Natale. Gli occhi giusti davanti al presepe. Incontro a Dio e agli altri

Anche quest’anno, qua e là, abbiamo letto e sentito dire di pasdaran impegnati a spendersi per il rispetto della cultura e della sensibilità altrui. Certo! Un impegno mai sufficiente in una società che mostra sempre più evidenti i segni dell’intolleranza. Se non fosse che, guarda caso, le sensibilità e la cultura altrui verrebbero offese prevalentemente se non esclusivamente da simboli religiosi e non da scelte fatte di piccoli o grandi interessi e che si nutrono di sistematica stupidità! In questo periodo in particolare, la sensibilità e la cultura altrui verrebbero disturbati dall’allestimento di presepi o dall’esecuzione di canti natalizi tradizionali.
Mi viene voglia di condividere l’osservazione di chi vede in questo modo di fare (ad esempio, attraverso alcune esilaranti “circolari”!) un faticoso modo per coprire l’incapacità di abitare la bella e faticosa complessità del nostro mondo. Una complessità che, mentre sfida l’intelligenza, mette alla prova la capacità di dare senso e contenuti alla propria identità. Con questo non voglio dire che mi entusiasmino iniziative nelle quali, ancora una volta e per motivi opposti, viene strumentalizzato il presepe e, in genere, la religione per farne un simbolo meramente identitario. Culturale o nazionale. Fatte le dovute precisazioni, può esserci anche questo. Ma non basta!
E se provassimo a liberarci da sguardi biecamente interessati per fermarci davanti al presepe, guardandolo con gli occhi della folla di personaggi che lo popolano e, come ci invita a fare papa Francesco, facendo un’utile verifica del nostro modo di stare di fronte (per chi crede) a Cristo e, per tutti, per chiederci una buona volta qual è il tasso di partecipazione e di responsabilità col quale abitiamo questo nostro mondo, a cominciare dalla nostra casa, dal nostro posto di lavoro, dalla nostra stessa città?
Quanti personaggi hanno popolato e si sono mossi intorno al “primo” presepe! Quanti occhi ne sono stati interessati! A cominciare dagli occhi “lontani” dei potenti. L’evangelista Luca (2, 1-5) racconta del censimento ordinato da Augusto. Uomo dei grandi numeri e delle grandi analisi. Ma… si perde il meglio! Il male infatti sta nel perdere il senso delle proporzioni e nel non saper ridere di se stessi.
Ma ci sono anche gli occhi “distratti” del mondo (Lc 2, 6-7). Immaginate, l’evento che ha segnato la storia dell’umanità non ha spettatori, non ha cronisti! E che dire degli occhi “malati”, voraci e omicidi di Erode (Mt. 2, 1-3. 16-18)? È proprio vero: chi è cieco vede buio anche dove c’è luce. Chi ha occhi accecati dall’orgoglio del cuore vede un pericolo per se stesso anche nella mano tesa che vorrebbe aiutarlo. Non solo rifiuta l’aiuto, ma colpisce chi cerca di aiutarlo. E vuol convincersi di averlo fatto per il bene, per una giusta causa, magari “per legittima difesa”. Per fortuna ci sono anche gli occhi “entusiasti” dei Magi (Mt 2, 1- 12).

