Storia. 80 anni fa le leggi razziali. Ma tra i giovani c’è chi disse no

Una pagella scolastica successiva alla promulgazione delle leggi razziali (Ansa)

Una pagella scolastica successiva alla promulgazione delle leggi razziali (Ansa)

Ne avevano cacciati cinque di docenti ebrei dall’università veneziana di Ca’ Foscari, all’indomani delle leggi razziali del 1938. I loro nomi, per non dimenticare: Gino Luzzatto, Adolfo Ravà, Gustavo Sarfatti, Olga Blumenthal ed Elsa Campos. Luzzatto era uno dei più illustri storici italiani dell’economia e diventerà rettore di Ca’ Foscari nel 1945, all’indomani della Liberazione; Elsa Campos emigra in Palestina, mentre Olga Blumenthal subisce la sorte peggiore: la deportano a Trieste, nella Risiera di San Sabba e da lì a Ravensbrück, dove muore nel febbraio 1945.

Le leggi razziali di ottant’anni fa costituiscono l’oggetto di una mostra, “Ca’ Foscari allo specchio”, allestita nella sede delle Zattere, a Venezia, fino al 31 gennaio. All’inaugurazione l’attrice Ottavia Piccolo ha letto il racconto di un episodio accaduto all’esame di maturità del 1939 nel liceo classico “Marco Polo” e che ha coinvolto una maturanda di nome Giuliana Coen, destinata a diventare ben nota con il nome che avrebbe in seguito scelto per firmare le sue creazioni di moda: Roberta di Camerino.

È la stessa stilista a spiegare come andò in un libro di memorie, R come Roberta, pubblicato nel 1981: «Quella mattina entriamo in classe e assisto alla prima sorpresa. Tutti i banchi sono in fila, come sempre. Ma ce ne sono due in un canto, un po’ scostati. Io faccio per sedermi a caso, quando mi arriva alle spalle un professore e mi dice: “No, laggiù per favore”, e indica uno dei banchi messi da parte. Quasi nessuno si accorge di quel che sta accadendo perché c’è il solito trambusto, gli amici cercano di stare insieme, c’è chi cambia idea all’ultimo momento, chi baratta il suo con un altro posto. Alla fine siamo tutti seduti. C’è un attimo di silenzio, finalmente. Ed è in quel momento che, da un banco centrale, si alza un ragazzo. Non è bianco, è un mulatto. Alza la mano, per poter parlare. È il figlio di una principessa eritrea e d’un generale italiano. “Volevo sapere perché quei candidati son tenuti da parte”. Ha una voce sonora, un accento romanesco, ma elegante. Il professore ha un momento d’imbarazzo, ma si riprende. “Sono privatisti”. Il mulatto sorride. “Certo: privatisti. Ma perché sono ebrei, non è vero?”. Questa volta l’imbarazzo del professore è più evidente. Il giovane eritreo non gli dà nemmeno il tempo di dire una parola. “Se è per una questione di razza, nemmeno io sono ariano, come certo non vi sarà sfuggito, non è vero? Perciò, con il suo permesso…”. Ma non aspetta il permesso di nessuno. Prende l’ultimo banco della fila, che era vuoto, e lo spinge verso i nostri, di lato. Allora accade l’imprevedibile, davvero. Tutta la classe si alza, alcuni mi fanno alzare, prendono anche il mio banco. In un niente la classe è tornata normale: tutti i banchi tornano in tre file, noi siamo con gli altri. Il giovane mulatto, prima di sedersi a sua volta, fa un rigoroso inchino al professore. C’è un attimo di silenzio. L’insegnante è turbato. Si leva gli occhiali, passa una mano sugli occhi. Poi, quasi parlando a se stesso, ma lo sentiamo benissimo dal posto, si lascia scappare un: “Vorrei abbracciarvi tutti quanti”».

Il ragazzo mulatto che si alza per primo e scatena una reazione da Attimo fuggente si chiama Ludovico Sprocani; il registro della maturità dice che è nato a “Cheren (colonia eritrea)” – oggi Keren – e che viene promosso a settembre dopo aver ridato l’esame di matematica e fisica.

Sono centosette i candidati alla maturità di quell’anno. Oltre alle ragazze e ai ragazzi del Marco Polo, sono iscritti i maturandi dell’Istituto Cavanis, un liceo cattolico, e un certo numero di privatisti registrati sotto la voce “istruzione paterna”. Giuliana non è l’unica Coen a dare l’esame: c’è anche Lilla (sua grande amica, ma non parente) e pure Nelly Basevi è una pri vatista ebrea. Giuliana viene promossa a giugno con sette in matematica, scienze ed educazione fisica, sei nelle altre materie.

