Musica. Emma: «Sono cresciuta, canto la fragilità e contro il cyberbullismo»

Video e foto del nuovo album di Emma Marrone sono ambientate a New York

«Sarà che ho 33 anni come Gesù Cristo, ma ho finalmente trovato l’equilibrio. Dietro questo aspetto duro, io sono una insicura». Ha parlato col cuore in mano Emma Marrone, che non ha mai nascosto di essere credente, oggi alla presentazione alla stampa milanese del suo nuovo album, Essere qui, che esce domani 26 gennaio. Undici belle tracce affidate, sempre sotto la supervisione stretta della cantante pugliese, ad autori come Roberto Casalino, Giovanni Caccamo, Amara e Giuliano Sangiorgi. Brani che aiutano Emma a tracciare un ritratto più intimo di sé, attraverso un modo di affrontare un misto di generi blues, rock, pop attraverso sfumature più mature e sofferte nell’interpretazione. «In questo disco ho perdonato la parte più fragile di me, ho imparato ad accettare cose che preferivo non vedere: mi racconto nella forma più onesta e sincera che conosco – ha confessato la cantante – Fermarmi per un po’ mi ha dato la possibilità di ascoltarmi di più: mi mancava la fiducia in me stessa, ora vedo più luce».

Il brano manifesto del nuovo corso è L’isola, dove un suono contemporaneo e una voce più dolce invitano a uscire dall’isolamento dei nostri giorni, che appare anche nel brano Mi parli piano. E non manca anche un inno contro il cyberbullismo, Malelingue. «Nel mio piccolo vorrei dare una spinta ai ragazzi vittima di questo fenomeno – aggiunge la cantante – . La cosa migliore è reagire col sorriso e con l’indifferenza». Più matura anche grazie a una gavetta «che per me non è mai finita», e a prove difficili nella vita come il cancro affrontato e superato da giovanissima, Emma continua ad essere un riferimento musicale di forza femminile per tante sue coetanee, cosa che ribadisce ne Le ragazze, Coraggio, Sorrido lo stesso. «Io un esempio di forza per le donne? – si chiede – È una grande responsabilità, ma la mia educazione arriva da mia madre, una grande donna. Lei è il mio esempio di onestà, rispetto dell’altro e sincerità.». In un momento in cui si parla molto di violenza sulle donne e molestie, Emma si svela: «Ci sono ambienti ancora sessisti nella musica italiana, per cui mi trinceravo dietro al chiodo di pelle nera per acquistare credibilità di musicista. Oggi ho fatto pace con la mia femminilità. Mi piace quando le donne in primis sono solidali fra loro, non mi piace quando invece non si impegnano. Il modo migliore per convincere gli uomini a supportarci è raccontare con sincerità quello che siamo».

Emma Marrone stamattina a Milano durante la presentazione del suo nuovo album 'Essere qui' (foto A. Calvini)

Emma Marrone stamattina a Milano durante la presentazione del suo nuovo album “Essere qui” (foto A. Calvini)

Con la co-produzione di Luca Mattioni, Emma ha dalla sua parte una serie di strumentisti illustri tra cui Paul Turner dei Jamiroquai, Ninja dei Subsonica e Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion. Essere qui sarà presentato dal vivo in un tour che a maggio porterà Emma in sette palasport: il 16 al Pala Lottomatica di Roma, il 18 al Mediolanum Forum di Assago (Milano), il 19 al Pala Alpitour di Torino, il 21 alla Kioene Arena di Padova, il 23 al Nelson Mandela Forum di Firenze, il 26 al Pal’Art Hotel di Acireale (Catania) e infine il 28 al Pala Partenope di Napoli.

