Foglietto Letture Salmo 21 Gennaio 2018  III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

21 Gennaio 2018  III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde

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B

Nel Vangelo di Marco è la prima predica di Gesù.
È brevissima, ma offre una sintesi felicissima dei temi fondamentali di tutta la sua predicazione: il compimento del tempo, il regno di Dio, la conversione, la fede al vangelo. Poi vi è la chiamata dei primi discepoli: è il paradigma concreto di ogni sequela.
Ci sono due indicativi teologici che sono la ragione dei due successivi imperativi antropologici: è suonata l’ora messianica, l’attesa è finita poiché il regno di Dio si è fatto vicino, è ormai presente nella storia, perciò non è più possibile rimandare la decisione, occorre convertirsi, cambiare cioè la testa e la direzione del cammino passando a credere al vangelo.
Conversione e fede non sono due azioni che si succedono, ma due momenti del medesimo movimento: quello negativo del distacco, quello positivo di fondare la vita sul vangelo, cioè credere, mettendosi a seguire Gesù, appunto come Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni.
Vangelo è il termine greco che significa lieta notizia nuova, e una bella notizia evidentemente porta gioia. Il regno di Dio è l’espressione riassuntiva di tutta la gioia. Gesù è questo regno arrivato: la gioia è qui a portata di mano. Chi decide di seguire Gesù è sicuro di arrivarci anche lui.

 

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) commento Leture di don Fabrizio Crotti

Il testo odierno comprende il sommario di introduzione alla narrazione del ministero di Gesù (1,14-15) e due racconti gemelli di chiamata al discepolato di due coppie  di fratelli(1,16-20).

Il sommario dà i termini essenziali dell’annuncio di Gesù;il racconto della chiamata funge da paradigma di cosa significhi “convertirsi e credere al vangelo”.

L’indicazione dell’arresto di Giovanni suona letteralmente “dopo che Giovanni fu consegnato”. La scelta del verbo “consegnare” è importante perchè ritorna negli insegnamenti su passione-morte-risurrezione del Figlio dell’uomo (ad es. 8,31). La forma la passivo può essere interpretato come passivo teologico. E’ dunque Dio che consegna Giovanni(al carcere). Per un lettore attento che conosca il vangelo marciano, è chiaro l’imprigionamento di Giovanni alla pasqua di Gesù. Il destino di Giovanni, primo predicatore (cfr il verbo Kerussein in 4,4.7 per Giovanni ein 1,14 per Gesù) si rapporta a quello futuro di Gesù. Il contenuto del vangelo è indicato in quattro brevissime frasi, parallele a due per due.

La prima “il tempo è compiuto”dichiara la venuta del tempo definitivo(Is 40,1).

La seconda “il regno di Dio è vicino” è la spiegazione del perchè si sia giunti al tempo definitivo. La congiunzione va inteso nel senso fondativo di perché. Il vicino regno  di Dio è l’agire stesso di Dio, il suo regnare(cfr Sal 47;93;96-99). Secondo Gesù l’operare di Dio nella storia si è fatto vicino. Importante è come si traduce il verbo  riferito al Regno di Dio.

La preferenza va per “si è fatto vicino”, tenendo presente che il valore del tempo perfetto greco ed in contenuto semantico del verbo.

In questa prima frase si esprimono unitariamente due dati essenziali. E’ già accaduto qualcosa e gli effetti di questo essere accaduto sono adesso in pieno vigore: non semplicemente il regno si sta avvicinando, ma si è fatto vicino.

Secondo aspetto: è vero che il tempo si è compiuto, però c’è ancora qualcosa da attendere.

L’essersi fatto vicino del regno non è ancora l’essere venuto. Si può comprendere questa articolata dichiarazione così: Gesù, che adesso ha cominciato a proclamare il regno di Dio, rendendo possibile la sequela a lui, dà la possibilità di accogliere l’avvenuta vicinanza del regno di Dio. Al tempo stesso è vero che il regno di Dio (cioè l’agire di Dio) non ha ancora raggiunto il dispiegamento della sua forza piena. Questo avverrà soltanto nella pasqua del Signore.