Le tracce di quel ragazzo coraggioso, si perdono. Sprocani, che tutti chiamano Vico, nel dopoguerra diventa direttore a Venezia di un giornale dell’Uomo Qualunque, la formazione politica che ebbe grande successo nelle elezioni del 1946, e poi si trasferisce a Gallarate con la moglie veneziana. La mostra di Ca’ Foscari si occupa anche di un’altra meticcia africana, Olga Manente, anche lei figlia di un ufficiale dei carabinieri in Eritrea, originario di Spinea, vicino a Venezia; il padre la fa studiare fino a iscriverla all’università. Anche lei, in quanto non ariana, è tenuta sotto controllo dalle autorità di polizia; si laurea nel 1945 e diventa insegnante di lingue a Verona.

L’immagine guida della mostra all’Università Ca’ Foscari, tratta dall’Archivio Storico dell’ateneo veneziano

Avvenire

Festival. Sanremo, nei brani degli Artisti in gara vince la vita

da Avvenire

Fabrizio Moro ed Ermal Meta al festival con “Non ci avete fatto niente”

«Le canzoni sono dei punti di osservazione, la descrizione del nostro tempo. Perché viviamo un’epoca non chiara, di passaggio, molti testi pongono delle domande, delle questioni, dei punti irrisolti. Questo sarà il filo conduttore del 68° Festival di Sanremo». Non si può dar torno a Claudio Baglioni, direttore artistico del prossimo Festival, in onda su Rai 1 dall’Ariston di Sanremo dal 6 al 10 febbraio, dopo il primo blindatissimo ascolto dei 20 brani in gara per la categoria Artisti. Stamane, alla Rai di Milano, abbiamo potuto ascoltare insieme agli altri addetti ai lavori, in anteprima i brani di un festival in cui spicca un’età media piuttosto alta dei cantanti, l’assenza del rap e la presenza di un folto numero di buoni autori di musica italiana. Il tema classico dell’amore è collaterale alle riflessioni sul senso della vita che permea la maggior parte dei brani. Ad un primo ascolto c’è molta musica melodica, e l’impressione è quello di un festival un po’ monocorde, dove i contenuti spiccano più del tappeto sonoro. ma attendiamo la prova del nove all’Ariston. D’altronde riportare i riflettori la musica italiana, più che sullo show tv, è da sempre l’obiettivo di Baglioni che stamattina ha però confessato di essere «terrorizzato dall’auditel, che diventerà il misuratore vero», ma ha promesso correttivi in senso televisivo e, soprattutto, un suo intervento musicale: «Sarà difficile tenermi lontano da palco. Sì, canterò un pochino, magari insieme a qualche ospite».

Ecco i contenuti dei brani, con gli artisti in gara in ordine alfabetico.

Annalisa in gara con “Il mondo prima di te”

Annalisa in gara con “Il mondo prima di te”

ANNALISA Il mondo prima di te. Una bella prova canora per la cantante ligure che finalmente porta al festival un brano all’altezza delle sue potenzialità, dal sound contemporaneo. «Siamo montagne a picco sul mare / dal punto più alto impariamo a volare». Un inno all’amore in un paesaggio fantasy alla Avatar, una lei si domanda come era il mondo prima di te? Nella serata dei duetti le sarà accanto Michele Bravi.

ENZO AVITABILE e PEPPE SERVILLO Il coraggio di ogni giorno. Scritta da Avitabile con Pacifico, la canzone esordisce localizzandosi in periferia: «Scrivo la mia vita / tracce sulle pietre/ ed ho gli stessi occhi di Scampia». Con l’inconfondibile respiro mediterraneo che lo contraddistingue, Avitabile, supportato dai caldi inserti di Servillo, intona un “laudato si’” contemporaneo «lontano e vicino al mondo, al suo coraggio di ogni giorno».

LUCA BARBAROSSA Passame er sale. Canzone tutta scritta in romanesco, una coppia, i litigi, la vita do ogni giorno, i figli. Un valzer lento dove «a me se me chiedi l’amore cos’è io non c’ho le parole che c’hanno i poeti». Il cantautore romano si candida a sostituire il mai troppo compianto Lando Fiorini. Il venerdì duetterà con l’attriceAnna Foglietta.