Insegnamento. Neurodidattica, ecco i trucchi per imparare con il cervello

Neurodidattica, ecco i trucchi per imparare con il cervello
Una pausa attiva è una piccola attività, in genere ludica e basata sulla collaborazione, che soprattutto nella scuola primaria può essere utilizzata per mantenere alta la concentrazione dei bambini. La specificità di quest’attività sta nel fatto di collocarsi in continuità con quello che si sta facendo in classe nella didattica. Ad esempio, se sto lavorando sulle figure piane in geometria e faccio fare ai bambini pause attive sull’origami o su altre attività di piegatura della carta, è chiaro che il momento ricreativo mantiene comunque il bambino sul tema su cui si sta lavorando. Il vantaggio è evidente: alleggerire il carico, divertire, ma senza interrompere l’attività di apprendimento, senza produrre distrazione. Le pause attive sono un esempio di spaced learning, di apprendimento intervallato, un’ipotesi di lavoro che trova la sua origine negli studi che le neuroscienze cognitive hanno prodotto sui ritmi dell’attenzione e sul processo della memorizzazione. Il nostro cervello, dicono i neuroscienziati, ha bisogno di andare in pausa periodicamente. E questo succede in particolare quando il numero di informazioni nuove che si stano introducendo è eccessivo. In questo caso l’ippocampo, una parte della corteccia che svolge una funzione fondamentale nella memorizzazione, va in sovraccarico e, di conseguenza, in situazione di stallo. Qualcosa di molto simile a quello che ci capita quando stiamo lavorando su un computer un po’ vecchio e continuiamo a digitare sulla tastiera senza aspettare il feed-back del primo input: alla fine il computer si blocca.

Quello che abbiamo descritto è solo uno dei tanti possibili incontri della scuola con la ricerca neuroscientifica. Una nuova frontiera di indagine e sperimentazione che si sta facendo largo un po’ ovunque nel mondo, dagli Usa alla Gran Bretagna, dalla Francia all’Italia. A Parigi, ad esempio, per iniziativa del ministro dell’Educazione Jean Michel Blanquer, è stata appena formata una commissione, composta da esperti di neuroscienze, per studiare soluzioni capaci di migliorare le tecniche di apprendimento. L’incontro tra scuola e ricerca neuroscientifica ha dato vita a un nuovo campo di ricerca che di solito si indica parlando di neuroeducazione, o di neurodidattica. Esso si occupa di due grandi ambiti di ricerca e di intervento che hanno a che fare con il cervello dell’insegnante ( Teaching Brain) e con gli apprendimenti degli studenti ( Learning Brain). La ricerca sul cervello dell’insegnante lavora sull’uso del corpo e della voce in situazione, sul dispendio energetico durante la prestazione, sulla biochimica della relazione con lo studente, sul rapporto tra insegnamento e stress.

Riguardo a quest’ultimo tema si sarebbe portati a credere che lo stress, nel caso dell’insegnante, abbia solo effetti negativi e sia una delle ragioni principali del burn out cui la professione va soggetta. E invece una bellissima ricerca di Vanessa Rodriguez, una giovane studiosa dell’Università di Harvard, ha dimostrato che lo stress può essere positivo e che il risultato dell’attività didattica può essere il benessere. Studiando la curva del cortisolo e il rilascio di endorfine (sostanze cui è legato il nostro benessere) di un insegnante che si prende cura dei suoi allievi, la Rodriguez ne ha registrato il sensibile aumento. In buona sostanza, fare del bene fa bene. E cioè la relazione educativa e didattica, come il grooming (lo spulciarsi a vicenda) nei primati, produce una sensazione di benessere non solo in chi lo subisce ma anche in chi lo fa.

Certo, però, le maggiori attenzioni la ricerca le riserva allo studente. Penso agli studi sulle basi neurofisiologiche dell’apprendimento e dei suoi disturbi, sul rapporto tra ripetizione e memoria a lungo termine, sul valore dell’esperienza e delle emozioni, sull’imitazione. Interessantissime le applicazioni didattiche. Ad esempio, il fatto che la memoria a lungo termine si fissi grazie alla ripetizione dello stimolo (che attiva una sequenza di sintesi proteica) spiega perché le tabelline serva impararle a memoria. La memorizzazione si traduce in risparmio di energie che rimangono libere per livelli più alti e impegnativi del problem solving: è quanto hanno dimostrato i neuroscienziati studiando la formazione dell’intelligenza matematica. Quanto all’imitazione, poi, è possibile fare riferimento alla storica scoperta dei neuroni specchio da parte dell’équipe di Rizzolatti all’Università di Parma.

Si tratta di un tipo particolare di neuroni che, nella scimmia, si attivano sia quando si compie un’azione sia quando la si osserva compiere da altri. Nell’uomo questa funzione è svolta dai neuroni che si trovano nella parte posteriore sinistra della corteccia frontale, in corrispondenza dell’area del linguaggio. Sul lavoro di questi neuroni poggia non solo la giustificazione di tutte le forme di apprendistato (dove il novizio impara affiancando il lavoratore esperto), ma anche la possibilità di comprendere come l’apprendimento passi sempre attraverso la simulazione corporea: è quanto dimostrano gli studi di Vittorio Gallese sulla capacità del cinema, e dell’immagine in genere, di attivare il nostro circuito specchio.

