Medicina. Tumori del fegato, si testa vaccino terapeutico sull’uomo

L’Istituto Pascale di Napoli

L’Istituto Pascale di Napoli

Da ieri è pienamente operativo all’Istituto nazionale dei Tumori ‘Pascale’ di Napoli e all’Ospedale ‘Sacro Cuore Don Calabria’ di Negrar ( Verona), lo studio clinico di fase 1 e 2 che valuta un vaccino terapeutico contro il tumore del fegato. È l’unica sperimentazione del genere in atto nel mondo. Il prodotto si chiama Ima970A, è specifico contro l’epatocarcinoma ed è il frutto di un investimento dell’Unione Europea che, con 6 milioni di euro, ha finanziato lo studio ‘Hepavac-101’, di cui è capofila il Pascale. Gli obiettivi: indurre nei malati una risposta immunitaria che favorisca un’ulteriore regressione della malattia dopo le terapie tradizionali; ritardare il ripresentarsi del cancro dopo le stesse; o determinare – è l’auspicio più grande dei ricercatori – l’abbattimento delle recidive.

L’Italia è affiancata, in questa prima parte del progetto, da ospedali britannici, tedeschi, francesi, spagnoli e belgi. L’arruolamento dei primi pazienti, con malattia in fase iniziale, è partito. «Lo stiamo preparando dal 2013 – spiega il coordinatore scientifico del progetto, Luigi Buonaguro, responsabile della Struttura dipartimentale di Immunoregolazione dei tumori del Pascale di Napoli –. Siamo fiduciosi e contiamo di poter avere le prime risposte entro giugno 2019». Le fasi 1 e 2 dell’iter riguardano la tollerabilità del vaccino e la sua capacità di indurre una risposta immunitaria dopo che la malattia ha mostrato una regressione grazie alle terapie tradizionali (intervento chirurgico, termoablazione o ablazione mediante radiofrequenza e microonde, chemioembolizzazione, radioembolizzazione).

«Le prime due fasi sono molto delicate – riprende Buonaguro –, ecco perché, tra tutti gli ospedali coinvolti, pensiamo di verificarle con una quarantina di pazienti. Non vogliamo indurre facili entusiasmi ma se, come speriamo, al termine di questi 18 mesi, tutto dovesse procedere come da previsioni, ci inoltreremo con vivo ottimismo nella fase 3 della sperimentazione, e cioè quella che serve a verificare l’efficacia del trattamento e per la quale i pazienti saranno molti di più. Del resto – aggiunge il ricercatore –, per il tumore del fegato, terza causa di morte per cancro nel mondo, le opzioni terapeutiche dopo il primo trattamento sono molto limitate e la sopravvivenza, a 5 anni dalla diagnosi, stante il ripresentarsi della malattia, è limitata al 20%. Ecco perché occorre insistere con la ricerca».

È quanto si sta facendo, in collaborazione con l’Università dell’Insubria, anche nell’Ospedale di Negrar (struttura della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, fondata nel 1933 da san Giovanni Calabria), dove l’Oncologia medica è diretta da Stefania Gori, neopresidente dell’Associazione italiana di oncologia medica: «Ima970A – dice – è un vaccino a base multipeptidica. I peptidi contenuti nel vaccino sono selezionati dal tessuto tumorale di epatocarcinomi provenienti da centinaia di malati. I pazienti vengono sottoposti ad esami di screening per verificare l’idoneità a partecipare allo studio, prima di ricevere il trattamento locale standard. I soggetti che, dopo il trattamento locale, non presentano evidenza di tumore, riceveranno il trattamento sperimentale. Questo è un campo affascinante della ricerca – conclude Gori –, confidiamo possa offrire risposte importanti».

avvenire

Corridoi umanitari. Italia, Francia, Belgio, Andorra: l’Europa che accoglie i siriani

Italia, Francia, Belgio, Andorra: l'Europa che accoglie i siriani

Ieri a Parigi, oggi a Roma, la prossima settimana a Bruxelles. E prossimamente anche ad Andorra nei Pirenei. Il modello di accoglienza dei corridoi umanitari inventato e gestito ecumenicamente da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese sta diffondendosi in Europa, dimostrando che è possibile, per chi viaggia e per chi accoglie, un’alternativa sicura ai viaggi della disperazione.