MARIO BIONDI Rivederti. Un amore finito, un ritorno di fiamma momentaneo, ma «averti qui ha il sapore dell’eternità». Violini alla Frank Sinatra, voce roca sussurrata, nella serata dei duetti avrà accanto un maestro come Jobim. Atmosfera intima e raffinatissima. Forse anche troppo per il podio nazionalpopolare di Sanremo.

Giovanni Caccamo porta all'Ariston “Eterno”

Giovanni Caccamo porta all’Ariston “Eterno”

GIOVANNI CACCAMO Eterno. «Sento che in questo momento / qualcosa di strano qualcosa di eterno / mi tiene la mano. E tutte le pagine di questa vita / le ho tra le dita». Torniamo alle relazioni eterne che durano per sempre e salvano la vita, scrive il cantautore di Modica con un ritocco di Cheope. Un brano perfetto per Sanremo con un ritornello semplice e cantabile ripetuto in crescendo con l’orchestra, che verrà esaltato la sera dei duetti dalla voce di Arisa.

RED CANZIAN Ognuno ha il suo racconto. Una delle poche sferzate rock del Festival arrivano dall’ex chitarrista dei Pooh che usa molto mestiere nel raccontare con un sorriso le primavere che passano, i pianti, le preghiere e i pericoli scampati. Inno all’unicità del percorso umano perché «ogni uomo ha un suo preciso istinto, un suo esclusivo canto». In duetto con Marco Masini.

DECIBEL Lettera dal Duca. L’algida penna del Ruggeri primi anni ’80 in questi ricomposti Decibel si commuove, fra uno ska e un inciso in inglese, di fronte a utopie e possibilità passate come rondini, e a sorpresa diventa quasi mistico, vede «l’infinito» in sé e «ti accorgerai che un mondo spirituale c’è, un fuoco dentro l’anima che tutto intorno illumina».

DIODATO e ROY PACI. Adesso. «Dici che torneremo a guardare il cielo, alzeremo la testa dai cellulari» è l’auspicio dell’interessante brano di Diodato che a squarciagola invita a trovare il coraggio di vivere davvero, senza rincorrere i miraggi del web. Bella voce e ritmo, anche se la tromba di Roy Paci sul finale è poco più che un dettaglio.

ELIO E LE STORIE TESE. Arrivedorci. Un brano che vuole celebrare «una storia unica, singolare, atipica, completamente antieconomica, a propulsione elica». Più malinconica che ironica, e un filo soporifera, la canzone cita Stanlio e Ollio e chiude con un coro stile Pooh. E, come loro, dicono addio alle scene. Forse. In duetto coi Neri per caso.

Gli ex Pooh Roby Facchinetti e Riccardo Fogli a Sanremo con “Il segreto del tempo”

Gli ex Pooh Roby Facchinetti e Riccardo Fogli a Sanremo con “Il segreto del tempo”

ROBY FACCHINETTI e RICCARDO FOGLI. Il segreto del tempo. Attenzione ai due ex Pooh, che strizzano l’occhio al pubblico e al podio con un brano semi malinconico dove spunta anche la penna di Pacifico. Due amici ritrovati, la vita che passa, gli errori del passato, il voler lasciarsi andare ma «il segreto del tempo / é che tutto perdona / a chi tutto alla vita si dà». Commozione e furbizia. Duetteranno con Giusy Ferreri.

MAX GAZZÈ La leggenda di Cristalda e Pizzomunno. Il curioso testo scritto Francesco Gazzé, fratello del cantautore, si dipana su una sinfonia ispirata alla leggenda pugliese che dà il nome al monolite che si trova sulla costa di Vieste, Pizzomunno appunto. L’amore infelice tra il pescatore Pizzomunno e la bella Cristalda, osteggiato dalle gelose sirene, si perde nella marmellata sanremese. Sicuramente prenderà corpo dal vivo con l’orchestra, dato che nasce all’interno di un più ampio progetto dell’artista, Alchemaya, che unisce orchestra sinfonica e sintetizzatori.

THE KOLORS Frida. «Non succede mai mai mai / nessun amore è per sempre». Ci si aspettava di più dal passaggio dall’inglese all’italiano di questa energica band nata dai talent, che però in questo brano d’amore ferito ammorbidisce un po’ troppo la vena rock.