L’entusiasmo non ha età e non cresce in un terreno privilegiato. Per crescere però ha bisogno di uomini e donne che amano la vita ed hanno voglia di scommettere e di mettersi continuamente in viaggio.
Il primo presepe e gli occhi “profondi” degli anziani (Lc 2, 25-38). C’è una sapienza umana che si impara faticando sui libri e ce n’è una che nessun libro può insegnare. La vita è una lunga pedagogia all’incontro con Dio e con gli altri, un lungo cammino di purificazione degli occhi e del cuore… per incontrare e “vivere nella verità”.
«Gloria in excelsis Deo»! I Vangeli che raccontano del primo presepe ci parlano anche degli occhi “puri” degli angeli (Lc 2, 8-14) e di quelli “semplici” dei pastori (Lc 2, 15-18): i primi ad accorgersi della nascita di Gesù scelgono di comunicarlo agli ultimi tra gli uomini. Chi lavora poco o lavora solo per sé non avrà mai gli occhi semplici dei pastori. Si può lavorare tanto, ma per sé. Per essere riconosciuti, ringraziati, apprezzati. E, appena questi mancano… si perde la testa! Il pastore, purificato dalla durezza della sua vita e dai lunghi tempi di solitudine che essa gli impone, è stato sempre preso dalla Bibbia a modello di chi si carica della responsabilità dei fratelli. Non è un caso se Gesù si presenta come il «Pastore buono e bello».
Completano e contemplano il presepe gli occhi “umili” e disponibili di Giuseppe (Osea 11, 3-4) e gli occhi grandi di Maria (Lc 2, 19-20). Noi siamo ciò che contempliamo. Noi siamo ciò che amiamo. Come ogni mamma, quegli occhi Maria li ha trasmessi a Gesù. Occhi che hanno fissato il volto severo e coerente di Giovanni Battista, gli occhi pieni di lacrime di Pietro e quelli spauriti degli Apostoli. Occhi pieni di compassione con cui Gesù ha guardato la folla, il paralitico, il cieco, la Maddalena. Occhi che gli hanno permesso di partecipare alla gioia di tutti coloro cui ha ridonato vita, salute, perdono e speranza. Gli stessi occhi con i quali ha pianto l’amico Lazzaro ed ha pianto su Gerusalemme. Quando davanti al presepe stiamo con gli occhi giusti, la furia “iconoclasta” dei pasdaran dei quali ho parlato in apertura mostra tutto, ma proprio tutto il suo tasso di ridicolo.

di Nunzio Galantino

da Avvenire

Davanti al Mistero. I santi del Natale, oltre «il Poverello»

Ci provano ogni anno gli zeloti del laicismo, sostenitori iconoclasti di una società senza volti del nostro passato magari con il pretesto del rispetto per i fedeli di altre religioni. Incombe soprattutto l’onda sempre più lunga ed aggressiva del consumismo che non si arresta di fronte ad alcun luogo, ad ogni spazio sacro. Il fascino del Natale, tuttavia, resiste intatto con la sua discrezione e il suo silenzio, con i volti semplici dei pastori e del bambino di Betlemme.

Non a caso la festa della nascita di Gesù ha attraversato i secoli e i millenni prima come promessa poi come desiderio di vicinanza al Figlio di Dio. All’origine vi è la promessa di Dio ad Abramo e a Davide di un erede, un re di pace e di misericordia, nei secoli mantenuta viva dai profeti, in particolare da Isaia come i cristiani hanno potuto ascoltare nel tempo di Avvento. Col passare dei secoli l’ attesa si faceva sempre più flebile, affidata esclusivamente al resto di Israele, un piccolo gruppo di giusti che ancora attendevano il Messia. Alcuni di questi poveri di Israele ci son divenuti familiari attraverso i racconti del Vangelo e le statuine dei presepi.

Quando entra nel tempio per offrire il sacrificio della sera, Zaccaria, il padre di Giovanni il Battista, seguiva pienamente gli ordinamenti dell’alleanza divina al Sinai. Ed è proprio nel cuore dell’antica alleanza che un angelo annuncia la nascita di un bambino chiamato a preparare la strada del Messia. Per lo stupore Zaccaria diventa muto e potrà nuovamente parlare e lodare Dio solo quando sarà nato suo figlio. Anche Elisabetta, sua moglie, è una donna dell’antica alleanza. Più di suo marito, tuttavia, ella si mostra accogliente verso il nuovo. All’arrivo di Maria sente il suo grembo sussultare e ripiena di Spirito Santo può riconoscere il ruolo preminente di Maria e del suo bambino.