Ma la ricerca neuroscientifica getta anche nuova luce sul cervello degli adolescenti e sulle difficoltà che insegnanti ed educatori incontrano nel loro lavoro. Il ritmo veglia-sonno, ad esempio, è segnato nei più giovani da un rilascio in circolo della melatonina che avviene mediamente più tardi di quanto non succeda nell’adulto. I ragazzi dormono più tardi, ma anche entrano in attività più tardi al mattino. Questo confuta l’idea diffusa che le prime ore del mattino, a scuola, siano quelle più produttive: e infatti negli Usa in molte scuole si sta studiando un orario brain-based che prevede l’inizio delle lezioni alle 10.00. Un esperimento di questo tipo partirà anche in Italia: in alcune classi dell’istituto Ettore Majorana di Brindisi, una scuola superiore, dall’anno prossimo in alcune classi le lezioni incominceranno più tardi. L’altro grande tema è legato a motivazione e decisione. La corteccia frontale e prefontale, che nell’adulto sono responsabili di questi compiti, giunge a maturazione molto tardi. In età evolutiva, le scelte sono governate piuttosto dal ‘circuito del piacere’, ovvero dalla tendenza del cervello a liberare dopamina e serotonina in relazione con stimoli piacevoli. Questo significa per l’insegnante che più che richiamare la responsabilità dello studente verso il compito di apprendimento, dovrà capire in quale modo renderlo accattivante.

Cosa può o deve fare la scuola di fronte a queste istanze? Semplificando direi che si può comportare in due modi. Il primo è di appiattirsi su quanto la ricerca neuroscientifica suggerisce. Si tratta di una scelta riduzionista, che finisce per assegnare alle neuroscienze il compito di individuare i criteri per l’insegnamento e alla didattica quello di applicarli. È questa la via che a volte nel mondo anglosassone viene intrapresa, ma che non può essere condivisa. Il compito della scuola è un altro. Certo non può ignorare quanto le neuroscienze cognitive consentono di conoscere in tema di apprendimento: sono temi che devono entrare nella formazione iniziale e in servizio degli insegnanti. A partire da qui sarà però compito dell’insegnante progettare la didattica e gestire la classe perché l’educazione – sono gli stessi neuroscienziati a indicarlo – continua a essere soprattutto relazione.

Ricerca. Con i «posti rosa» per legge nei Cda arrivano le donne

Con i «posti rosa» per legge nei Cda arrivano le donne

Le quote rosa funzionano e portano le donne nei posti di comando. A sei anni dall’introduzione della legge il cambiamento comincia ad essere tangibile. Ma se non c’è l’obbligo la presenza femminile nelle stanze dei bottoni resta una chimera. Nel 2017, per la prima volta, più di un terzo del totale dei membri dei Consigli d’amministrazione sono donne. La rappresentanza femminile è cresciuta di 558 unità tra le società quotate e di 660 tra le controllate pubbliche. È quanto emerge dalla ricerca Le donne ai vertici delle società italiane condotta da Cerved e presentata ieri al Senato nell’ambito di un convegno promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario. Sono 162 (il 70%) le società quotate che ottemperano l’obbligo, tuttavia solo in 26 (il 11%) il numero supera di almeno un’unità il minimo richiesto: infatti a fine 2017 sono 751 le donne che siedono nei Cda delle 227 società quotate in Borsa, pari al 33,5%. Si tratta di un numero quattro volte superiore a quello del 2011. Rimangono marginali invece i casi di donne che ricoprono la carica di amministratore de- legato (solo 18 a fine 2017, pari al 7,9% delle società) o di presidente del Cda (23, due in più del 2016).

Nelle posizioni di vertice delle società che non sono soggette alla legge sulle quote di genere la presenza femminile cresce lentamente, in gran parte grazie a fattori demografici. Segnali più incoraggianti si osservano nelle imprese di maggiore dimensione, dove si sono verificati effetti indiretti. La legge del 2011 ha individuato come destinatarie di queste norme le società quotate e a partecipazione pubblica, sperando che venissero successivamente imitate anche dalle imprese esentate da vincoli. Per legge, dunque, le società italiane quotate devono riservare al genere meno rappresentato almeno un terzo degli amministratori e dei componenti del collegio sindacale: al primo rinnovo la soglia minima deve essere di un quinto e la norma si applica per tre mandati consecutivi (fino al 2023).

