Non solo incentivi per dare più fiato al lavoro italiano

Il lavoro è da tempo al centro del dibattito pubblico. In questa stagione forse ancora più di altre del recente passato, ma sul piano politicomediatico quasi sempre da una angolazione parziale: ora un insieme di freddi dati statistici, ora un susseguirsi di storie e di casistiche di chi un lavoro non lo ha, o di chi ha un lavoro che non corrisponde ai suoi talenti e ai suoi bisogni materiali, e altro ancora… Nonostante l’ampio approfondimento che ha preceduto e accompagnato la 48ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, purtroppo (e forse non a caso) poco seguito dai media ‘laici’, manca spesso una visione d’insieme, che contestualizzi indicatori economici e dibattiti (altrimenti sterili) sulle norme e gli incentivi dentro la vita quotidiana delle tante persone che ancora faticano a trovare un lavoro o una occupazione decente.

Ai dati Istat dei giorni scorsi si aggiungono quelli su Garanzia giovani diffusi dall’ultimo report Anpal e il tutto si inserisce nella discussione in corso sulla Legge di Bilancio. Ma soprattutto ciò che preoccupa di più le famiglie, le imprese e coloro che si affacciano sul mercato del lavoro sono le grandi trasformazioni che siamo già chiamati ad affrontare. Trasformazioni che, se inquadrate con concetti vecchi, non offrono opportunità, ma creano anzi ampie divisioni, ingiustizie e paure. La tecnologia, per esempio, se concepita come un fine in sé, senza un governo, senza una direzione e uno scopo, rischia di diventare fonte di angoscia. O la demografia e l’invecchiamento della popolazione che, se lette e presentate solo come contrapposizione di giovani e anziani, rischiano di lasciare sullo sfondo il tema molto più interessante di come governare i trend e ripensare le attività lavorative per conciliarle con una popolazione che cambia. In questo scenario complesso e spesso confuso, si inseriscono i provvedimenti della Legge di Bilancio. Il principale è quello che prevede una decontribuzione al 50% per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato dei giovani fino ai 35 anni (30 dall’anno successivo), esteso al 100% al Sud.

Si tratta di una misura con la quale il governo vorrebbe riequilibrare la situazione negativa nei confronti dei giovani che si è verificata al seguito della scorsa decontribuzione triennale, che è andata soprattutto a premiare i lavoratori più maturi. Alla luce delle trasformazioni in corso occorre chiedersi se si tratti della misura di cui abbiamo più bisogno. Posto che un intervento in favore dei giovani è oggi fondamentale e che per questo non si può che guardare con favore a chi pone questo tema al centro, sorgono alcuni dubbi. In primo luogo, recenti misure simili hanno mostrato come gli effetti si esauriscono presto, non appena il vantaggio fiscale viene meno. In secondo luogo, occorre riflettere sulla coerenza di queste misure, perché difficilmente ci potranno essere assunzioni incentivate se, in parallelo, proprio grazie a Garanzia Giovani, resta possibile attivare a basso costo tirocini di un anno per attività lavorative vere e proprie, come documentano le offerte pubblicate sui siti delle Regioni e del ministero del Lavoro. In terzo luogo, occorre chiedersi se ciò di cui necessitano giovani e imprese oggi è una certa durata contrattuale o il suo contenuto. Detto in modo più chiaro: il mercato del lavoro di oggi richiede soprattutto competenze, e competenze allineate alla domanda, ma su questo il contratto a tutele crescenti incide ben poco.

Più efficace sarebbe il contratto di apprendistato, che ha in sé non solo una natura formativa, ma una logica di un sistema dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro di determinate competenze per specifici settori produttivi o territori, in grado di contribuire non poco al riallineamento delle competenze, portando quindi ad un miglioramento della produttività. Ma proprio l’apprendistato sembrerebbe uscire indebolito dalla manovra, che rischia di condurre a un dualismo forte tra tirocini di dubbia utilità e contratti a tempo indeterminato destinati a cessare col venir meno dell’incentivo governativo. Più in generale, sembra che il mercato del lavoro abbia bisogno oggi di un maggior coordinamento tra percorsi formativi, percorsi di carriera e competenze richieste dal mondo delle imprese. Il che non significa piegare il mondo della formazione alle esigenze di mercato, ma costruire un dialogo tra questi mondi.