Giuseppe, secondo la legge, era il padre di Gesù. Per la genealogia di Matteo egli era discendente di Davide e così poté inserire Gesù nella dinastia davidica. Giuseppe, poi, rinuncia a ripudiare Maria e si rivela così come un uomo dal cuore giusto, un uomo della fede e dell’obbedienza. Pio israelita, fa parte di quegli umili, grandi santi «con la quale l’Antica Alleanza si dischiude alla Nuova e si trasforma in essa» (Benedetto XVI).

Maria viveva nella cittadina di Nazaret ed era promessa sposa a Giuseppe. È tutto quello che sappiamo della Vergine prima del giorno dell’annunciazione quando un angelo le appare e le dice: «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te». Poi l’angelo prosegue annunciando il motivo che è all’origine della gioia: Maria ha trovato grazia presso Dio ed è chiamata a divenire la Madre del Messia, la Madre di Gesù.

La nascita del Figlio di Dio dalla vergine Maria è il segno di un nuovo inizio nella storia di Dio con gli uomini. Questo nuovo avvio, tuttavia, non è staccato dalla radice di Iesse come Maria ben comprende e sottolinea nel cantico di ringraziamento, il Magnificat, pronunciato nella sua visita ad Elisabetta. Maria diviene così segno di luminoso abbandono al piano di Dio, speranza per il futuro dell’umanità (san Bernardo). E quando nel presepe vediamo Maria inginocchiata davanti al suo Bambino non è qualcosa di strano, bensì il giusto atteggiamento da tenere di fronte al Figlio di Dio.

Accanto a Zaccaria, Giuseppe e Maria abbiamo già incontrato delle figure angeliche. Un altro angelo è inviato da Dio ad annunciare la nascita di Gesù a dei pastori, che si trovavano nelle vicinanze. L’annuncio è gioioso e allora non c’è da meravigliarsi se l’ angelo si trova improvvisamente circondato da una moltitudine celeste che ripete: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli». Al vederli i pastori si sorprendono ma a loro volta sono fiduciosi in Dio, destinatari privilegiati del suo amore. Seguendo l’esortazione dell’angelo, senza indugio si recano a Betlemme, vedono il bambino nella mangiatoia, riferiscono quanto è stato loro detto dagli angeli.

Ha avuto così inizio il viaggio glorioso del Vangelo che prosegue dopo qualche tempo con la presentazione al tempio del bambino, quasi un gesto di restituzione al suo vero Padre. Al rito cultuale segue una scena profetica che ha per protagonista Simeone, un uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele. Avendo assistito alla funzione, si avvicina, prende il bambino tra le braccia e profettizza: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo/ vada in pace secondo la tua parola». Accanto al profeta appare la figura di una donna, Anna. Abitualmente presente nel tempio, assistette alla funzione e ne comprese il significato per il dono dello Spirito Santo. Lodava, perciò, Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Si dilatano, di conseguenza, i confini dell’annuncio.

Vi è, tuttavia, da compiere un passo ulteriore: l’annuncio della salvezza ai pagani. Ne parla san Matteo raccontando dei magi venuti dall’Oriente alla ricerca della vera Sapienza perché, come scrive il Siracide, «Dio ha messo il suo occhio nei loro cuori per mostrare loro la grandezza delle sue opere». Si mettono, dunque, in viaggio e al seguito della stella giungono fino a Betlemme dove riconoscono e adorano il Bambino, il Figlio dell’Altissimo. Essi sono gli antesignani delle genti, aprono un cammino che attraversa i continenti e percorre l’intera storia dell’umanità.

Come è noto, fu san Francesco ad avere l’intuizione di ricreare le condizioni che accompagnarono la nascita di Gesù. Il santo di Assisi aveva la convinzione profonda della possibilità di incontrare Dio nella storia degli uomini. Di qui l’origine del presepe, segno di consolazione e di pace, di pellegrinaggio verso Gesù Bambino. Lasciò scritto san Francesco nell’ufficio della Passione: «Poiché il santissimo bambino diletto è dato a noi, e nacque per noi lungo la via, e fu deposto nella mangiatoia, perché egli non aveva posto nell’albergo. Gloria al Signore Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà».

