20 anni della legge 68. Disabili e lavoro: ripartire dall’Osservatorio nazionale

Disabili e lavoro: ripartire dall'Osservatorio nazionale

Avvenire

Il rilancio della Cisl a vent’anni dall’approvazione della legge 68 Caro direttore, vent’anni fa, a seguito di un ricco dibattito parlamentare e di un convinto impulso sindacale, vedeva la luce nel nostro Paese la legge n.68/99 dedicata al «diritto al lavoro dei disabili». Della motivazione per cui i legislatori tornavano a legiferare in materia, troviamo traccia nei lavori preparatori, che parlavano di un’opinione pubblica «prigioniera » della convinzione che le persone con disabilità – che ancora venivano chiamate ‘handicappate’ – dovessero essere «fatalmente considerate un peso di cui lo Stato e la comunità sociale dovevano farsi carico». La legge 68 rappresentò, quindi, un cambiamento radicale di prospettiva, proponendo la visione della ‘persona giusta al posto giusto’ e modificando una norma impositiva in un sistema che provava a guardare in modo globale ai servizi, alle relazioni con le imprese e con i territori, alle modalità di sostegno e accompagnamento, ai luoghi di governance.

I disabili in età adulta dovevano uscire dalla situazione di « piccoli ‘cenerentoli’, relegati ad una vita ‘minore’ » (come lì definì Montobbio) per essere pienamente inclusi nella vita lavorativa, ma anche sociale, attraverso la valorizzazione delle capacità, e non solo l’elenco delle compromissioni funzionali. Quel percorso, poi confermato dalla ratifica della Convenzione Onu, ha permesso al nostro Paese di compiere incredibili passi in avanti. Ma, purtroppo, non ha dimostrato ancora l’intera forza di cambiamento che portava in nuce, perché non è stata completata a distanza di vent’anni la sua completa attuazione. Sappiamo, ad esempio, che proprio a seguito dell’intervento di ‘manutenzione straordinaria’ del 2015, si è passati da una media di 2.083 avviamenti al lavoro di persone con disabilità al mese ad una di ben 3.013 avviamenti, con un incremento del valore medio del 44,6%. Ma è pur vero che ancora il 3% delle risoluzioni avviene per mancato superamento del periodo di prova. E, ancora peggio, non sappiamo quale sia né il tasso di occupazione, né quello di disoccupazione delle persone con disabilità.

Eppure erano stati avviati i lavori per la costituzione di una ‘Banca dati del collocamento mirato’ che doveva incrociare informazioni provenienti dalle diverse fonti e consentire di conoscere, valutare gli andamenti, programmare. Ma ormai da qualche mese se ne è persa traccia. Così come continuiamo ad attendere la definizione delle linee guida del ‘collocamento mirato’, con indirizzi di soft law in relazione alla costruzione di una rete di servizi e un sistema di attori a supporto dell’inserimento, alla valutazione delle potenzialità attraverso il sistema Icf promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità, al monitoraggio di buone pratiche di interesse. Indirizzi inerenti gli «accomodamenti ragionevoli», già definiti come doveri in capo ai datori di lavoro, ma ancora con un perimetro non definito, che comportano il diritto all’introduzione di soluzioni, anche di organizzazione del lavoro, che consentano la piena inclusione lavorativa purché non abbiano un onere sproporzionato.

O, ancora, indirizzi per la promozione di forme di « Disability Management » nelle aziende, in cooperazione con le rappresentanze sindacali, per consentire il mantenimento e la valorizzazione anche di chi acquisisce una disabilità durante il rapporto di lavoro, a causa di malattie invalidanti o infortuni. Ciò che è stato reso noto è invece un ddl di delega al governo di semplificazione e codificazione in materia di disabilità. Che però non fa menzione né della Banca dati, né delle linee guida e dei suoi contenuti attesi. Anche nel decreto relativo al Reddito di cittadinanza, attualmente in discussione alla Camera per la conversione in legge, non c’è la dovuta attenzione nei confronti delle famiglie con disabili per le quali non sono previste, a parità di reddito, né una maggiore accessibilità alla misura, né importi del beneficio economico più elevati.

Sarebbe un segnale interessante, coerente con l’intento proclamato dal Governo di voler porre una forte attenzione al tema, se il ventennale che giusto ieri, nel silenzio generale, abbiamo celebrato fosse l’occasione per avviare nel concreto i lavori dell’Osservatorio Nazionale istituito ai sensi della Convenzione Onu e per completare la piena attuazione della legge 68/99. Perché, proprio ora, il silenzio fa davvero male ai nostri cuori. Dopo venti lunghi anni, pensiamo che i tempi siano maturi.