ERMALMETA e FABRIZIOMORO Non mi avete fatto niente. I due cantautori, belli e bravi, uniscono le forze in un brano contro il terrorismo, dato sinora per favorito. Ma questa ballata a chitarra spiegata, che elenca subito il Cairo, la rambla di Barcellona, il Bataclàn di Parigi, Londra e Nizza, ad un primo ascolto non riesce a graffiare come vorrebbe. Nonostante le ottime intenzioni e gli inviti a non avere paura «perché tutto va oltre le vostre inutili guerre» e a capire che «chi si fa la croce e chi prega sui tappeti» fa parte della stessa casa di «miliardi di persone / che sperano in qualcosa».

NOEMI Non smettere mai di cercarmi. Lui è lontano, e lei lo implora di non smettere di cercarla nelle cose di ogni giorno. Noemi con quella voce dal timbro paricolare, renderebbe elegante anche l’elenco del telefono e anche una canzone che, purtroppo, si dimentica in fretta.

RON Almeno pensami. Ha strappato gli applausi a scena aperta della stampa questo inedito di Lucio Dalla ripreso da un Ron fedele nel timbro al compianto cantautore. «Se vai lontano scrivimi / s’è troppo buio chiamami / prendi il telefono parlami / io e la notte siamo qua». La poesia non ha bisogno di commenti, lascia solo tanta nostalgia di quando si sapevano scrivere le canzoni. La più bella canzone del Festival, già pronta per il premio della critica. E forse anche di più. Punti arriveranno dal duetto con Alice.

RENZO RUBINO Custodire. Si può «custodire l’affetto nell’insolenza»? Ci crede l’originale cantautore di Martina Franca, che dà voce a una generazione che crede di essere «troppo giovani per invecchiare insieme» però lo spera tanto. Voce ruvida e sonorità vagamente anni ’80, Rubino si conferma uno dei nostri migliori talenti. In duetto con Serena Rossi

LO STATO SOCIALE Una vita in vacanza. L’Ariston e il pubblico a casa si preparino finalmente a ballare con un divertente ritmo dance primi Anni 80 con un sottofondo di denuncia sociale. Band amata dai giovani, ma pronti a spiazzare anche gli adulti elencando i mestieri di oggi, il candidato, l’estetista, il caso umano, il pubblico in studio, il cuoco stellato, l’influencer, il disoccupato. Sognando un mondo dove non c’è «nessuno che dice se sbagli sei fuori». Tormentone da spiaggia assicurato.

Ornella Vanoni a Sanremo con Bungaro e Pacifico in 'Imparare ad amarsi'

Ornella Vanoni a Sanremo con Bungaro e Pacifico in “Imparare ad amarsi”

ORNELLA VANONI con BUNGARO e PACIFICO Imparare ad amarsi. Bisogna imparare ad amarsi, a lasciarsi e «a vivere ogni istante fino all’ultima emozione, così saremo vivi». La classe non è acqua, e madame entra con leggerezza come una ragazzina e in un brano snello ed elegante, come lo sono Bungaro e Pacifico che l’hanno scritto e che si inseriscono con discrezione con le loro voci. La vita è, comunque, bella. In duetto con l’attoreAlessandro Preziosi.

LE VIBRAZIONI Così sbagliati. Ha scelto una entrata a sonori colpi di batteria, la band che si riunisce sul palco dell’Ariston tornando alle proprie origini più rock. Francesco Sarcina è sincero quando grida al suo amore, dopo tanti errori, «riportami a casa perché ho paura di me». L’amore salva, anche se non appare ancora chiara la nuova strada sonora della band.

NINA ZILLI Senza appartenere. Un inno femminile e femminista, molto parlato è un po’ anonimo con rime tipo «donna che siete tutti e tu non l’hai capito». Ma da premiare le buone intenzioni di denunciare la violenza morale e fisica sulle donne e di raccontare la loro forza: «Io non li chiamo più lividi son colori e io ci gioco»

Fratture sociali da sanare… Belgio. Un muro nel cortile della scuola separerà fiamminghi e valloni

Ufficialmente si tratta di “motivi legati alla sicurezza”, di fatto appare a molti, soprattutto estreni alla realtà belga, un’assurdità. A Bruxelles sta per nascere una nuova struttura scolastica con un muro nel cortile di
ricreazione che servirà a separare i bambini fiamminghi da quelli francofoni, in un caso che mostra la crescente distanza tra le due grandi comunità linguistiche del Belgio e la sclerosi del sistema federale del Paese. La struttura scolastica è attualmente in costruzione a Schaerbeek, uno dei 19 Comuni della regione di Bruxelles, e dovrebbe aprire a settembre per il prossimo anno scolastico, secondo quanto riportano i media locali.
Lo stabile sarà unico, ma le scuole saranno formalmente due: una di lingua francofona con 600 alunni e l’altra di lingua fiamminga con 250 allievi. Secondo il progetto in fase di realizzazione, la struttura avrà un unico cortile di ricreazione per entrambe le scuole, ma in mezzo sarà costruita una recinzione alta circa un metro che separerà i bambini francofoni da quelli fiamminghi.