E questo non può avvenire soltanto attraverso l’incentivazione delle assunzioni dei giovani e neppure solo attraverso un processo di riforma legislativa. Piuttosto occorre ripartire dalle persone e dalla loro formazione integrale: come uomini e donne capaci di essere padroni di se stessi e del proprio futuro anche perché preparati a vivere pienamente il significato del lavoro quale risposta a un bisogno esistenziale e progettuale e non solo come scambio economico.

avvenire

Duecentodiciassette anni. È questo il tempo che secondo il World Economic Forum sarà necessario, di questo passo, per colmare il divario retributivo tra uomini e donne

Duecentodiciassette anni. È questo il tempo che secondo il World Economic Forum sarà necessario, di questo passo, per colmare il divario retributivo tra uomini e donne. In un quadro di peggioramento globale, l’Italia precipita ben oltre la media all’82° posto, passando dal 41° posto del 2015 e dal 50° del 2016, su 144 Paesi. E se ci concentriamo sulle sole differenze retributive, siamo addirittura il 126° Paese. Certo, se prendiamo come punto di riferimento il mondo dove alle donne non era consentito lavorare se non dentro casa, di passi avanti ne abbiamo fatti molti. Ma non abbastanza, soprattutto sul piano culturale. Assistiamo difatti, a una sorta di “dissonanza cognitiva sociale” tra i princìpi dichiarati e i fatti concreti. Mentre proclamiamo la pari dignità e il diritto alle pari opportunità, non creiamo le condizioni per realizzazione effettiva di questi princìpi.

Molto passa attraverso una serie di impliciti che ci condizionano, tutti, uomini e donne, e ci offuscano lo sguardo. E così, ad esempio, vedere in un convegno un palco di relatori di soli uomini sembra normale, ma se a parlare sono solo donne risulta ancora strano, a meno che non si stia parlando di scuola o di servizi sociali. Inoltre, gli studi dicono che le bambine già a 7 anni si convincono di essere meno abili dei loro coetanei nelle materie scientifiche. Eppure i dati ci dicono che il tasso di istruzione universitaria e di riuscita all’università è superiore per le donne rispetto agli uomini.

Non credo che il cambiamento culturale passi per le “quote rosa”. Quello femminile è uno sguardo diverso sulla realtà e sul lavoro, che oggi manca ancora in maniera grave. Anche perché in molte strutture, come le imprese e le istituzioni politiche, pensate e costruite da sempre da maschi per maschi, aumentare semplicemente il numero di donne significherebbe aumentare il numero di coloro che dovranno snaturarsi pur di poter guadagnare spazi – non capiamo la tipica sofferenza lavorativa di molte donne oggi se non prendiamo sul serio il loro essere “estranei” in un mondo del lavoro straniero.

Le donne sanno nella loro carne che è più importante iniziare processi che occupare degli spazi economici – chi genera un bambino lo sa. Qualche volte si scomoda anche la meritocrazia, e si dice: “Non importa se maschi o femmine: ciò che conta è il merito”, come se la definizione e la misurazione del merito fossero qualcosa di oggettivo e di scientifico, e non fossero state fatte da maschi per maschi: è meritevole stare in ufficio per 12-13 ore senza limiti né respiro? Dove sta l’eccellenza nella cura per le relazioni nella nostra meritocrazia?

In questo cambiamento culturale è essenziale ripensare all’attività di cura – in famiglia, verso i bambini, verso gli anziani, la cura di sé. Questo dovere-diritto alla cura è universale, riguarda tutti, e non può più essere appaltato alle donne. Sono meno persona se non so lavarmi una camicia o leggere una favola a un bambino. Un bambino che nasce è figlio di tutti, non è una faccenda privata. Non c’è bene comune più alto di un figlio, di una figlia. E il contributo a questo specialissimo bene comune è dovere di tutti, maschi e femmine, dai primissimi mesi di vita agli ultimi. In un recente viaggio in India sono andata a visitare alcune famiglie.