Stamattina all’aeroporto di Fiumicino sono atterrati con un volo Alitalia da Beirut 31 profughi siriani, selezionati tra i casi più vulnerabili dai volontari dell’operazione Colomba dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. Arrivano dai campi profughi libanesi dove sono fuggiti da Homs, Damasco, Aleppo. Hanno lasciato baracche di fortuna in cui hhanno vissuto molti mesi, spesso diversi anni . Un gruppo che si va ad aggiungere ai mille arrivati in due anni, dal 4 febbraio 2016, e inaugura l’accordo rinnovato dai promotori con i ministeri dell’Interno e degli Esteri per far arrivare altrettante persone. A farsi carico, anche economicamente, dell’accoglienza e dell’integrazione saranno anche stavolta parrocchie, famiglie, associazioni. Questi 31 sono stati smistati tra Roma, Trento, la provincia di Arezzo, l’Umbria e le Marche.

Accolti anche da Francia, Belgio e Andorra

Ieri ne erano arrivati 40 all’aeroporto Charles De Gaulle, grazie ad un accordo con Parigi sempre di Sant’Egidio e delle chiese evangeliche francesi. In Francia è il terzo gruppo. In Belgio ne è atteso un secondo, dopo il primo arrivo del 23 dicembre. E anche Andorra, il minuscolo stato tra Francia e Spagna, sta per concludere un progetto analogo che ne porterà una trentina.

Giro: «I corridoi sono un modello che funziona bene»

A dare il benvenuto ai 31, di cui 16 minorenni, sono il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, il presidente della Fcei, pastore Luca Maria Negro, il viceministro degli Esteri Mario Giro, il sottosegretario Vincenzo Amendola. Il gruppo dei bambini entra sventolando bandierine, al grido «Viva l’Italia».

«I corridoi umanitari sono un modello che funziona bene, nato da un’idea e dalla volontà di rispondere, in maniera ragionevole ed efficace, al dramma della guerra», dice all’aeroporto di Fiumicino, il viceministro MarioGiro. «I corridoi – aggiunge – sono un brand ricopiato da altri. E anche il nostro Governo lo ha adottato per la Libia. È una risposta che ci dimostra che, tra esseri umani, non c’è differenza. Molti, per fuggire dalla sofferenza e dalla guerra, sono morti in mare o nel deserto: chi oggi è qui lo è anche nel nome di chi non c’è più». Giro poi sottolinea che «chi è arrivato oggi raggiungerà già le loro famiglie che sono integrate: se accompagnata e spiegata, l’integrazione funziona molto bene e gli italiani reagiscono positivamente, nella piena sicurezza di chi accoglie e di chi arriva».

«Questa è la bella politica che si occupa dei problemi e del bene comune delle persone – dice Marco Impagliazzo– in questo caso, della protezione umanitaria e di persone che fuggono dal freddo delle baracche e dalla guerra che, dobbiamo ricordare, in Siria ancora c’è, non è finita anche se ne parla molto di meno». Parlando dei precedenti arrivi, Impagliazzo sottolinea come «l’integrazione nella società italiana, distribuita su tutto il territorio tra famiglie, parrocchie, associazioni, è stata piena e funziona bene: i bambini sono iscritti a scuola, hanno imparato l’italiano e sono i primi mediatori. Queste persone ci fanno sentire migliori, fotografia di un’Italia bella che non chiude le porte e dà una risposta concreta. È un messaggio che diamo anche all’Europa, affinché si apra alle vie legali».

Un bambino subito ricoverato, una bimba operata

Tra i 31 c’è una famiglia con 5 figli, uno dei quali in barella perché affetto da una malattia rara. È stato portato subito all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Una volta stabilizzato, andrà con fratelli e genitori a Trento, accolto dal Centro Astalli. Il capoluogo trentino ospita già molti siriani arrivati all’inizio del progetto, grazie alla collaborazione tra la Diocesi e la Provincia autonoma. Un’altra bambina, arrivata con la mamma e un fratello, dovrà essere presto operata al cuore per una malformazione genetica.

«Vorrei incontrare chi mi ha salvato in mare»

Poi c’è Wesam Jahjah, druso, 35 anni, a Fiumicino per accogliere il fratello Nawras, la sorella Kefah e la mamma Salwa. Wesam è stato salvato dalla Guardia Costiera due anni fa: «L’ultimo timbro sul mio passaporto è del Sudan, poi sono passato in Egitto, quindi in Libia e poi dieci giorni in mare», racconta sorridendo l’ex profugo, in un ottimo italiano. Ora lavora come programmatore informatico per la gestione dall’Italia di grandi marchi italiani nei duty free shop. Vive a Montevarchi, in una casa famiglia della Caritas di Fiesole. Ora che è riuscito a ricongiungersi con la sua famiglia, deve realizzare un altro sogno: «Voglio incontrare gli uomini della Guardia Costiera che mi hanno salvato. Mi ricordo tutto di quei momenti: era il 10 settembre 2014 e la nave era il pattugliatore Fiorillo 904». Non tutti qui però sono così accoglienti: «L’Italia vera non è fatta da quei partiti – dice – ma dai militari di Mare Nostrum, operazione santa come i corridoi umanitari, dalla gente che ci aiuta, dal parroco don Mauro Frasi che sta insegnando a me, druso, l’alfabeto della vita e dell’amore».