L’essersi fatto vicino del regno di Dio va compreso in adeguata relazione con l’essere venuto del regno in potenza che viene indicato in Mc 9,1:”alcuni dei presenti vedranno il regno di Dio venuto con potenza”.

Probabilmente, questa distinzione, essenziale per la comprensione della teologia di Mc e non solo, sta un punto importante per la predicazione di quest’anno liturgico con Mc. Occorrerebbe riuscire a rispettare questi due livelli di comprensione del regno, seguendo l’evangelista che, prima di iniziare a parlare del regno che viene con potenza nella pasqua, per i primi lunghi 8 capitoli(quantitativamente la metà del vangelo) si sofferma a presentare l’essersi fatto vicino del regno: vicino nella presenza, nella parola, negli esorcismi e nelle guarigioni di Gesù di Nazaret.

Ai due indicativi perfetti succedono due imperativi presenti.”Convertitevi”chiede un completo cambiamento di mentalità, come aveva già richiesto  il Battista. “E credete al vangelo” è  la spiegazione più adeguata di cosa si intende quando parla di richiesta di conversione da parte di Gesù. La congiunzione e può essere intesa in questo caso come un cioè. Ci si converte, se ci si fida del lieto annuncio che la predicazione propone.

Non si tratta di una riconversione di cultura o di un passaggio da una religione ad un’altra, ma piuttosto di collegare la vita che si sta vivendo a un principio nuovo, esterno a questa vita e intuibile solo attraverso la fede e la scelta della vita. Si tratta di riferire noi stessi e tutto quello che viviamo a quanto viene operato da Dio, sia adesso (nell’essersi fatto vicino del regno), sia nell’orizzonte futuro di un intervento conclusivo (il venire in potenza del regno). E’ da questo fidarsi del vangelo di Dio annunciato da Gesù che vengono le trasformazioni dello stile concreto di vita delle persone, come mostra, nelle righe seguenti, la situazione di coloro che lasciano il mestiere di pescatori per seguire Gesù e diventare pescatori di uomini.

Non commentiamo i due racconti di chiamata, tenendo presente che di vocazione hanno perlato abbondantemente le letture di domenica scorsa.

 

Per quanto rigurada la prima lettura rileviamo alcuni comportamenti importanti di Giona 3.

‘- l’intervento di Dio all’inizio e alla fine del racconto.all’inizio Dio chiama il profeta e gli affida un messaggio da annunziare. Alla fine Dio vede le opere dei niniviti e si impietosisce.

i niniviti sono come un modello della disponibilità a convertirsi appoggiandosi sulla forza della parole annunziata. Gesù si ricorderà di questa prontezza e la metterà a confronto con la chiusura da lui riscontrata (Lc11,30).

  • nel raconto odierno Giona appare come un fedele esecutore della missione ricevuta. Se si guarda a all’insieme del libro, Giona appare anche lui come un convertito.
  • La lettura inizia con:”furivolta a Giona una seconda volta questa parola”. Giona è di fatto un annunciatore ancora bisognoso di ulteriore conversione.

 

La seconda lettura è in connessione col vangelo sulla valutazione del tempo:”il tempo è compiuto”e “il tempo si è fatto breve.

Ci sono però delle differenze. Mentre il vangelo insiste sul già la lettera punta piuttosto sul non ancora considerato cronologicamente vicino.

Mentre il vangelo caratterizza il presente come il luogo in cui l’agire di Dio  si è fatto vicino, in Paolo abbiamo la contrapposizione tra tempo presente e tempo futuro.il tempo presente sta passando. La qualificazione del presente è data dall’idea di un rivolgimento futuro che sta già facendo irruzione. Anche questa caratterizzazione del presente porta un invito di conversione, esemplificato in alcuni atteggiamenti: sposarsi, piagere, godere, comprare. Le realtà del mondo vanno vissute nella consapevolezza della loro non definitività.

Occore fare attenzione al “come se”. Non si tratta di un’atarassia stoica ma di considerare le attuali realtà in rapporto alle realtà future come transitorie per cui non degne di un attaccamento eccessivo.

L’impostazione paolina evitando un dualismo reale e quindi affermando si il valore del mondo futuro sia la consistenza del mondo presenti, permetterà lo sviluppo di una concezione positiva della realtà terrena, impossibile anacronistica in un contesto come quello paolino.