Sono rimasta molto colpita dalle donne, a cui non è permesso lavorare, che dichiaravano di non avere particolari desideri, che si mostravano sottomesse ai loro mariti come se fosse la cosa più naturale. Al tempo stesso ho visto uno sguardo fiero, pieno di dignità e desiderio quando mi parlavano delle proprie figlie, di quanto si sacrificassero per farle studiare, perché avessero un avvenire diverso dal loro presente. In quegli occhi ho rivisto gli occhi splendidi delle mie nonne: lo stesso dolore e la stessa speranza, e non so quale fosse (ed è) più grande. Le donne hanno imparato che la speranza e il dolore sono amici molto intimi, e che la speranza, qualche volta, può non essere vana.

Anche quella speranza civile di un mondo del lavoro a misura di donna. Per due secoli abbiamo immaginato unaoikonomia – governo della casa – come se le donne non ci fossero. Dobbiamo cambiare, per il bene delle donne e quindi per il bene di tutti.

Milano. Bimba di 6 anni muore di meningite. Caos a scuola

Una bimba di 6 anni residente a Rozzano, nel Milanese, è morta la sera del 2 novembre per meningiteall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove era stata trasportata con l’elisoccorso da Selvino. La piccola, italiana, era apparsa da subito in gravissime condizioni. Sopraggiunto un arresto cardiaco, a nulla sono valsi i tentativi di rianimarla.

«È prematura ogni ipotesi sul tipo di meningite che le ha tolto la vita», hanno precisato i sanitari, secondo cui per la diagnosi occorrerà aspettare l’esame dei campioni prelevati nel corso del riscontro diagnostico effettuato nella mattinata di oggi, destinati per la tipizzazione al Centro di riferimento regionale del Policlinico di Milano.

Nel frattempo alla scuola della piccola, dove la notizia della morte della bambina è circolata attraverso un passaparola tra mamme, è scoppiato però il caos. A decine i genitori che, sull’onda della paura e degli allarmi circolati all’ingresso, hanno deciso di non far entrare i propri figli in aula. La scuola in ogni caso è rimasta regolarmente aperta e l’Ats locale ha già avviato la profilassi nella classe prima della bimba consegnando l’antibiotico sia ai genitori dei compagni di classe sia agli insegnati. La procedura di prevenzione verrà effettuata anche per tutti i bambini che praticavano ginnastica artistica con la piccola, in una palestra sempre a Rozzano.

«La profilassi serve per il batterio ma – ha spiegato il sindaco di Rozzano, Barbara Agogliati, dalle prime ore della mattinata presente nella scuola – è importante fare i vaccini». La bambina deceduta era in regola con tutta la documentazione vaccinale, ma “il vaccino per la meningite C è consigliato e quello per la meningite B è a pagamento. E questo – ha concluso il sindaco – è un deterrente».

Negli ultimi 4 anni 68 vittime. Ecco i vaccini

Negli ultimi quattro anni in Italia sono morte 68 persone per meningococco: ai primi posti Lombardia, Toscana e Veneto. Secondo i dati del ministero della Salute, in media, il 50-60% dei pazienti guarisce completamente, mentre il 30% sopravvive riportando conseguenze anche molto gravi (15 bambini su 100 hanno complicanze così gravi da richiedere protesi acustiche o degli arti, riportano cicatrici invalidanti, seri problemi alla vista, deficit neuro-motori) con un costo umano, sociale e sanitario altissimo. La letalità della meningite è di circa il 10% nei casi dovuti a pneumococco (98 deceduti su 940 pazienti nel 2016) e di circa il 12% nei casi da meningococco (21 su 178 pazienti), che aumenta al 23% nel caso in cui il ceppo di meningococco sia il C (13 su 51 pazienti).

