni affidabili e le aziende vogliono regole chiare e uguali per tutti”, afferma. I test hanno dimostrato che “il metodo è robusto, ci sono margini per perfezionarlo ma funziona per molte categorie di prodotti”, dall’agroalimentare ai tessuti o alla carta. Per ampliare la platea di settori economici coinvolti “serve un salto di qualità operativo – spiega Iraldo – guidato da una spinta politica e istituzionale, così potremmo aumentare le categorie di prodotti coperti in due anni”.(ANSA).

Record di microplastiche nel mare Artico

Un tricheco su una piattaforma di ghiaccio © EPA

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Fino a 12.000 particelle minuscole di 17 tipi diversi di microplastica intrappolate in un litro di ghiaccio marino. E’ quanto è stato trovato in campioni prelevati da cinque regioni del mar glaciale Artico da ricercatori dell’Istituto tedesco Alfred Wegener, Helmholtz Center for Polar and Marine Research, secondo cui è una quantità record, molto superiore a quanto trovato in passato.

Pubblicato sulla rivista Nature Communications, lo studio indica le possibili fonti di inquinamento fra cui ci sono sei tipi di materiali che hanno rappresentato circa la metà di tutte le particelle microplastiche rilevate: polietilene e polipropilene (usati per imballaggi), vernici (delle navi), nylon (delle reti da pesca), poliestere e acetato di cellulosa (principalmente utilizzato nella produzione di filtri per sigarette).

Queste microplastiche avrebbero origine dall’enorme accumulo di spazzatura galleggiante nell’Oceano Pacifico, la cosiddetta “isola di plastica”, da vernice e nylon provenienti rispettivamente delle navi e dalle reti per la pesca in mari vicini e poco profondi della Siberia, dal progressivo deterioramento di pezzi di plastica più grandi, dal riciclo di tessuti sintetici o dall’abrasione di pneumatici di automobili, che galleggiano nell’aria come polvere e poi sono trasportati nell’oceano dal vento oppure attraverso le reti fognarie.

“Le particelle microplastiche fluttuanti sono spesso colonizzate da batteri e alghe, che le rendono via via più pesanti e le fa scivolare verso il fondo marino molto più velocemente”, spiega la biologa dell’Awi e coautrice dello studio Melanie Bergmann indicando che nello stretto di Fram (tra le isole Svalbard e la Groenlandia) “recentemente abbiamo registrato concentrazioni di microplastiche fino a 6.500 particelle per chilogrammo nel fondo marino, valori estremamente elevati”.

Giornata mondiale contro la malaria, 216 milioni casi nel mondo

Con 216 milioni di casi nel mondo, secondo il report 2016 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e 445.000 decessi, la malaria rimane tutt’oggi la principale causa di mortalità infantile e di infermità in 91 Paesi tropicali. E’ quanto sottolinea, in occasione della Giornata mondiale contro la malaria, l’Istituto Pasteur Italia. Oltre il 70% di tutti i decessi per malaria riguarda bambini sotto i cinque anni, dei quali oltre l’80% in Africa sub-sahariana. In questa regione solo il 19% dei bambini colpiti da malaria riesce a ricevere un trattamento a base di artemisinina e ogni 2 minuti muore un bambino a causa di questa malattia. Secondo l’Unicef, si tratta di una ”malattia prevenibile e curabile che mette a rischio metà della popolazione mondiale.

Nel 2016 quasi 300 mila bambini sotto i 5 anni sono morti a causa della malaria: 800 giovani vite perse ogni giorno. Fra tutte le malattie trasmissibili, la malaria è terza, dopo polmonite e diarrea, per numero di bambini morti di età fra un anno e cinque mesi”. Ciononostante, ”i finanziamenti si sono fermati, mettendo milioni di vite e decenni di investimenti a rischio” lamentano l’Unicef e la Roll Back Malaria Partnership hanno lanciato l’hashtag #readytobeatmalaria, per aumentare la consapevolezza sull’importanza di sconfiggere per sempre questa malattia.

”Le zanzare Anopheles, formidabili vettrici dei plasmodi malarici, hanno sviluppato resistenza agli insetticidi.   La specie più mortale (Plasmodium falciparum) ha anche sviluppato resistenza ai più recenti farmaci derivati dall’Artemisia, nel Sud-Est Asiatico” segnalano i microbiologi clinici italiani dell’Amcli, secondo i quali la malaria è l’unica vera urgenza in parassitologia, in poche ore (4-6) un soggetto può sviluppare una forma grave con elevato rischio di perdita della vita.

A fine 2017, il Consorzio internazionale Anopheles gambiae 1.000 genomes (Ag1000G) – creato nell’ambito del Network internazionale sulla genomica ed epidemiologia della malaria – ha presentato su Nature i primi risultati ottenuti analizzando il genoma di 765 esemplari di Anopheles gambiae e Anopheles coluzzii. Il lavoro è stato possibile grazie al contributo di ricercatori di 29 gruppi di ricerca europei, statunitensi e africani. I dati ottenuti hanno evidenziato una straordinaria variabilità genetica e pongono le basi per affrontare le nuove sfide nella lotta alla malaria: dallo sviluppo di strategie di controllo genetico, allo studio di metodi per arginare il fenomeno, sempre più emergente, della resistenza agli insetticidi.(ANSA).

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