Aumenti, subito agli statali ma non a docenti e Ata: a loro dopo, meno soldi e più doveri

Mentre per docenti e Ata il contratto rimane in sospeso, per via dei pochi soldi e la richiesta di incentivare i doveri professionali, è arrivato in Consiglio dei ministri il via libera all’intesa del 23 dicembre tra sindacati e Aran per sbloccare il contratto di circa 240mila statali: come da agenda, nella seduta del 19 gennaio è stato ratificato l’accordo, esattamente come La Tecnica della Scuola aveva indicato da alcuni giorni .

Tutti contenti per il contratto dei ministeriali

Oltre agli 85 euro di aumento, che dovrebbero arrivare a febbraio, i dipendenti pubblici coinvolti – in prevalenza ministeriali – riceveranno anche gli arretrati del biennio 2016-2017: si tratta di cifre variabili, a seconda del compenso lordo individuale, dai 370 euro della fascia più bassa ai 712 della più alta, per una media pari a 492 euro.

Per rendere operativo il contratto non resterebbe che il vaglio della Corte dei Conti. A tal proposito, il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo, spera “che la Corte dei Conti faccia velocemente in modo da poter sottoscrivere definitivamente il contratto e dare la possibilità ai lavoratori di usufruire degli incrementi salariali”.

In mezzo alla notizia
Il sindacalista spiega poi come si continui a “lavorare per chiudere velocemente anche gli altri contratti” del pubblico impiego, relativi alla scuola, alla sanità e alle autonomie locali”.

Dello stesso avviso si è detto il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga, “fiducioso che l’iter per il contratto degli statali si completi ed essendo questo un contratto apripista aiuterebbe anche le trattative in corso per gli altri comparti”.

Scuola penalizzata: che fine ha fatto l’accordo con la ministra Madia?

Tuttavia, la strada per sancire il rinnovo anche nel settore scolastico è tutt’altro che in discesa. Tanto che, se va bene, gli aumenti si materializzeranno non prima di aprile.

Come se non bastasse, negli ultimi incontri tenuti all’Aran, i sindacati hanno ricevuto delle proposte praticamente irricevibili. Ve le riportiamo:

Un non ben precisato aumento dell’orario di lavoro dei docenti;
Inserimento nelle attività funzionali all’insegnamento del ruolo di Tutor di ASL e delle ore di formazione (obbligatorie);
Blocco triennale a partire dall’anno scolastico 2019/2020 della mobilità territoriale;
Mancanza di contrattazione su temi riguardanti l’organizzazione del lavoro;
Poca disponibilità ad inserire, ovviamente da parte dell’ARAN, le risorse economiche della legge 107/2015 sul tabellare degli stipendi o comunque in contrattazione.
Questione di maggiore potere al DS per sanzionare i docenti, arrivando alla sospensione dal servizio fino a 10 giorni. Questo andrebbe addirittura a contrastare la Legge 297/94 che non dà questo potere ai DS.
Su alcune i sindacati difficilmente potranno cedere: in particolare, il possibile incremento di ore lavorative e impegni da annoverare tra gli obbligatori, l’inasprimento di sanzioni ai danni del personale, la non contrattazione dell’organizzazione scolastica, l’impossibilità a spostare i bonus merito e professionale sul ‘tabellare’ degli stipendi.

In attesa di capire come andrà a finire la trattativa, con le parti mai così distanti come oggi, viene da chiedersi per quale motivo nella scuola l’accordo del 30 novembre 2016 non riesca a trovare applicazione. Sui soldi utili agli aumenti, lo abbiamo detto in tempi non sospetti, c’è purtroppo poco da fare perché non sono sufficienti (considerando anche l’alto numero di docenti e Ata sotto i 25mila euro lordi) ad arrivare per tutti ad 85 euro medi lordi applicando la percentuale di aumenti “secchi” adottati invece senza troppi problemi negli altri comparti.

Per i sindacati della scuola il compito è arduo

Ma viene da chiedersi, stando così le cose, perchè si voglia anche quasi infierire sulla scuola: a queste condizioni, di retribuzione solo lievemente incrementata dopo nove anni di “fermo”, perché si vuole mettere mano al contratto cercando di imporre delle norme difficilmente condivisibili dai lavoratori?