Norme analoghe sono in vigore dal 12 febbraio 2013 anche per le società a controllo pubblico. La presenza di donne nelle società controllate, tra il 2014 e il 2017 nei Consigli d’amministrazione e nei Collegi sindacali (gli organi oggetto delle norme) è aumentato di 660 unità, passando dal 18,3% al 30,9% mentre la presenza femminile si attesta al 26,2% nei cda (era il 14,8% nel 2014).

Discorso del tutto diverso se si considerano le società non soggette agli obblighi di legge. Se si guarda solo a quelle che nell’ultimo decennio hanno realizzato un fatturato superiore a 10 milioni di euro (circa 14mila), risultano donne 9mila dei 53mila amministratori (17,2%), appena 2,2 punti percentuali in più del 2012, con una leggera accelerazione rispetto al quinquennio precedente. Le donne crescono sia nelle società con amministratore unico (da 10,9 a 12,2% tra il 2012 e il 2017) sia in quelle che hanno un board collegiale (da 15,2 a 17,4%). La crescita della componente femminile è più forte tra le società di maggiori dimensioni: tra il 2012 e il 2017 la quota in rosa nei Cda è infatti cresciuta dal 9,9 al 14,2% nelle aziende che fatturano più di 200 milioni di euro. A fine 2017 risultano a capo dell’impresa 1.473 donne, circa il 10% del totale, con un incremento di 133 unità rispetto al 2012.

da Avvenire

Quaresima. Scelto il predicatore degli Esercizi del Papa

Il Papa e la Curia Romana ad Ariccia (L'Osservatore Romano)

Il Papa e la Curia Romana ad Ariccia (L’Osservatore Romano)

Sarà il sacerdote portoghese José Tolentino de Mendonça a predicare gli Esercizi spirituali del Papa e della Curia Romana, in programma dal 18 al 23 febbraio presso la Casa “Divin Maestro” ad Ariccia, alla porte di Roma. Una decisione che riempie di gioia anche la redazione di Avvenire di cui è prestigioso collaboratore, avendo firmato tra le altre cose, la rubrica “La piccola via delle grandi domande”.

Sacerdote, teologo e poeta. Ecco chi è Tolentino

José Tolentino Mendonça

José Tolentino Mendonça

Teologo, poeta e scrittore di fama internazionale, Tolentino è nato a Machico, in Portogallo, nel 1965. Ordinato sacerdote nel 1990 attualmente è vicerettore dell’Università Cattolica di Lisbona e consultore del Pontificio Consiglio della cultura.
Come riferisce l’Osservatore Romano sarà “Elogio della sete” il tema delle meditazioni di Quaresima affidate al religioso. Gli Esercizi, si apriranno domenica 18 febbraio con la riflessione introduttiva “Apprendisti dello stupore”, cui seguiranno nei giorni successivi interventi sui temi: “La scienza della sete”; “Mi sono accorto di essere assetato”; “Questa sete di niente”; “La sete di Gesù”; “Le lacrime raccontano una sete”; “Bere dalla propria sete”; “Le forme del desiderio”; “Ascoltare la sete delle periferie”; “La beatitudine della sete.

Sospesa l’Udienza generale del mercoledì

Una precedente edizione degli Esercizi di Quaresima (L'Osservatore Romano)

Una precedente edizione degli Esercizi di Quaresima (L’Osservatore Romano)

Il programma degli Esercizi, anticipa ancora il quotidiano della Santa Sede, prevede per la domenica iniziale, alle 18, l’introduzione, l’adorazione e la recita dei Vespri. Le giornate successive si apriranno con la concelebrazione della Messa alle 7.30, seguita da una prima meditazione alle 9.30. Quindi alle 16 si terrà la seconda meditazione che precederà la recita dei Vespri e l’adorazione eucaristica. Nella giornata conclusiva, venerdì 23, è in programma un’unica meditazione. Durante il periodo di ritiro saranno sospese le udienze compresa quella generale del mercoledì.
Tra i titoli più noti della produzione di Tolentino, in italiano sono disponibili: “Il tesoro nascosto”, “Nessun cammino sarà lungo. Per una teologia dell’amicizia”, “Padre nostro che sei in terra”, “La lettura infinita. La Bibbia e la sua interpretazione”, “Chiamate in attesa”, “Liberiamo il tempo. Piccolo manuale sull’arte di vivere”.

da Avvenire