I bambini piccoli (al di sotto dei 5 anni di età) e gli adolescenti, ma anche i giovani adulti, sono a rischio più elevato di contrarre infezione e malattia. Per quanto riguarda il sierogruppo B, la maggior parte dei casi si concentra fra i bambini più piccoli, al di sotto dell’anno di età. Esistono tre tipi di vaccino anti-meningococco: il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C (il più frequentemente utilizzato, protegge solo dal sierogruppo C), il vaccino coniugato tetravalente (protegge dai sierogruppi A, C, W e Y) e il vaccino contro il meningococco di tipo B (che protegge esclusivamente contro questo sierogruppo).

Al momento non esiste alcuna situazione epidemica, la circolazione dei germi che causano la malattia è nella norma attesa in linea coi numeri degli ultimi anni, il presidio preventivo rappresentato dalla vaccinazione è disponibile per le classi di età a rischio e per le persone che presentano rischi particolari di contrarre una malattia invasiva grave e sarà in distribuzione gratuita secondo le previsioni del nuovo Piano nazionale, inserito per questi motivi nei Livelli Essenziali d’Assistenza che il Sistema Sanitario Nazionale eroga.

Avvenire

Naufragio. Migranti, 23 morti al largo della Libia. Soccorse 700 persone

Nuova ondata di viaggi e e di tragedie nel Mediterraneo. Dopo i sette cadaveri recuperati ieri, oggi nuova strage nel Mediterraneo: il bilancio provvisorio di un gommone affondato al largo delle coste libiche, in acque internazionali, è di 23 morti e 64 sopravvissuti. A fine giornata sono in tutto oltre 700 i migranti soccorsi in sei distinte operazioni coordinate dalla Guardia costiera e a cui hanno preso parte le navi del dispositivo Eunaformed.

A scoprire il naufragio, i piloti di un elicottero imbarcato su una nave militare spagnola, la Cantabria, durante una perlustrazione sul Mediterraneo quando è stato intercettato il gommone semiaffondato con persone in mare. Avviati i soccorsi, la nave spagnola ha raggiunto l’area del naufragio: sono stati così presi a bordo i sopravvissuti e recuperati i cadaveri. Si teme che altre persone siano disperse.

È già arrivata nel porto di Vibo Valentia Marina la nave Ong Aquarius con a bordo 588 migranti, tra cui una quindicina di donne in gravidanza, soccorsi nei giorni scorsi lungo il Canale di Sicilia. Un gruppo di 48 persone giunto a bordo di una piccola barca di legno è stato invece scoperto su una spiaggia a Seminara (Reggio Calabria). Diciotto algerini sono sbarcati a Sant’Anna Arresi (Carbonia). E nelle prossime ore arriverà a Reggio Calabria la nave Diciotti della Guardia costiera, con a bordo 764 persone, compresi 112 minori.

Anche nell’Egeo, almeno tre persone sono annegate e altre sei risultano disperse. Questo secondo naufragio è invece avvenuto la scorsa notte nel mar Egeo, al largo dell’isola greca di Kalimnos. 13 persone sono state salvate. I migranti erano a bordo di un barcone che si è ribaltato nella traversata dalla Turchia alle isole greche. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti – 10 uomini, quattro donne e un bambino – sulla barca di legno viaggiavano tra le 22 e le 24 persone. Le autorità stanno continuando le ricerche nella zona del naufragio.

Avvenire

In 10 anni assassinati 930 giornalisti

In dieci anni sono morti assassinati 930 giornalisti, uno ogni quattro giorni; il 90% di questi omicidi resta impunito. Cifre drammatiche, rese note in occasione dell’odierna Giornata mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti indetta dall’Onu, che raccontano una terribile realtà che non riguarda soltanto Paesi in guerra o in cui si vivono violazioni dei diritti umani e intimidazioni, ma qualsiasi luogo. A darne conto è il recente caso di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa a Malta, di cui domani si svolgeranno i funerali e del cui omicidio non sono ancora stati individuati mandanti ed esecutori.