Di bambino diletto parla anche sant’Alfonso de’ Liguori. Sui monti sopra il golfo di Amalfi egli vide la miseria dei pastori e dei contadini non raggiunti da alcuna istruzione religiosa. Compose allora Tu scendi dalle stelle, un canto natalizio presto divenuto caro alla devozione popolare.

Alla fine della sua giovane vita santa Teresa del Bambino Gesù comprende che la via di Dio è la via dell’amore, la via che induce Gesù a scendere verso gli uomini. Teresa sceglie allora l’infanzia spirituale per la quale vuole restare una bambina affidandosi totalmente all’amore di Gesù. Scrive: «Sono una bambina incapace, debole, eppure la mia debolezza stessa mi dà l’audacia di offrirmi come vittima al tuo amore, Gesù».

Non era certo priva di istruzione la consorella di Teresa, santa Teresa Benedetta della Croce. Eppure scriveva a sua volta: «Mettiamo le nostre mani nelle mani del Bambino divino, pronunciamo il nostro sì in risposta al suo “seguimi”, e allora saremo una cosa sua e la sua vita divina potrà traboccare liberamente in noi. Ecco l’inizio della vita eterna in noi».

da Avvenire

Foglietto, Letture e Salmo Domenica 24 Dicembre IV Avvento

24 Dicembre 2017  IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola

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Dopo la testimonianza di Giovanni Battista, ecco la testimonianza di Maria, madre di Dio, che ha serbato preziosamente in cuor suo le grandi cose che il Signore aveva fatto per lei. Il concepimento verginale di Cristo, così chiaramente esposto nel vangelo di oggi (Lc 1,34-35), non è un fatto isolato, una grazia a sé.
Ma non ci è presentato nemmeno come il modo più adatto per la nascita del Messia. Ci è dato come sicurezza che il figlio, nato da Maria, “ sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio ”, perché “lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo ”.
La nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è una verità aggiunta alla verità dell’Incarnazione; è parte integrante di questo stesso mistero. E la divina condiscendenza, per mezzo della quale viene richiesto il consenso di Maria, perché possa realizzarsi il progetto divino, è ciò che san Paolo chiama la “ rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora… a tutte le genti perché obbediscano alla fede ” (Rm 16,25-26).