Come si fa, soprattutto, a proporre un innalzamento delle ore di lavoro, delle sanzioni e addirittura una riduzione dei margini di trattativa nelle decisioni che ogni preside è chiamato a prendere, riducendo gli incontri sindacali a poco più che delle informative? Come la prenderebbero i tanti docenti e Ata che già si sentono penalizzati dalle ultime riforme, in particolare dalla Legge 107/15?

Non vorremmo stare nei panni dei sindacati di comparto, tra l’altro alle prese anche con il rinnovo delle Rsu e quindi in cerca di consensi: dopo gli entusiasmi per l’accordo di Palazzo Vidoni, si ritrovano davvero una bella “gatta da pelare”.

fonte: tecnicadellascuola.it

Come creare un gruppo di studio perfetto all’università

Studiare in gruppo permette di migliorare il proprio rendimento. È quanto emerso da recenti studi sul lavoro in team. E allora, ecco alcuni consigli di Skuola.net per scegliere i compagni giusti di una carriera universitaria da 110 e lode.

Gruppo di studio online o offline?
I gruppi di studio possono essere on e off line. L’importante è che ci sia uno scopo comune che tutti gli studenti coinvolti vogliono perseguire. Infatti, solo lavorando insieme con un unico obiettivo, come una vera squadra, si possono raggiungere grandi risultati ed ottenere voti migliori.

10 consigli scientifici per il perfetto gruppo di studio

1. Dare priorità alle abilità sociali
Chi sa ascoltare gli altri, sa condividere le critiche in modo costruttivo e ha una mente aperta è prezioso quanto i cervelloni.

2. Buon equilibrio maschi/femmine

Diverse ricerche mostrano che un buon equilibrio tra il numero di maschi e femmine in un gruppo di lavoro porta a migliori risultati.

3. Fidarsi

Bisogna fidarsi delle capacità e della buona fede gli uni degli altri, o si perderà tempo tra equivoci e malintesi.

4. Utilizzare l’umorismo in un gruppo di studio

L’umorismo rende unito un team e contribuisce anche ad accrescere il piacere di studiare!

5. Equilibrio tra estroversi e introversi

Tendenzialmente, gli estroversi sono perfetti per dare lo sprint iniziale e coinvolgere il gruppo, ma gli introversi danno costanza e mantengono il focus sull’obiettivo.

6. Definire obiettivi

L’obiettivo è importantissimo: deve essere chiaro e motivante. Il gruppo di studio porterà ogni componente a una laurea da 110 e lode? Oppure si focalizzerà su un esame ostico per avere finalmente la tanto desiderata promozione? Bisogna definirlo fin dall’inizio e ripeterlo spesso, per non perdersi.

7. Definire i ruoli

Se i ruoli non sono chiari, allora ognuno non sa quello che deve fare, e si perde tempo e motivazione. Questo è il modo migliore per disperdere il gruppo di studio e non arrivare all’obiettivo. Se qualcuno è addetto al recupero delle dispense e qualcun altro a registrare le lezioni del professore, è bene che questo sia ben recepito da tutti!

8. Trovare un’identità

Chi siete e dove andate? Siete i pluribocciati che troveranno finalmente la luce dal tunnel del fuori corso? Siete i vincenti che non accetteranno un voto inferiore al 30 e lode? Qualunque sia la vostra storia, vi unirà e renderà speciale il vostro successo.

9. Concisi e chiari

Comunicate in maniera efficace. Se non siete sicuri che un membro del gruppo abbia capito, chiedete e, se necessario, spiegate meglio. In pratica, siate sicuri che il messaggio sia recepito. Allo stesso modo, non abbiate paura di fare domande se non avete ben compreso qualcosa.

10. Un buon leader

Ogni gruppo tendenzialmente riconosce un leader. Può anche capitare che questo ruolo sia svolto da più persone allo stesso tempo, o che ci si scambi in momenti diversi. Quello davvero bravo, mette in pratica tutti i consigli finora illustrati e carica il gruppo. Un vero condottiero! Il migliore tra i leader non è qualcuno che impone le sue scelte, ma quello che gli altri riconoscono come più esperto o più motivato.

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