Ebrei, cristiani e musulmani insieme per salvare il pianeta

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Al centro congressi Notre Dame di Gerusalemme, ebrei, cristiani e musulmani si sono trovati insieme per riflettere, alla luce dell’Enciclica Laudato Si’, su come salvaguardare insieme la Casa Comune. Il card. Turkson: “necessario lavorare per una reale conversione ecologica”

La cura del Creato a partire dall’Enciclica di Papa Francesco Laudato Si’: è il tema della conferenza che si è svolta oggi al centro Notre Dame di Gerusalemme. Obiettivo della giornata presentare alla società israeliana e a quella palestinese l’enciclica del Pontefice, discutere insieme di salvaguardia della ”Casa comune” e di “ecologia integrale”, con lo sguardo delle tre religioni monoteiste che insieme possono cooperare alla realizzazione del bene comune. Rispondendo all’invito del Papa che nell’Enciclica si rivolge “a ogni persona che abita questo pianeta”, i relatori hanno parlato davanti a un variegato pubblico di cristiani, ebrei e musulmani.

Lavorare per una reale “conversione ecologica”

All’evento, organizzato dalla Commissione Giustizia Pace e Integrità del Creato della Custodia di Terra Santa, è intervenuto anche il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Dopo i saluti di benvenuto del Custode di Terra Santa, Fr. Francesco Patton, il cardinal Turkson ha insistito sulle cinque sfide da affrontare per  la costruzione di un’ecologia integrale: esclusione, indifferenza, inequità, mancanza di solidarietà e poi i conflitti che affliggono molti paesi e popolazioni. Secondo il cardinal Turkson, sulla scia della Laudato Si’, bisogna lavorare per una reale “conversione ecologica”, che non sia isolata, ma comunitaria.

“Non si può parlare di ecologia integrale – ha detto Turkson – senza riconoscere il fatto che il cuore di tutto questo è la comunione, il tenere tutto insieme. Perché quando i sistemi diventano esclusivi – ossia mettono qualcuno da parte – non sono buoni. Inoltre, esiste anche l’ineguaglianza, la mancanza di equità, come dice Papa Francesco: questo è l’altro nemico di oggi. Ancora c’è l’indifferenza e unita a questa, la mancanza di solidarietà. Parlando di ecologia sociale, l’enfasi deve essere messa invece sulla fratellanza dei popoli. E se manca la solidarietà, se la gente non riesce a sentirsi unita, diventa difficile realizzare questi scopi. Quindi alla fine si mette grande enfasi sulle guerre, i conflitti: e questo rovina tutto, non solo l’ecologia sociale. E’ necessario capovolgere questi schemi”.

Il contributo delle diverse religioni

Presente alla conferenza anche il professor Mohammed S. Dajani Daoudi, direttore e fondatore del Wasatia Academic Graduate Institute, che ha parlato di cosa significa “prendersi per mano” nella tradizione abramitica giudeo-cristiana per proteggere Madre Terra, mentre ilrabbino David Rosen, direttore internazionale degli Affari Interreligiosi (AJC), ha delineato le prospettive giudaiche su un’ecologia integrale. In chiusura della giornata il professor Stefano Zamagni, docente di Economia all’Università di Bologna e Membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha approfondito il tema “Misericordia e sviluppo integrale dell’uomo”.

Vaticana News

Confronti . E’ giapponese l’auto a benzina che consuma meno

E' giapponese l'auto a benzina che consuma meno

È la giapponese Toyota Aygo l’auto a benzina che consuma meno tra quelle più vendute negli ultimi due mesi. È quanto emerge da una classifica stilata dal sito Autouncle che ha preso in considerazione i modelli usciti negli ultimi 5 anni e che hanno venduto almeno 500 esemplari. Nel dettaglio, secondo il motore di ricercawww.autouncle.it , la city-car nipponica (1.0 VVT-i da 69 CV) che vanta 18 km con un litro, è seguita da un’altra piccola cittadina, la Smart fortwo coupé (1.0 per 71 CV) che promette 17 km/l. Chiude il podio la Renault Twingo con motore 1.0 SCe da 70 CV che si mantiene invece sui 16,6 km/l.
Segue poi la prima asiatica, la Hyundai i10 (1.0 MPI style e 66 CV), con 16,5 km/l; la Citroën C1 a 16,4 km/l. Altro gioiello
della casa vendutissimo, ma di tutt’altro tipo, la Citroën C4 Cactus PureTech da 110 CV che si mantiene sullo stesso livello
della sorellina C1. Al settimo posto la Fiat 500 dotata del bicilindrico TwinAir da 105 CV, per 16,3 km/l. Altra bestseller in senso assoluto, la Volkswagen Golf a 5 porte (1.0 TSI e 100 CV) offre lo stesso consumo della 500. Ulteriore Smart in classifica, la forfour 70 (1.0 twinamic passion con 71 CV) che viaggia a 16,1 km/l mentre chiude la classifica la Kia Picanto con motore 1-2 12V GT Line da 84 CV a 15,9 km/l.