Le autorità comunali di Schaerbeek hanno spiegato che volevano ottenere sussidi sia dalla Comunità fiamminga sia da quella francofona, oltre che dalla regione. Nel sistema federale belga, le Comunità linguistiche sono entità federate al pari delle regioni, con varie competenze tra cui l’istruzione. Poiché né la Comunità francofona né quella fiamminga hanno voluto farsi carico degli alunni dell’altra comunità, il Comune di Schaerbeek è stato obbligato a creare delle infrastrutture formalmente separate.

Una delle ragioni è legata al fatto che, in caso di evacuazione d’emergenza, gli alunni divisi per lingua d’insegnamento possano ricevere indicazioni9 chiare dai propri insegnanti, senza confusione di lingue. le ragioni sono però più profonde. “La Comunità francofona e la Comunità fiamminga vogliono che si identifichino chiaramente gli edifici e gli spazi che hanno finanziato”, ha spiegato alla televisione locale BX1 Michel De Herde,assessore del Comune di Schaerbeek all’insegnamento francofono. De Herde non ha escluso che si organizzino delle “attività comuni” e che “di tanto in tanto” la recinzione di separazione possa essere tolta in modo puntuale. Bambini francofoni e bambini fiamminghi si potranno almeno incrociare in palestra e nell’orto pedagogico. L’unica palestra della struttura scolastica è stata finanziata dalla regione di Bruxelles, mentre l’orto pedagogico sarà realizzato grazie ai fondi del Comune di Schaerbeek, ha spiegato l’assessore De Herde. In Belgio la regione di Bruxelles e i comuni della capitale non fanno distinzione linguistica come le Comunità.

avvenire

Pakistan. Sakina e la figlia 16enne Rizwana, uccise perché vaccinavano i bambini

Vaccinazione antipolio in Pakistan in una foto dell'archivio Lapresse

Vaccinazione antipolio in Pakistan in una foto dell’archivio Lapresse

Due donne, madre e figlia, sono state uccise a Quetta, in Pakistan, mentre erano impegnate nella campagna di vaccinazioni antipoliomielite. La 38enne Sakina Bibi e la figlia 16enne Rizwana stavano sottoponendo dei bambini al trattamento quando due uomini a bordo di una moto hanno aperto il fuoco. Le due donne – riferisce la Bbc – sono morte mentre venivano portate in ospedale.

Nessuno ha rivendicato l’attacco ma militanti islamisti si oppongono alle vaccinazioni sostenendo che è una cospirazione dell’Occidente per rendere sterili i musulmani. La polizia ha sottolineato che non era stata data alle vittime nessuna protezione perché in passato questa aveva attirato l’attenzione. Le due donne operavano nell’ambito di una grossa campagna per l’immunizzazione nella provincia del Baluchistan.

Il responsabile della regione, Mir Abdul Qudus Bizenjo, ha condannato l’omicidio, definendolo “vigliaccheria e terrorismo”: “L’attacco contro persone che lavorano per servire la gente è un attacco all’umanità”.

Gli operatori impegnati sul campo a vaccinare la popolazione pakistana sono da tempo nel mirino. Nel gennaio 2015, un kamikaze si era fatto saltare in aria fuori un centro a Quetta, uccidendo 15 persone. Il premier pakistano, Shahid Khaqan Abbasi, ha ordinato di aumentare la sicurezza per le squadre impegnate nella vaccinazione.

Il Pakistan è uno dei tre Paesi al mondo dove la poliomielite è ancora endemica, insieme ad Afghanistan e Nigeria. Quest’ultima di recente ha annunciato che la Fondazione di Bill e Melinda Gates ripagherà il prestito da 76 milioni di dollari contratto nel 2014 da Abuja nei confronti del Giappone per finanziare la lotta alla polio. Soldi che sono stati ben spesi a giudicare dai risultati: dopo due anni di assenza della grave malattia nel Paese africano, nel 2016 sono stati registrati solo 4 casi e nessuno nel 2017. Questo
significa che la Nigeria è molto vicina a dichiarare eradicata la poliomielite.

da Avvenire