da Avvenire

Coppa Italia: Atalanta Juventus 0-1, decide Higuain

Basta un guizzo di Higuain in un buon primo tempo contro un’Atalanta poco brillante alla Juventus per fare sua di misura la semifinale di andata di Coppa Italia, ma i bianconeri di Allegri devono erigere un monumento a Buffon che abbassa la saracinesca su tiro dal dischetto e su azione risultando decisivo da neo quarantenne in vena di prolungamento di una straordinaria carriera. Bastano un paio di minuti al Pipita per prendere le misure a una difesa di casa un po’ statica impegnando Berisha defilato a sinistra e tre per insaccare bevendosi gli aspiranti marcatori – Masiello in primis – come birilli nella nebbia dopo aver recuperato palla sulla trequarti grazie al contrasto Khedira-de Roon.

All’ottavo Hateboer prende la linea di fondo per l’incornata stracca a campanile di Freuler, appena due giri di lancetta dopo la chiusura dell’olandese su Khedira servito da Douglas Costa in orizzontale. I bianconeri in kit giallo sembrano in pieno controllo, ma qualche break i nerazzurri se lo sanno concedere: al 18′ la sovrapposizione lungo la catena di destra consente a Toloi di pescare in area Cornelius, murato nel suo tentativo da Pjanic. Una cinquina di cronometro ed ecco la svolta che non concretizza: Benatia controlla di braccio la palla in mezzo di de Roon dai trenta metri, il Var dice rigore ma Buffon intuisce la mossa di Gomez e glielo para in due tempi distendendosi alla sua sinistra. È il terzo penalty sbagliato dal Papu dopo quelli di Firenze e Liverpool. Al 29′ Higuain riceve da De Sciglio e gira alto dal limite, un altro settebello e il terzino trova la sponda di Mandzukic per il sinistro di Matuidi di poco oltre il sette. Al 39′ Toloi chiude il francese sull’ennesima apertura dalla destra, stavolta del tedesco, rifinita dall’assist di Alex Sandro.

La ripresa propone Ilicic falso nueve al posto di Cornelius. Gomez telefona subito a giro rientrando dal vertice sinistro, ma i nerazzurri non riescono mai a pungere davvero. Al ventesimo, dopo la staffetta Costa-Bernardeschi, un angolo di Pjanic regalato da Castagne e respinto di testa da Masiello innesca Alex Sandro, sul cui cross Berisha si esibisce in un tuffo in presa per le telecamere. Al 28′ De Sciglio crossa per la testa di Mandzukic con la palla che si spegne a lato; scollinata la mezz’ora Gasperini fa uscire Cristante per l’esordiente Barrow (’98). Ilicic ci mette una girata stanca su cui Chiellini smorza facilmente, poi dentro anche Petagna per Gomez e Barzagli per Benatia. A due dal novantesimo l’ultima fiammata atalantina: il gambiano pesca Hateboer che si fa sbarrare la strada da Buffon, Alex Sandro respinge il tap-in di Freuler.

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Foglietto, Letture e Salmo 4 Febbraio 2018  V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

4 Febbraio 2018  V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde

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Gesù passa tra noi e ci guarisce. Ci ha rigenerati e guariti con la grazia del battesimo e ci rinnova ogni giorno con la sua misericordia.
Siamo dei salvati, ma lo siamo per essere segno del Cristo presso i nostri fratelli e le nostre sorelle.
La suocera di Pietro dà ad ognuno di noi l’esempio di chi, guarito dal Cristo, sceglie di servire.
Le folle cercano Gesù attirate da ciò che egli dice e dai segni che opera. È la carità che le richiama e la carità è certamente il segno più luminoso e distintivo di ogni comunità cristiana.
Ma per essere davvero testimoni e annunciatori del Cristo occorre ancorare la propria vita nella preghiera e nella contemplazione: Gesù si ritira a pregare solo in un luogo deserto e indica la strada maestra che dobbiamo seguire se vogliamo essere suoi veri discepoli.