I santi del 24 Dicembre 2017

Santa PAOLA ELISABETTA (COSTANZA) CERIOLI   Vedova e fondatrice
Soncino, Cremona, 28 gennaio 1816 – Comonte, Bergamo, 24 dicembre 1865
Nata il 28 gennaio 1816 da una famiglia nobile di Soncino, in provincia di Cremona, Costanza Cerioli (come si chiamava all’anagrafe) andò sposa a 19 anni a un uomo molto più anziano di lei. Ebbe quattro figli, ma le morirono tutti giovanissimi: la prima a sei mesi dalla nascita, il terzo appena nato, mentre il quarto nacque morto. Il secondogen…
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Sant’ IRMINA DI TREVIRI   Vergine
Treviri, sec. VII-VIII
Nacque a Treviri e visse tra il VII e l’VIII secolo. In seguito alla morte del marito fondò a Treviri un monastero di cui fu badessa.
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Santi ANTENATI DI GESù
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Sant’ ANNONE DI WORMS   Vescovo
† 23 novembre 978
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Sant’ ADELE DI PFALZEL   Abbadessa benedettina
sec. VIII – m. 730
Fondatrice e prima abbadessa del monastero benedettino di Pfalzel (Treviri), che aveva la stessa regola dei monasteri di Ohren e di Nivelles; nonna ed educatrice di san Gregorio di Utrecht. Morì intorno al 730.Santa Adele di Pfalzel è legata al nome di un altro grande apostolo della Germania, l’inglese san Bonifacio che predicò il vangelo in Frisia, nella pr…
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Santa RACHELE   Seconda moglie di Giacobbe
Paddan-Aram (Mesopotamia) – † Efrata (Betlemme, Palestina)
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Santa TARSILIA (O TARSILLA)
Roma, secolo VI
La vigilia di Natale, la Chiesa – oltre a tutti i santi avi di Gesù, figlio di Davide, Abramo e Adamo – propone alla venerazione Tarsilia (o Tarsilla, VI sec.), zia paterna di Papa Gregorio I Magno. Proprio le opere del nipote ci dicono qualcosa di autorevole sulla vita di lei. Monaca con le sorelle Emiliana e Gordiana, visse la carità in tempi di peste e ca…
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San METROBIO VENERATO A MALESCO   Martire
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San IESSE   Patriarca, padre del re Davide
XI secolo a.C.
Padre del re Davide (1 Sam 16,1-13). “Germoglio che spunta dal tronco di Iesse” (Is 11,1) o “radice di Iesse” (Is 11,10; Rm 15,12) sono alcuni fra i titoli che vengono attribuiti a Gesù Cristo, per indicare che Dio rimane fedele al suo popolo e mantiene la promessa fatta al re Davide (cfr. 1 Sam 16, 1-13). Nell’arte crist…
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San DELFINO DI BORDEAUX   Vescovo
m. 401/403
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San GIACOBBE   Patriarca
Hebron, Terra di Canaan – † Egitto
Si chiama così secondo Gn 25,26 il figlio di Isacco e di Rebecca. Da Giacobbe si fanno discendere le 12 tribù di Israele. Le storie di Giacobbe non costituiscono nella Genesi una biografia organica, ma sono piuttosto una raccolta di vari racconti, che sono stati applicati a Giacobbe. Il suo nome viene fatto derivare con una etimologia popolare dalla parola e…
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San GREGORIO DI SPOLETO   Martire
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Beata ANGELINA DA TERNI   Clarissa
† 1459
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Beato PIETRO DE SOLANES   Mercedario
Contemporaneo di San Pietro Nolasco e che da lui stesso ricevette l’abito, il Beato Pietro de Solanes fu un famosissimo cavaliere laico che decorò l’Ordine Mercedario per insigne virtù. Con infinita umiltà, costanza nella preghiera e fervore nella fede, serenamente morì in pace.L’Ordine lo festeggia il 24 dicembre….
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Beato BARTOLOMEO MARIA DAL MONTE   Sacerdote e fondatore
Bologna, 3 novembre 1726 – Bologna, 24 dicembre 1778
Nacque a Bologna il 3 novembre 1726. Ordinato sacerdote nel 1749, si laureò in teologia nel 1751. Intraprese una attività missionaria, predicando in ben 62 diocesi italiane. Fondò la Pia Opera delle missioni per la preparazione missionaria del clero diocesano. Scrisse nel 1775 l’opera: «Gesù al cuore del sacerdote secolare e regolare, ovvero considerazioni e…
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Beate 6 MONACHE MERCEDARIE DI MERRIZ
Mercedarie nel grande convento di clausura di Vera Cruz in Berriz (Spagna) le Beate: Maria Anna Prieto, Anna de Arrano, Orsola de Larisgoizia, Maria Maguna, Margherita da Sarria e Maria dell’Assunzione, furono insigni monache per la preghiera, la mortificazione, l’umiltà e la contemplazione. Colme di meriti e opere sante migrarono onorevolmente al Signore et…
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Beati DIONISIO RONEO, FILIPPO CLARO, GIULIO PONS E PIETRO DA VALLADOLID   Mercedari
Mercedari redentori i Beati: Dionisio Roneo, Filippo Claro, Giulio Pons e Pietro da Valladolid, liberarono molti schiavi dal duro giogo dei mussulmani. Virtuosi e pieni di zelo verso la salute delle anime, carichi di meriti arrivarono gloriosi al regno celeste. L’Ordine li festeggia il 24 dicembre….
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