da Avvenire

Musica. Morto Roberto Bignoli, voce cristiana del rock

Con lui se n’è andato un protagonista della musica cristiana, aveva vinto cinque Unity Awards. Tra le sue canzoni più note ricordiamo Non temere e Totus Tuus cantate davanti a Giovanni Paolo II

Roberto Bignoli (Fotogramma)

Roberto Bignoli (Fotogramma)

Era un innamorato di Dio e della musica e ha dedicato trent’anni della sua vita a raccontare con le parole e la chitarra una fede vissuta con profondità. Il cantautore Roberto Bignoli è morto a Rho ieri pomeriggio dopo una lunga malattia. Ricoverato da più di due mesi in ospedale, lunedì scorso, in seguito a un aggravamento, era entrato in coma.

A dare la notizia del decesso, su Facebook, la moglie Paola Maschio con un messaggio in cui ha sottolineato come «in questi ultimi difficili giorni abbiamo riscoperto l’amore di Dio e della Madonna e la forza della preghiera».

Bignoli era nato a Novara nel 1956. Con lui se n’è andato un protagonista della musica cristiana, applaudito in tutto il mondo in concerti che aggregavano sempre migliaia di persone. Aveva vinto cinque Unity Awards (i premi internazionali dell’United Catholic Music and Video Association).

Tra le sue canzoni più note ricordiamo Non temere e Totus Tuus cantate davanti a Giovanni Paolo II, Blues cielo blu, Ti voglio seguire e Ballata per Maria: si tratta di pezzi che spaziano dal rock, al pop, al blues. La sua è stata un’esistenza segnata dal dolore e dalla speranza: colpito a un anno dalla poliomelite e cresciuto in un collegio “Don Gnocchi,” Bignoli, appena diciottenne passa attraverso esperienze “estreme” che lo portano ai margini della società e persino in carcere.

Ma nel 1984, a 28 anni, l’incontro che gli cambia la vita, seguito da un “provvidenziale” viaggio a Medjugorie. «Io mi sono formato sul genere cantautoriale degli anni ’70 e ’80 – raccontava – il mio punto di riferimento è sempre stato Fabrizio de’ Andrè. Ma mi hanno influenzato anche Brel e Brassens, Jimmy Hendrix, Deep Purple e Bruce Springsteen. Il bagaglio musicale è rimasto ma è cambiato il modo di guardare la realtà e quindi di raccontarla: canto la mia storia di cristiano».

Lo studio. I Millennials tra 30 anni? Saranno poveri. Ecco la nuova «bomba sociale»

Un ragazzo davanti a un'agenzia interinale (Ansa)

Un ragazzo davanti a un’agenzia interinale (Ansa)

Da millennials a poveri nel giro di trent’anni. Sarebbe questo il destino al quale rischiano di andare incontro circa 5,7 milioni di lavoratori italiani entro il 2050. Uno scenario inquietante dipinto dal Censis per Confcooperativenello studio “Millennnials, lavoro povero e pensioni”, presentato oggi a Roma dal numero uno dell’associazione,Maurizio Gardini.

Stando ai dati ricavati dall’istituto di ricerca, a ingrossare le fila di questo futuro esercito di poveri sarebbero soprattutto i neet tra i 18 e i 35 anni, cioè coloro hanno rinunciato ad ogni prospettiva di lavoro o formazione (più di 3 milioni). A questi vanno poi aggiunti altri 2,7 milioni di lavoratori divisi tra working poor e impiegati in “lavori gabbia”. Termini del gergo statistico occupazionale che designano chi non riesce a scavalcare la soglia di povertà pur avendo un introito e quelle particolari occupazioni non qualificate dalle quali, una volta ottenute, è piuttosto difficile uscire.

Per Gardini «queste condizioni hanno attivato una bomba sociale che va disinnescata. Lavoro e povertà – avverte – sono emergenze sulle quali chiediamo al futuro governo di impegnarsi con determinazione per un patto intergenerazionale che garantisca ai figli le stesse opportunità dei padri».

E’ infatti la discriminazione tra generazioni, e il relativo trattamento previdenziale, a determinare l’orizzonte individuato dal Censis. A un giovane che ha iniziato a lavorare a 29 anni nel 2012, destinato a uscire dal lavoro a 67 anni con 38 anni di contribuzione, spetterà infatti una pensione pari al 69,7% dell’ultima retribuzione, contro l’84,3% di un ex dipendente di 74 anni che ha iniziato il suo impiego nel 1972 ed è uscito dal mercato del lavoro nel 2010.

Avvenire