L’Unesco ha quindi invitato 62 Stati membri coinvolti in casi irrisolti, a fornire un report sulla situazione delle indagini giudiziarie. Soltanto nel 2016 – sempre secondo dati Unesco – i giornalisti  uccisi sono stati 102, metà di queste uccisioni è avvenuta in Paesi dove non vi era conflitto armato, la maggior parte dei reporter morti invece pubblicava notizie riguardanti il proprio territorio,  spiega Enrico Vicenti, Segretario generale della Commissione nazionale italiana per l’Unesco, che ha lo scopo di favorire la promozione, il collegamento, l’informazione, la consultazione e l’ esecuzione dei programmi Unesco in Italia.

da Radio Vaticana

I santi del 04 Novembre 2017

San CARLO BORROMEO   Vescovo – Memoria
Arona, Novara, 1538 – Milano, 3 novembre 1584
Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l’uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un’Accademia secondo l’uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane&r…
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San CHIARO   Martire
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Santi VITALE E AGRICOLA   Protomartiri bolognesi
Alle radici della Chiesa bolognese c’è la figura di due martiri, distinti per classe sociale ma uniti dalla palma della morte a causa della fede. Vitale e Agricola, servo e padrone, lanciarono con la loro testimonianza un messaggio di uguaglianza e di solidarietà che avrà pubblico riconoscimento al sorgere del libero Comune con il decret…
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Sant’ AMANZIO DI REIMS   Vescovo
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San FELICE DI VALOIS
1127 – 1212
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Santi NICANDRO ED ERMEO (ERMETE)   Martiri
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Sant’ AMANZIO DI RODEZ   Vescovo
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San PERPETUO DI MAASTRICHT   Vescovo
San Perpetuo è stato il 14° Vescovo di Maastricht, capoluogo del Limburgo nei Paesi Bassi.
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San PIERIO   Prete
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Sant’ EMERICO D’UNGHERIA   Principe
Ungheria, 1007 ca. – Alba Regale (Ungheria), 1031
Il principe Emerico fu figlio di santo Stefano (primo re d’Ungheria, detto «il Santo» (969-1038), promotore della conversione al cristianesimo del popolo magiaro) e di Gisella, sorella dell’imperatore Enrico II. Nacque in un anno imprecisato fra il 1000 e il 1007 e venne educato dal 1015 al 1023 da san Gerardo abate benedettino veneziano, divenuto consiglier…
www.santiebeati.it/dettaglio/92148

Santa MODESTA DI TREVIRI   Vergine
La benedettina Modesta, badessa di Öhren, presso Treviri (VII sec.), ebbe un legame spirituale – anche se vivevano lontane e non si videro mai – con santa Getrude di Nivelles. Infatti, viene ricordata proprio in un libro sui miracoli di questa. A Modesta apparve l’anima di Gertrude che le rivelò di essere appena morta. Il giorno dopo lei ruppe la consegna de…
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Beata ELENA ENSELMINI   Monaca
Padova, 1208 – ivi 1242
Della nobile famiglia Enselmini, ancor giovinetta si consacrò allo Sposo celeste nel piccolo e solitario monastero suburbano dell’Arcella (Ara Coeli), fondato da san Francesco per le Clarisse, in un suo passaggio per quella città. Quando sant’Antonio giunse a Padova come Ministro Provinciale conobbe Elena, la quale, da quel momento, godette della direzione e…
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Beata TERESA MANGANIELLO   Terziaria francescana
1 gennaio 1849 – 4 novembre 1876
Fondatrice delle Suore Francescane Immacolatine.
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Beata FRANCESCA D’AMBOISE   Duchessa di Bretagna, carmelitana
Thouars, Francia, 28 settembre 1427 – Nantes, Francia, 4 novembre 1485
Nacque nell’anno 1427, forse a Thouars (Francia). A 15 anni andò in sposa a Pietro II, duca di Bretagna, insieme al quale fu incoronata nella cattedrale di Rennes nel 1450. Rimasta vedova nel 1457, si orientò verso la vita religiosa. A tale scopo costruì nel 1463 un Carmelo femminile a Bondon, sotto consiglio del beato Giovanni Soreth, p…
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